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Andando
ad esaminare l’elenco dei calciatori colti da malore in campo, risulta
inevitabile porsi alcune domande:
- · 1969. Dopo Cagliari – Roma, l’attaccante giallorosso Giuliano Taccola muore per problemi cardiaci.
- · 1977. Renato Curi muore a Perugia durante una partita contro la Juventus.
- · 1987. Nello stesso anno muoiono due calciatori militanti nella serie B di Cipro: Titi Nianse e Christos Timotheou. Anche la serie C2 italiana è colpita da un lutto: muore in campo il calciatore della Pro Patria Andrea Ceccotti.
- · 1989. Durante Bologna – Roma Lionello Manfredonia è colto da infarto ma riuscirà a salvarsi.
- · 1990. In Brasile muore Joao Pedro, calciatore del Recife.
- · 1995. Durante Geel – Boom, in Belgio, muore Calmito Augusto, calciatore brasiliano di 23 anni.
- · 2003. Marc-Vivien Foè muore durante l’incontro di Confederations Cup Camaerun – Colombia.
- · 2004. L’attaccante ungherese Miklos Feher muore durante Vitoria Guimaraes – Benfica.
- · 2007. Muore Antonio Puerta, colto da arresto cardiaco durante Siviglia – Getafe.
- · 2012. Fabrice Muamba riesce a sopravvivere a un malore, non è così per il nostro Morosini.
Quello
che salta agli occhi leggendo questa triste lista è il gap temporale che intercorre
tra i primi tre episodi, mentre a partire dalla fine degli anni ’80 i malori in
campo avvengono in maniera relativamente frequente e regolare. Inoltre, si può
notare come queste tragedie si verifichino più nel calcio di livello alto o
altissimo rispetto a quello semi-professionistico o dilettantistico. Due
elementi piuttosto sorprendenti se si da per scontato il fatto che con gli anni
l’attenzione e la scrupolosità con cui si segue la salute dei calciatori,
divenuti sempre più patrimonio anche economico di un club, sono costantemente
cresciute, soprattutto a certi livelli. Riuscire a fornire una spiegazione
definitiva a questi eventi luttuosi nel calcio appare davvero impossibile;
sicuramente in alcuni casi basterebbe parlare di fatalità, e quindi della
condizione umana oltre il calciatore, per averne una. Altre volte sarà successo
a causa di qualche difetto o malformazione impossibili da individuare, ma
queste ipotesi non sono abbastanza forti da giustificare tutte queste tragedie,
soprattutto se più frequenti in un’epoca e in categorie in cui certi aspetti
sono particolarmente curati.
Allora
non rimane che interrogarsi. Le parole di Zeman pronunciate pochi giorni dopo
la scomparsa di Morosini non sembrano casuali: “Girano nuovi integratori … il
calcio non è uscito dalle farmacie”. E ancora: “Il doping da quando è nato è
sempre stato davanti all’antidoping, che fatica a contenerlo perché escono
nuovi prodotti che sanno nascondersi bene”. Si può certamente non condividere
gli epocali attacchi di Zeman a calciatori come Del Piero che negli anni hanno
dimostrato di non avere bisogno di muscoli per fare la differenza, ma l’abuso
di farmaci e l’utilizzo di sostanze borderline nel calcio rappresenta un
problema serio e concreto.
Le
denunce dell’ex calciatore venuto recentemente a mancare, Carlo Petrini, e i
numerosi casi di Sla tra i calciatori degli anni ’80 fanno risalire l’utilizzo
di sostanze dopanti già agli albori del calcio moderno. E così, viene naturale
chiedersi se l’utilizzo di integratori, medicinali e altre strane sostanze
usate per sostenere i ritmi di un calcio divenuto sempre più fisico, veloce,
intenso non abbia potuto contribuire a causare, oltre ai numerosi casi di Sla
(o malattia dei calciatori), anche malori in campo. O forse è semplicemente l’eccessivo
sforzo fisico e mentale della tensione, della pressione psicologica, delle
tante partite e dei duri allenamenti a rendere per qualcuno il calcio moderno
insostenibile e mortale.
Non
possiamo affermare con certezza se una delle nostre ipotesi, o l’unione delle
due, possano realmente spiegare questi tragici avvenimenti ma sicuramente
tenere vivo il ricordo di Morosini può aiutare a continuare la ricerca di una
motivazione di fondo, oltre la mera fatalità.
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