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Immagine tratta da: blog.panorama.it |
La
notizia dell’arresto dei capi-ultrà del Bari, accusati di aver minacciato i
calciatori della loro squadra per vincere ingenti somme di denaro tramite scommesse, è solo l’ultimo di una lunga serie
di episodi spiacevoli che anche quest’anno hanno condito il nostro calcio,
facendocene vergognare. Lasciando per un attimo da parte la vicenda del
calcio-scommesse, scopriamo che i protagonisti di questi avvenimenti sono
sempre loro: gli ormai famigerati ultras. Infatti, dopo essersi distinti negli
anni passati per atti gravissimi come l’omicidio Raciti, o “goliardate” come il
celebre motorino che rotola allegramente per gli spalti di San Siro, anche la
stagione 2011/2012 ha avuto la sua giusta dose di demenza da parte del tifo
organizzato e che potremmo quindi definire demenza
organizzata. Prima dell’arresto dei tifosi baresi, la performance che più
aveva lasciato il segno nell’opinione pubblica era stata quella dello stadio
Marassi e dei giocatori costretti a togliersi le maglie e a consegnarle alla
curva, come in sacrificio all’altare di una divinità a cui bisogna prostrarsi.
Come dimenticare poi Totti -sì proprio lui, il campione del mondo- che va di
fronte alla Sud, impassibile e muto, a fare non si sa bene cosa; forse a
scusarsi, a metterci la faccia o a sfidare, ma dando, ad ogni modo,
considerazione e importanza a quel tipo di pubblico. E poi ci sono stati gli
immancabili ululati razzisti, squadre intrappolate negli stadi da tifosi
imbestialiti, contestazioni pesanti e conseguenti fitti colloqui tra capi-ultrà
e capitani, assalti ai pullman delle squadre … insomma, come al solito, non ci
facciamo mancare nulla.
Il
fatto che si riesca a parlare di simili episodi con una certa disinvoltura e
spensieratezza dimostra quanto siamo ormai abituati, e forse rassegnati, a questi
comportamenti; tuttavia, questo non ci deve indurre a sottovalutarne la
gravità, considerandoli qualcosa di normale. Tutto il modo in cui viene vissuto
il calcio e il sostegno alla propria squadra in questi ambienti è, a pensarci
bene, piuttosto discutibile: si ha l’impressione che il calcio non sia altro
che un pretesto per essere parte di qualcosa e, quindi, colmare un certo vuoto
esistenziale. La forza di questo sport è immensa, il modo in cui un pallone e
22 giocatori in un campo riescano a generare emozioni così autentiche e forti è
ancora un mistero; ma è chiaro che, se il senso di appartenenza ad una fede
calcistica diventa una vera e propria ragione di vita, il significato, non solo
del calcio, ma di tutto lo sport viene frainteso. Se, poi, questa maniera
malata di vivere la propria passione non portasse a situazioni tragicomiche ma
solo ad un affetto incondizionato e illimitato per i propri colori non staremmo
nemmeno a discuterne. Al contrario, questa dedizione totale porta questo unico,
enorme individuo chiamato ultras, ad essere il più esigente dei tifosi:
pretende di vedere ripagati i propri sforzi e quando la squadra vive periodi
difficili la fischia e la insulta, prendendone le distanze. Basti pensare alle
incredibili contestazioni a squadre come la Fiorentina e il Genoa che, dopo
diverse stagioni a tratti anche esaltanti, ora vivono un fisiologico calo. Inoltre,
l’ultras è convinto di essere incarnazione e custode della storia e della
gloria della propria squadra; bisognerebbe chiedere ai protagonisti
dell’episodio di Marassi se ritengono che il loro ricatto abbia difeso o
infangato la storia del club più antico d’Italia.
Ormai
sono anni che sentiamo sempre lo stesso ritornello: modello inglese, maggiore
severità, nuova cultura sportiva, leggi più aspre e l’immancabile “lo stadio
non può più essere una zona franca” ma, nonostante tante belle parole, tessere
e leggi varie, poco sembra essere cambiato. Tra l’altro è risaputo che le
società, chissà perché, pagano gli ultras. Allora ecco una proposta concreta
(oltre ad un utilizzo massiccio di manganelli): impedire l’accesso dei gruppi
organizzati alle curve e riempirle di ragazzini, anziani e soprattutto donne.
Già, perché non riempire le curve di gnocca? Dovremmo rinunciare ai cori, ma
potremmo farne a meno visto che l’80% del repertorio è fatto di insulti
all’avversario e parolacce. E poi siamo sicuri che allo stadio si canterebbe
comunque. Dovremmo rinunciare alle coreografie forse, ma magari qualcun altro
potrebbe farlo al posto loro. Ad ogni modo, anche in questo caso chi crede che
un po’ di gnocca sia la soluzione di tutti i problemi ha ragione: siamo sicuri
che potrebbe essere uno spettacolo nello spettacolo, porterebbe un nuovo
entusiasmo e, soprattutto, allontanerebbe dagli stadi un certo malcostume.
Così, avrebbe campo aperto chi ha una passione forte ma sana, chi gioisce e
soffre, piange e si abbraccia col proprio vicino, magari al momento giusto
impreca e fischia ma sa anche, come hanno fatto i tifosi del Lecce ieri o della
Samp lo scorso anno, applaudire la propria squadra che retrocede.
Eh si, ma non sarebbe giusto.
RispondiEliminaLa curva del Milan sarebbe pienissima!
Protesto!
Così Melissa Satta si trom.. Boateng pure in tribuna!!!
RispondiElimina