giovedì 1 maggio 2014

#AYRTONROLAND20

Immagine tratta da motorsportretro.com
Son passati 20 anni da quel maledetto weekend di Imola. 
Lui e l'altro. L'icona globale della F1 e il meno conosciuto dei piloti in pista.
Un tragico destino li ha posti uno di fianco all'altro in quella fredda stanza dell'Ospedale Maggiore di Bologna. 
Il destino chiese il suo conto. Il sabato Ratzenberger, alla curva Villeneuve, la domenica Senna, al Tamburello.
Un alettone che finisce sotto le ruote e ti schianta a 300 all'ora senza via di scampo, lo sterzo che cede di botto, un muro che si avvicina senza speranza di evitarlo, una vite che esplode e come un proiettile ti trafigge nell'unico punto vulnerabile tra casco e visiera.
E poi il buio, per entrambi.
Un buio che non distingue un 34enne semisconosciuto alla ricerca della sua seconda gara in Formula 1 dal tre volte Campione del Mondo che insegue la vittoria per tenere a bada un giovane tedesco parecchio sfrontato.
Un buio che è servito a salvare tante vite. Il sacrificio di entrambi ha reso lo sport motoristico più sicuro, molti piloti sono stati graziati dalle piste, dalle monoposto e dai materiali più sicuri. La generazione attuale ha accantonato il pensiero della morte, da vent'anni. 
Roland era un pilota esperto, che non aveva neppure un contratto valido per tutto il 1994, che esordiva alla guida di una scuderia esordiente, la Simtek.
Ayrton era semplicemente il migliore, alla guida della migliore monoposto dell'epoca. Tre mondiali vinti, un pilota che aveva nella velocità in qualifica il suo marchio distintivo. E un'aggressività e voglia di vincere senza eguali nella storia della F1. Per vincere in pista avrebbe fatto di tutto e ha fatto di tutto. E fuori dalla pista era un uomo gentile e generoso.
Ma il buio non ha fatto distinzioni, e ha unito entrambi in quel maledetto ricordo.
Nella Williams quella domenica Ayrton aveva una bandiera dell'Austria, per dedicare a Ratzenberger la vittoria. Non potè mai sventolarla. Non potè mai ricordarlo.
In quel 1 maggio 1994 alle 14:17 vedevo la gara con mio padre, nella camera da letto, e alla vista dell'incidente corsi ad avvisare mia madre, che stirava in soggiorno. Sinceramente, già presagendo il peggio. Nel pomeriggio scrissi i miei primi due articoletti sul retro di una schedina, avevo 9 anni, pezzi con errori ortografici e di documentazione storica (Internet non si sapeva neppure cosa fosse all'epoca), ma scritti di getto, di cuore. Ecco la mia testimonianza di quel weekend del 1994.


Ora Ayrton è un poster nella mia stanza, al fianco di quel giovane Schumacher che cercava di distanziare quella domenica. 
Ma se ripenso a quel fine settimana di Imola, penso anche all'altro, a Roland Ratzenberger. Perchè chi ha passione per questo sport, ricorderà Ayrton e ricorderà Roland, sventolando idealmente quella bandiera austriaca che Senna teneva vicino a sè al momento del buio.

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