giovedì 31 gennaio 2013

LA BELLA

Immagine tratta da mclaren.com
La presentazione della nuova McLaren MP4/28 è stata uno spettacolo.
Per festeggiare il cinquantenario della fondazione della scuderia, parata storica, nella futuristica sede di Woking, delle monoposto che han fatto la storia di questo team.
Ed ecco sfilare le McLaren di Fittipaldi, Hunt, Prost e Senna, Hakkinen, Hamilton, sino alla vettura vincitrice di Le Mans.
Si respirava la storia dell' automobile. Uno dei marchi storici della F1, assieme alla Ferrari e alla Williams, che prende il nome dal suo fondatore Bruce McLaren.
La nuova MP4/28 è senza gradino sul musetto. Evviva. E' bella e argentata come da 18 anni a questa parte. Ed è senza Hamilton.
La McLaren è un mistero degli ultimi anni: costantemente veloce e vincente, ha vinto solo un Mondiale dal 1999 ad oggi (Hamilton nel 2008).
Quest' anno presenta una coppia piloti indecifrabile: Jenson Button e Sergio Perez.
Immagine tratta da mclaren.com
L' inglese va per i 33, e dovrà dimostrare di avere senza esitazioni il piglio del leader. Nelle condizioni incerte lui è una sicurezza, mentre tende ad essere molto costante nelle condizioni di normalità, senza però dare la sensazione di avere lo spunto del fuoriclasse. E' un ottimo pilota, ma non un fuoriclasse. E spesso questo basta.
Il messicano ha 23 anni e la stagione passata ha alternato gare magnifiche ad eclatanti cavolate. A fine stagione ha giocato spesso e volentieri all' autoscontro. Perez ha alle spalle uno sponsor grande come il mondo, Carlos Slim, l' uomo più ricco del pianeta, che sicuramente una pecca non è. Sta a lui calmare l' irruenza e dimostrarsi un giovane prospetto di sicuro affidamento. Altrimenti la Ferrari avrà fatto la scelta giusta, non esercitando l' opzione derivante dall' inclusione nella Driver Academy.
Senza un fuoriclasse al volante, è necessario fare squadra, e colmare il gap dato dal fuoriclasse con una vettura facilmente guidabile, gestibile nel consumo pneumatici e soprattutto affidabile e veloce.
Spesso con la vettura si colma il gap di avere un ottimo pilota e non un fuoriclasse al volante. 
Come sa bene Adrian Newey.

lunedì 28 gennaio 2013

ARRIVA LA KIMI-MOBILE

Immagine tratta da f1grandprix.motorionline.com
Se è vero che in F1 alla fortuna ci si bada più che in altri sport, l' inizio del team Lotus non è stato dei migliori.
La tanto strombazzata presentazione ad Enstone via Youtube è stata un mezzo fiasco, colpa del maltempo che ha flagellato la cittadina inglese dell' Oxfordshire, con tanto di tempesta di vento che ha spazzato via gli stand e gli effetti speciali pronti per la spettacolare presentazione all' aperto.
Primo particolare che balza agli occhi è sempre quell' orrido musetto scalinato. La ventilata "copertura" per il muso è stata scartata dal team, in quanto non portava vantaggi in termini aerodinamici, ma creava un inutile peso aggiuntivo alla vettura.
Per il resto pare una vettura classica, in continuità con quella del 2012. 
Immagine tratta da f1grandprix.motorionline.com
Continuità scelta anche sul versante piloti. Confermata la strana coppia in salsa finnico-francese Kimi Raikkonen- Romain Grosjean. Uno che drinka spesso e volentieri, l' altro che ne subiva gli effetti e nel 2012 è partito ubriaco per la maggior parte dei Gp.
Il terrore di Alonso, che ha totalizzato gli unici due ritiri per colpa dei loro tamponamenti tra Belgio e Giappone.
Per mettersi al riparo da esuberi alcoolici il team ha stretto un accordo con Coca-Cola che ha posto il suo marchio energetico Burn sulla bella vettura. 
Vuoi vedere che è stata un' azione correttiva per obbligare Kimi a rigar dritto sul versante vodka? 
Ma ogni decisione ha il suo rovescio della medaglia: vi immaginate Romain il pazzo in griglia di partenza pieno di energy drink nelle vene?
Ovviamente Raikkonen è stato sempre molto espansivo nel suo gracchiante tono di voce. 
A chi gli ha chiesto pareri tecnici o promesse di risultati s'è limitato a rispondere di non aver ancora provato la vettura. 
Inimitabile. 
Bat-Kimi e la Kimi-mobile. 
Arriva il 2013. Tutti a caccia del tricampione Vettel. 
Via!

IL MIO CAGLIARI/ 22°T.

Immagine tratta da cagliaricalcio.net e modificata su cartoonize.net
IL PREOCCUPANTE MINIMO INDISPENSABILE

Il pareggio era il risultato minimo richiesto, dato l' analogo risultato raggiunto dal Genoa di Ballardini, capace sabato di fermare la Juventus sull' 1-1.
E nel derby delle isole pericolanti, pareggio è stato. Palermo e Cagliari finiscono 1-1.
Il Cagliari mantiene 3 punti di vantaggio sulla zona B, capeggiata dal Genoa, e il Palermo guadagna un punticino sul Pescara, quartultimo, portandosi a -3.
In linea di massima il pareggio si può pure accettare in chiave rossoblù, ma in pratica è molto preoccupante.
Preoccupante perchè, al solito, la squadra non demerita, ma prende gol al primo tiro in porta, alla solita disattenzione difensiva. La linea difensiva nell' azione del vantaggio rosanero era troppo schiacciata sulla linea di porta, mossa che ha lasciato Ilicic solissimo a centro area pronto ad insaccare il cross di Dossena. Era la mezzora del primo tempo.
Il Cagliari riuscirà a pareggiare solo al 90' con Thiago Ribeiro, che riesce a riscattare una mezzora imbarazzante da subentrato con un colpo di testa su combinazione Cossu- Avelar.
Nel mezzo solita pressione rossoblù infruttifera. I colpi di Pinilla, specie a inizio partita, sono neutralizzati dal solito ottimo Sorrentino (e qui si capisce l' importanza di avere un buon portiere), e così le iniziative di Sau e Ibarbo.
Pulga e Lopez si son schierati con un 4-3-3 puro, con Ibarbo-Pinilla-Sau, trasformandolo in un avventuroso 4-2-4 con cui si è prodotto pochissimo, con Ribeiro-Sau-Pinilla-Ibarbo e finendo con il provvidenziale ingresso di Cossu in una sorta di 4-2-1-3 col numero 7 sardo dietro ai larghi Ribeiro e Ibarbo e alla boa centrale Sau.
Preoccupante è quindi la confusione tattica, sintomo della difficoltà di non riuscire a trovare un metodo di gioco convincente a cui affidarsi. Serve usare Cossu trequartista, ma Sau deve giocare con una punta di peso al suo fianco e non troppo largo, un Pinilla o Nenè, e altresì rinunciare a Ibarbo largo a destra è impossibile ora come ora. Il problema sta nel trovare il modo di far giocare tutti assieme questi interpreti. Giocare come nei minuti finali con un trequartista e un tridente largo, magari con Sau e Ibarbo larghi, Pinilla centrale e Cossu alle spalle è troppo offensivo, e non permetterebbe a Sau di esser vicino alla porta.
Si potrebbe provare la soluzione di Donadoni nel suo precampionato estivo da (inspiegabile) esonero dell' agosto 2011. Due punte vicine (in questo caso Pinilla e Sau), con Cossu alle loro spalle e Ibarbo (che vaga senza un ruolo definito da due anni) nel trio di centrocampo, sulla destra, come propose il tecnico bergamasco. Ibarbo in quella posizione potrebbe andare spesso sul fondo, con Pisano a coprirgli le spalle, senza alcun obbligo offensivo, dati i pessimi risultati. Il ruolo di mezzo destro a centrocampo potrebbe ricalcare quello del Fini di ballardiniana memoria, ed inoltre la capacità di ripiego e recupero palla del colombiano è notevole.
Ma dubito si possa arrivare a tale ragionamento nella coppia Pulga- Lopez.
E allora teniamoci questa squadra che nei singoli non gioca male, ma raccoglie pochissimo.
E se una squadra nei singoli non gioca male, ma non riesce a creare gioco, allora è lecito pensare che la squadra sia scarsa, che non sia forte.
Pensando di non avere una squadra forte, si hanno meno aspettative, e allora questo pareggino diventa pure accettabile.
Preoccupante.

Pagelline: Agazzi 6; Pisano 6, Rossettini 6, Astori 6, Avelar 6,5; Dessena 6 (59'ThiagoRibeiro 6), Conti 6, Nainggolan 6,5, Ibarbo 6, Pinilla 6 (76'Cossu 6,5), Sau 6.
Pulga-Lopez 5,5.

TENNIS: CONFERME E NOVITA' DALL'AUSTRALIA

Immagine tratta da reportweb.it
Il 2013 del grande tennis comincia come sempre dall'Australia, e regala agli appassionati di tutto il mondo molte certezze e qualche interessante novità per questa stagione. La sicurezza più grande di tutte nel panorama maschile di questo momento viene dalla Serbia, e si chiama Novak Djokovic. Il numero 1 del Mondo si conferma tale sul cemento australiano, tornando al successo in un torneo dello Slam dopo un anno esatto e cominciando al meglio l'anno dopo le delusioni della scorsa stagione (sconfitto in finale al Roland Garros da Nadal e agli U.S. Open da Murray, fuori in semifinale a Wimbledon e medaglia di legno alle Olimpiadi). Per il serbo l'Australian Open è un torneo fortunato, visto che per lui è la sua quarta vittoria qui, terza consecutiva, e la sesta in assoluto nei tornei del Grande Slam. Il suo successo è stato autoritario, netto, a conclusione di una competizione che l'ha visto davvero in difficoltà solo nel quarto turno, quando ha piegato la resistenza di Wawrinka solo al quinto set, poi ha sempre dominato ogni incontri, su tutti la semifinale con Ferrer, a cui ha lasciato solo cinque games in totale. In finale, Nole si è trovato ad affrontare colui che è il suo rivale principale, in questo momento e forse anche in futuro visti gli infortuni di Nadal e il calo di Federer: Andy Murray. Lo scozzese dimostra di essere molto cresciuto nella scorsa stagione, beneficiando dei successi alle Olimpiadi e allo U.S. Open (proprio contro Djokovic) e della guida di Ivan Lendl, ma ha ancora qualcosa da migliorare, soprattutto a livello caratteriale. Dopo aver superato Federer in una durissima semifinale, Murray aveva dato l'impressione di poter vincere anche contro il serbo, mettendolo in difficoltà soprattutto nei primi due set, che si sono divisi al tie-break. Poi però, il calo fisico del britannico e la maggiore solidità mentale di Nole, che riesce a non perdere la concentrazione neanche quando un match sembra ormai andato, hanno deciso la sfida e consegnato a Djokovic il successo finale.
Se in campo maschile sembra chiaro quali saranno i protagonisti degli Slam del futuro, tra le donne regna una sempre maggiore incertezza, e anche il livello tecnico sembra risentire della mancanza di una vera dominatrice. Il torneo se l'è aggiudicato colei che è formalmente al vertice della classifica WTA, ovvero la bielorussa Viktoria Azarenka, al secondo successo in un torneo dello Slam (l'altro proprio in Australia la scorsa stagione), che così consolida il suo ruolo di numero 1 al Mondo, anche se sembra ancora lontana dal diventare una vera campionessa. In finale, ha sudato sette camicie per piegare la coriacea cinese Li Na, alla seconda sconfitta in finale in Australia ma capace di disputare un grandissimo torneo, con un paio di infortuni durante la finale che forse hanno condizionato l'esito della sfida. Deludono due grandi favorite della vigilia, l'americana Serena Williams, piegata nei quarti dalla giovane connazionale Sloane Stephens, e la russa Maria Sharapova, che sembrava in grado di dominare il torneo ma in semifinale ha ceduto di schianto proprio contro la Li. La sensazione, già nell'aria prima di questa finale e ancora più evidente ora, è che nel mondo femminile manchi un'atleta in grado di fare la differenza su qualunque tipo di superficie o senza la giusta forma fisica. Serena Williams sembra l'unica eccezione, visto che l'americana quando sta bene è praticamente imbattibile per tutte le avversarie, ma anche per lei come per Federer l'età comincia a chiedere il suo pegno. A parte lei, solo la Sharapova sembra spiccare un po' sulle altre in quanto a classe, ma paga una discontinuità piuttosto evidente, visto che ha trionfato in quattro Slam in 10 anni, e non ne ha mai vinti due nella stessa stagione.
Detto dei principali protagonisti del torneo, non possiamo dimenticare di soffermarci sui nostri rappresentanti italiani, che oltre alle solite ombre hanno fatto vedere qualcosa di molto interessante. Il titolo principale è ovviamente per la fantastica coppia Sara Errani - Roberta Vinci, che conferma quanto di buono aveva fatto vedere l'anno scorso vincendo il torneo femminile di doppio, il terzo per loro in uno Slam dopo Roland Garros e U.S. Open della scorsa stagione. Per le due azzurre è una grandissima soddisfazione, ottenuta dopo aver eliminato avversarie durissime come le sorelle Williams nei quarti di finale, e sconfiggendo poi le padrone di casa Bardy-Dallacqua nell'atto conclusivo. Le ragazze vivono il momento migliore della loro carriera, sono ormai al numero 1 del mondo nelle classifiche di doppio, e adesso puntano gli occhi verso Wimbledon, il torneo più prestigioso, l'unico che ormai manca nella loro bacheca. Sempre nel doppio, ottima prova anche da parte degli azzurri Simone Bolelli e Fabio Fognini, che si sono arresi solo in semifinale ai temibili gemelli americani Bryan, concludendo alla grande un torneo al di sopra di ogni più rosea aspettativa, visto che non erano nemmeno teste di serie. Nei singolari, le cose sono andate meno bene, visto che quasi tutti gli atleti italiani si sono fermati già al primo turno, sia in campo maschile che femminile. Il migliore è stato Andreas Seppi, in grado di arrivare fino al quarto turno prima di cedere contro il francese Chardy, che con questo risultato è entrato per la prima volta nei top 20 del circuito maschile. Tra le donne, Roberta Vinci è stata l'unica a fare un po' di strada, prima di cedere al terzo turno contro la russa Vesnina e di concentrarsi vittoriosamente sul doppio.
Ora il circuito mondiale di tennis si prepara a cambiare superfici, con l'arrivo della primavera il cemento lascerà spazio alla terra rossa, e gli appuntamenti più importanti saranno Roma e, soprattutto, il Roland Garros di Parigi. L'attesa maggiore però è rivolta al ritorno in campo di Rafa Nadal, assente ormai da Wimbledon dello scorso anno, e in forse per il prosieguo della carriera dopo i continui problemi alle ginocchia. Se ha davvero recuperato al 100%, lo spagnolo rimane il numero 1 sulla terra e in Francia, dove ha trionfato sette volte negli ultimi otto anni, ma in caso contrario la lotta al titolo sarà apertissima. Prepariamoci dunque ad una grande stagione di tennis, perché quello che è accaduto in Australia è stato solo un assaggio.

lunedì 21 gennaio 2013

IL MIO CAGLIARI/ 21°T.

Immagine tratta da cagliaricalcio.net e modificata su cartoonize.net
PARI E PATTA

Due società amiche, due società che hanno voglia di incamerare punti per allontanarsi dalla zona calda ed ecco servito il classico pareggio già scritto.
Senza dietrologie e senza sospetti di combine (peraltro sollevati col sorriso dopo aver visto il goffo autogol dell' ex Canini). Due presidenti scaltri come Cellino e Percassi, e un uomo di calcio e di mondo come Marino, l' avrebbero combinata meglio di un 1-1 in Sardegna e un 1-1 a Bergamo. Sarebbe bastata una vittoria casalinga a testa, infatti, per guadagnare un punto in più.
Si parte mezzora dopo per via del ghiaccio da rimuovere dagli spalti. Pulga torna in panchina e schiera con Lopez la stessa squadra contropiedista della vittoria col derelitto Genoa, con l' unica eccezione del ritorno di Agazzi tra i pali.
Al minuto 2 Sau si invola in contropiede a 100 all' ora, palla in mezzo e sciagurato tocco di Canini nella porta sbagliata. Forse avere attorno tutti i suoi ex compagni di squadra può averlo disorientato. Dal minuto 3 l' Atalanta macina gioco pian piano, e il Cagliari si rintana nella sua metà campo, ripartendo di tanto in tanto. E anche convincentemente, dato che nella prima frazione si fa preferire nel complesso ai bergamaschi.
Nella ripresa la squadra di Colantuono avvia un forcing netto che porta al pareggio. Al 57' calcio d' angolo e classico errore della difesa rossoblù. Stavolta è Stendardo a spizzare e insaccare. Terza rete subita su calcio d' angolo nelle ultime 3 partite. Cambiare il modo di marcare sugli angoli da uomo a zona, non ha portato alcun esito positivo.
Lopez, con la sua esperienza, dovrebbe dare una strigliata ai suoi difensori. Subire gol sempre identici è assurdo.
L' Atalanta dopo il vantaggio ha più coraggio e gamba, con trame semplici ed efficaci ha il dominio sul centrocampo. Ma oggi la fortuna è dalla parte del Cagliari. All' 80' viene espulso Giorgi per doppio giallo a causa di un fallo su Pinilla.
A quel punto Pulga e Lopez prendono coraggio e schierano Thiago Ribeiro largo a sinistra nel 4-2-3-1 ormai classico adottato a partita in corso. Purtroppo al solito l' ingresso del triste brasiliano finisce per riequilibrare l' inferiorità numerica reale dei padroni di casa.
1-1 e tutti a casa contenti. Sardi a +3 sul Genoa terz'ultimo e bergamaschi a +6.
Chi sostiene che il Cagliari abbia da recriminare sbaglia, perchè una statistica all 80' apparsa sullo schermo è stata eloquente: 1 tiro in porta e 1 tiro fuori. Troppo poco per rivendicare una vittoria.
Nel complesso benino, bene Rossettini e Astori, malino Avelar nel primo tempo contro Moralez, centrocampo così e cosà, al solito gigantesco Sau, mentre Ibarbo ha abbastanza latitato, soffrendo probabilmente più degli altri il campo pesante. Positivo il rientro di Pinilla, il cileno sembra in forma pronto a fare a sportellate e in grado di giocate di qualità.
Domenica sbarca in Sardegna il Palermo, ancora ignota però la sua fisionomia, che oltre ai nuovi arrivati Anselmo, Aronica e Dossena, potrebbe presentare un nuovo portiere e un nuovo centravanti. 
Importantissimo non perdere, dato che i rosanero sono in crisi al penultimo posto.

Pagelline: Agazzi 6; Pisano 6, Astori 6,5, Rossettini 6,5, Avelar 5,5; Dessena 6, Conti 5,5, Ekdal 6 (82'Thiago Ribeiro 5); Nainggolan 6; Sau 7 (69'Pinilla 6), Ibarbo 5,5.
Pulga-Lopez 6.

Immagine tratta da sportmediaset.mediaset.it
PS. Oggi qualche sito poco attendibile (Sportmediaset) sostiene l' interesse della Fiorentina per Sau. Per il quale offrirebbe lo scambio con Camporese. 
E non si parla nè di Fantacalcio e nè di Football Manager. Come si può paragonare il giovane difensore fiorentino (0 presenze in stagione) al piccolo sardo che da solo si sta issando il Cagliari sulle spalle con 7 reti in 16 partite? Un pò di serietà, signori. 
Come direbbero in Francia: "Accà nisciun'è fess..!"

OLAJUWON, 50 ANNI DA "SOGNO"

Immagine tratta da bleacherreport.com
"Abbiamo incontrato tante persone che non credevano in noi, durante il nostro cammino. Ho una cosa da dire a queste persone: non sottovalutate mai il cuore di un campione!" Con queste parole, l'allora allenatore degli Houston Rockets salutava il titolo vinto nelle Finali Nba 1995 dalla sua squadra, una delle imprese più grandi di sempre nella storia del basket americano. Il campione di cui parlava, l'uomo-simbolo del suo team, era un atleta di oltre due metri, proveniente dall'Africa Nera, che da anni faceva sognare tutta Houston, e che oggi è conosciuto come uno dei migliori centri di sempre nella storia della Nba. Stiamo parlando di Hakeem Olajuwon, detto Hakeem The Dream (il Sogno).
Nato a Lagos, capitale della Nigeria, Hakeem ha la fortuna di vivere in una famiglia piuttosto benestante, il che gli permette di studiare e di dedicarsi con grande passione allo sport, anche se all'inizio il basket non è tra le sue discipline preferite. Gioca a calcio, fa il portiere, ma cresce talmente tanto da non riuscire a starci più in una porta, e la sua seconda passione è la pallamano, con cui partecipa ad alcuni tornei a livello nazionale. Durante uno di questi, la squadra di basket gli chiede il favore di giocare per loro, vista la stazza e il fisico notevole, anche se lui non ha mai preso in mano una palla a spicchi. Accetta, disputa un discreto torneo, e durante queste partite viene notato da un allenatore americano che lavorava in Africa, il quale lo segnala a vari college in patria. Hakeem non si lascia sfuggire l'occasione, s'imbarca per l'America per valutare la scelta migliore, ma a New York soffre tremendamente il freddo della Grande Mela, così va senza pensarci troppo a Houston, Texas, dove il clima è migliore. In questa città, il nigeriano trascorrerà vent'anni della sua carriera da sportivo, cucendosi addosso la maglia dei Rockets.
Al college, Olajuwon si allena senza sosta con pesi e palestra per migliorarsi fisicamente, e al campetto affina la sua tecnica come cestista, diventando in breve una stella a livello liceale. In coppia con un certo Clyde Drexler, altro grande giocatore degli anni 80-90, trascina la sua squadra a tre Final Four Ncaa consecutive, e anche se non riesce a vincere il titolo è comunque l'Mvp (miglior giocatore) nel 1983. Maturo per il grande passo, nel 1984 è pronto per il draft Nba, conscio che sarà scelto da una tra Houston e Portland, scelte che lo soddisfano ampiamente: nel primo caso rimarrebbe a casa, nel secondo raggiungerebbe Drexler, il suo vecchio amico. Vince Houston, Hakeem è la prima scelta di un draft che vede al terzo posto un certo Michael Jordan, e tra gli altri anche Charles Barkley e John Stockton. A Houston forma una coppia micidiale con l'altro centro Ralph Sampson, e già al suo secondo anno in Nba ha l'occasione di giocare una Finale per il titolo, dopo aver eliminato i Lakers di Magic Johnson e Kareem Abdul Jabbar. Gli avversari però sono i Boston Celtics di Larry Bird, che si rivelano decisamente troppo forti e vincono la serie con facilità, così Houston viene etichettata come una squadra bella e brava durante la stagione, ma troppo timida e imprecisa nei momenti decisivi.
Hakeem cerca l'occasione per rifarsi, e negli anni successivi continua a migliorare sempre di più, ma purtroppo per lui la squadra non lo ripaga, viene battuta sempre molto presto nei playoff, e la situazione è sempre più frustrante. Nell'estate del 1992, dopo una delle stagioni peggiori di sempre di Houston, il nigeriano arriva più volte ad un passo dall'addio, ma alla fine viene convinto a restare, e questa sarà la svolta della sua carriera. In panchina arriva Rudy Tomjanovich, ex giocatore e vice allenatore della squadra, il gruppo intorno ad Olajuwon cresce e l'innesto di alcuni giovani dal college migliora ulteriormente le cose. Dopo una stagione di transizione, nel 1994 finalmente Houston torna nelle Finali Nba, e per la prima volta vince il titolo dopo una durissima battaglia contro i New York Knicks. Olajuwon si confronta con un altro grande centro dell'epoca, Patrick Ewing, e vince la sfida dopo sette durissime partite; in quella che è forse la sua miglior stagione di sempre, è Mvp della stagione regolare, difensore dell'anno e Mvp delle Finali. Dopo tanti anni difficili, finalmente il nigeriano assapora la gloria che merita, ma il meglio per lui deve ancora venire.
L'anno seguente, Houston parte bene come campione uscente, ma durante la stagione qualcosa si rompe negli equilibri della squadra, e le possibilità di ripetersi sembrano pari allo 0. Con uno scambio di mercato, arriva in squadra Drexler, vecchio compagno di Hakeem al college, e anche grazie a lui arriva la qualificazione ai playoff, ma la squadra ha solo il sesto posto complessivo, e non sembra avere speranze contro le altre corazzate Nba. Al primo turno, Houston batte gli Utah Jazz di Stockton e Karl Malone in cinque, durissime partite, al secondo elimina i Phoenix Suns di Charles Barkley in sette sfide, rimontando da un 3-1 che sembrava una sentenza. Nelle Finali a Ovest, Olajuwon affronta i San Antonio Spurs del centro David Robinson, miglior giocatore dell'anno, e stimolato dalla sfida dimostra tutta la sua superiorità sul rivale, trascinando la squadra alla vittoria dopo sei match con oltre 35 punti di media a partita. In Finale Nba, si trova davanti i giovani Orlando Magic e la loro stella, il centro emergente Shaquille O'Neal, che a fine carriera designerà Olajuwon come il miglior centro mai affrontato. La sfida, che sembra equilibrata, si rivela senza storia, Houston vince 4-0 ed è Campione Nba per il secondo anno consecutivo, firmando una delle imprese più grandi di sempre nella storia del basket americano, con Hakeem ancora una volta Mvp delle Finali. Tomjanovich, come detto, esalta il suo giocatore, invitando i tanti che lo avevano sottovalutato a rispettare il cuore di un campione.
Dopo l'apice, arriva l'inevitabile declino per Hakeem e per la sua squadra, logorata dagli anni e dagli infortuni. Olajuwon gioca ancora per cinque anni a Houston, ma non riesce più ad esprimersi ai massimi livelli per i tanti acciacchi che lo condizionano dopo mille battaglie, prova a cambiare aria nel 2000 trasferendosi a Toronto, ma dopo una sola stagione capisce che è il momento di dire basta, e lascia il basket. Solo come giocatore, però, perché da allora è sempre rimasto nell'ambiente della palla a spicchi, diventando un ottimo allenatore per tanti centri, come Yao Ming, Amar'e Stoudemire e recentemente Dwight Howard. Anche Kobe Bryant e Lebron James si sono rivolti a lui per imparare nuovi movimenti e migliorare il loro gioco vicino a canestro. Oggi, Olajuwon festeggia 50 anni, primo di quella grande generazione di campioni che sono nati nel 1963 (tra gli altri, Michael Jordan, Charles Barkley e Karl Malone) e che hanno dominato gli anni 80 e 90 del basket a livello mondiale. Centro dalla tecnica e dalle capacità incredibili, considerato uno dei giocatori più forti e più completi di sempre nel suo ruolo, The Dream continua ancora oggi ad ispirare centinaia di giovani che si avvicinano per la prima volta al mondo del basket, e che rivedono con occhi ammirati le sue battaglie contro gli altri grandi campioni della Nba. Più di tutti, rimane forte il messaggio che lui e il suo allenatore diedero al mondo in quell'indimenticabile primavera del 1995: non sottovalutate mai il cuore di un campione.

domenica 20 gennaio 2013

LA CADUTA DEL TEXANO DI GHIACCIO

Immagine tratta da csmonitor.com
E' stata definita la confessione del secolo, uno degli eventi più importanti di sempre nella storia dello sport, lo scandalo più grave per il ciclismo mondiale. Dopo mille voci, ipotesi e supposizioni, finalmente uno degli atleti da sempre più discussi e più chiacchierati nella storia delle due ruote gettava la maschera e decideva di ammettere tutte le sue colpe, nascoste per anni in un alone di glorie e trionfi che, a questo punto, perdono tutto il loro significato. Lance Armstrong finalmente confessa, rivela quelle che all'inizio sembravano voci maligne e invidiose, e ora si scoprono quanto mai fondate: sì, tutti i 7 Tour vinti da lui erano frutto del doping, di un cocktail di sostanze proibite che rendevano il Cowboy imprendibile per i suoi avversari. Era tutto finto, niente di quello che abbiamo ammirato per anni sulle strade francesi era vero, migliaia e migliaia di persone hanno esultato per vittorie che si sono effimere, ottenute con l'inganno e non solo grazie alla fatica.
Il giorno dopo la seconda parte della confessione di Armstrong, rilasciata in Tv dal texano alla nota conduttrice Oprah Winfrey, quello che resta è un senso di amarezza profonda, di sconforto, di tristezza infinita per questa vicenda, che getta un'ulteriore ombra cupa sul mondo dello sport e in particolare del ciclismo, già massacrato da scandali e casi di doping illustri. E' davvero difficile trovare le parole da parte di chi, come il sottoscritto che scrive questo articolo, ha vissuto quegli anni con gli occhi del ragazzino appassionato di sport, che vedeva in questi atleti dei miti capaci di imprese epiche, straordinarie, e adesso scopre che i suoi eroi erano solo un enorme bluff. Per anni ci è stata raccontata la storia, a tratti commovente, di quest'uomo venuto dal Texas, capace di sconfiggere il cancro, il più terribile dei suoi avversari, di tornare alle corse e di diventare un fenomeno del ciclismo. Intendiamoci, non era un brocco prima dell'operazione e della malattia, visto che era diventato campione del Mondo ad appena 22 anni e si era aggiudicato un paio di tappe al Tour, su tutte quella del 1995, con la commovente dedica al compagno di squadra Fabio Casartelli, morto tre giorni prima per una caduta. Da questo, però, ad arrivare a 7 vittorie consecutive al Tour de France, per di più dopo il terribile calvario che aveva vissuto, ci voleva davvero qualcosa di speciale, di unico, di impensabile. Il ragazzino dell'epoca pensava quasi ad un regalo del cielo, ad una forza straordinaria che andava a risarcire Lance per quello che aveva vissuto, e gli rendeva con gli interessi quelle gioie che aveva rischiato di non poter mai più vivere. Il giovane di oggi si accorge tristemente che il destino non c'entra, e che era tutto frutto di quella maledetta sostanza chiamata EPO, un nome che colpisce al cuore tutti gli appassionati delle due ruote con la stessa violenza di un pugno sotto il mento.
Tutto finto dunque, le vittorie, gli scatti violenti e imperiosi in salita, le cronometro perfette, il sorriso sul podio con la maglia gialla cucita addosso. L'unica cosa vera, è la freddezza con cui Armstrong racconta queste pratiche dopanti, con cui affronta il peso delle accuse senza battere ciglio, come se quella pratica fosse una routine quotidiana e assolutamente normale. "Come riempire le borracce o mettere aria nelle gomme", riprendendo le sue stesse parole. E' questo il lato più agghiacciante di tutta questa vicenda: Armstrong confessa non perché è pentito di quello che ha fatto, ma semplicemente perché è costretto dalle circostanze e solo in questo modo può provare a ripulire un po' la sua immagine, ormai irrimediabilmente sporca. Secondo il suo principio, che colpa ha un atleta se in gruppo tutti o quasi sono dopati? Lo fanno tutti, perché non dovrei farlo anche io? Anzi, visto che io vinco su tutti prendendo le stesse sostanze, vuol dire che sono veramente il più forte. Questo, ahime, è il punto di vista di chi non ha capito davvero quello che ha fatto, di chi non ha mai compreso quali sono i valori dello sport, il significato della vera fatica. Non ci si può riparare dietro la cortina del "Tutti lo facevano" per sentirsi innocenti, non può e non deve bastare una confessione così priva di pentimento e di sincerità. Armstrong è umano solo quando vengono coinvolti i suoi figli, i suoi primi difensori, ma è l'unico momento in cui dimostra questo lato di sé, quando racconta del doping è lo stesso, freddo personaggio che vinceva le corse con strategia, calcolo e lucidità, un robot senza una vera anima. Non è una confessione, la sua, è un mea culpa poco convinto e che appare pieno di lacune, con omissioni e tante verità tenute nascoste per proteggere qualcuno. Lo testimonia anche il fatto che per anni il texano si era sempre dichiarato innocente, vantandosi di non essere mai stato trovato positivo ad un controllo, usando tutti i mezzi possibili per screditare chi lo accusava di aver fatto uso di sostanze proibite per  arrivare alla vittoria. Armstrong non è redento, forse non basterà tutta la vita per fargli capire qual è stata la portata del suo errore, e quello che ha provocato oggi la sua confessione nel cuore di migliaia di tifosi e appassionati.
Da questa sua intervista, di sicuro, il ciclismo riparte con un campione in meno e tanti dubbi in più, con la consapevolezza che lo spettro del doping è sempre fortissimo, e ben lontano dall'essere sconfitto. Per prima cosa, però, va sconfitta proprio quell'idea che ha portato Armstrong a fare tutto questo, quel principio secondo cui in un mondo di colpevoli tutti diventano innocenti. Partendo dai ragazzini, facendo loro capire la bellezza di una competizione sana, fatta solo di fatica e di volontà, in cui la vittoria non è l'unica cosa che conta. Solo così, partendo dalla testa e dalla preparazione di questi futuri campioni, potremo sperare di non dover mai più assistere alla nascita di un nuovo Armstrong, colui che molti vedevano come un mito, uno dei più grandi campioni di sempre, e che si è rivelato l'ennesimo colosso di pietra con le gambe d'argilla.

sabato 19 gennaio 2013

IL SIMULATORE DE LA ROS(S)A

Immagine tratta da it.eurosport.yahoo.it e modificata su cartoonize.net
Nell' ormai tradizionale meeting invernale Wroom di Madonna di Campiglio di Ferrari e Ducati (organizzato dall' occulto e innominato sponsor tabaccaio bianco e rosso), la Rossa della F1 ha annunciato un nuovo pilota come collaudatore: Pedro De la Rosa.
Fin qui tutto bene, se non foss' altro che la Ferrari ha già sotto contratto altri 4 collaudatori: Davide Rigon, Marc Genè, Andrea Bartolini e Jules Bianchi, senza contare Giancarlo Fisichella pilota Ferrari, ma senza un ruolo ben definito. A loro si aggiunge il quinto, De la Rosa, che sbarca a Maranello alla tenera età di 42 anni e dopo una carriera assolutamente anonima tra Arrows, Jaguar, McLaren, Sauber e Hrt.
Aggiungiamo un altro piccolo particolare: è dal 2008 che i test durante la stagione sono aboliti, e nei pochi concessi (lo scorso anno a inizio stagione e uno a metà) le scuderie preferiscono schierare i piloti titolari, dunque il ruolo dei collaudatori diventa assolutamente marginale.
La Ferrari ha motivato l' ingaggio dell' esperto pilota spagnolo di Barcellona con l' intento di rafforzare l' area del lavoro al simulatore. I maligni sussurrano che per il catalano, disoccupato dopo il fallimento dell' Hrt, abbiano messo una buona parola in primis Alonso, suo buon amico dai tempi della McLaren, e in seconda battuta, il Banco Santander, sempre pronto a sostenere i piloti spagnoli non solo dal punto di vista del tifo sportivo.
Immagine tratta da lastampa.it
Certo che ingaggiare il collaudatore numero 5 per il lavoro al simulatore, sembra un pò eccessivo. Sul simulatore i piloti si allenano durante la stagione per cercare di riprodurre le sensazioni di guida sulle varie piste, può risultare utile per conoscere i nuovi circuiti, ma pensare che possa fedelmente riprodurre i comportamenti dati da variazioni aerodinamiche o di pneumatici, sembra francamente eccessivo.
Specie poi se consideriamo che la Ferrari lo scorso anno è andata in grossa difficoltà a causa della galleria del vento tarata male, che sballava qualunque dato, e da quest' anno affitterà quella della Toyota a Colonia.
Kimi Raikkonen durante la sua permanenza alla Ferrari, non amava le prove al simulatore, genere nel quale Massa andava forte come non mai, e questo era uno dei motivi per cui le maestranze rosse lo accusavano di scarso impegno.
Kimi, assieme al 7 volte Campione Michael Schumacher, rientra tra quei piloti che non hanno mai amato il simulatore, in quanto ad entrambi ha sempre provocato mal d' auto, con tanto di vertigini e nausea conseguente.
Lo stesso Raikkonen ha recentemente messo nero su bianco cosa pensa di questo "aiuto" dato dal simulatore: "Penso che non ci sia niente da imparare nel simulatore: riesco ad imparare i circuiti in fretta anche senza simulatore, mi bastano pochi giri in pista!".
Usare il computer in F1 nell' era moderna resta comunque basilare.
Come ricorderà bene proprio De la Rosa, il quale nel 2007 in piena Spy Story, da tester McLaren, inviava mail dettagliatissime con tutte le regolazioni della vettura al pilota titolare Fernando Alonso. Peccato fossero le regolazioni della Ferrari, e lui facesse da tramite con l' amico spagnolo nell' affaire di spionaggio più famoso della F1.
Ma il tempo passa e cancella tutti i peccati, ed ecco il nuovo simulatore De la Rosa pronto a lavorare per la Rossa. Olè.

martedì 15 gennaio 2013

PALLA A SPICCHI AL GIRO DI BOA

Immagine tratta da outdoorblog.it
Con il posticipo di ieri sera tra Sassari e Siena si è concluso ufficialmente il girone di andata di questo appassionante campionato di basket 2012-13. E' il momento giusto per tirare un po' le somme, vedere quali sono state finora le sorprese positive e negative del campionato, e fare alcune valutazioni in vista delle Final Eight di Coppa Italia e della successiva corsa allo Scudetto.
Cominciamo a scorrere la classifica dall'alto, e troviamo subito la grande sorpresa di quest'anno: Varese. La squadra lombarda era sicuramente considerata un'ottima formazione alla vigilia del torneo, e l'imbattibilità durante le amichevoli di preparazione sembrava confermare queste previsioni, ma nessuno si sarebbe aspettato di trovarla in cima alla classifica a questo punto del torneo, soprattutto con appena due sconfitte, l'ultima in casa proprio nell'ultimo turno da parte di Venezia. Il merito di quest'ottimo inizio di stagione va ricercato sicuramente nel roster, che ha nella guardia Banks e nel centro Dunston due punti di forza notevoli, ma che vanta anche la presenza di due bei prospetti italiani, il play De Nicolao e l'ala grande Polonara, entrambi classe '91, che si stanno mettendo in mostra. Il vero segreto di questa squadra, però, è sicuramente l'allenatore Frank Vitucci, reduce da due buone stagioni ad Avellino, che sta guidando autorevolmente il suo gruppo e ha impresso grande energia positiva alla squadra. E' altrettanto innegabile l'influenza dell'allenatore su un'altra squadra che si sta dimostrando una grande di questa stagione, ed insegue da vicino Varese: si tratta di Sassari, allenata da Meo Sacchetti. Rinforzata dall'esperto Bootsy Thornton, e sempre forte dei due cugini Diener, la squadra sarda ha un attacco stellare, come dimostra la vittoria schiacciante di ieri su Siena, e un pubblico che in casa da davvero una marcia in più. Dopo due stagioni ottime, la Dinamo sembra pronta a fare il grande salto e a competere fino alla fine con tutte le rivali nella corsa al titolo.
Dietro di loro, ma non di molto, troviamo due formazioni che sono partite con i favori del pronostico, ma che ancora non hanno dato il massimo, complice anche l'Eurolega: Siena e Cantù. La prima in realtà sta facendo un lavoro eccellente, se consideriamo il ridimensionamento del budget e lo stravolgimento che ha subito il roster in estate, con la partenza dell'allenatore Pianigiani e di quasi tutti i suoi giocatori storici. Con una squadra pressoché nuova e Luca Banchi che ha lasciato il ruolo di vice per prendere in mano le redini del gruppo, Siena è partita con qualche balbettio, ma adesso ha fatto gruppo ed è risalita al terzo gruppo in classifica, rimanendo anche l'unica italiana in corsa nell'Eurolega. Reduce da sei scudetti consecutivi, siamo sicuri che non cederà lo scettro tanto facilmente. A differenza dei toscani, Cantù ha confermato il coach Trinchieri e buona parte del roster, ma ha iniziato molto presto la stagione per accedere all'Eurolega, e ha pagato il doppio impegno concedendo qualcosa in campionato. Il gioco della squadra brianzola è sempre convincente, soprattutto in casa, e sta prendendo sempre più fiducia Pietro Aradori, una promessa del nostro basket che finora non aveva trovato continuità e spazio, e adesso invece comincia a diventare un punto fermo anche per la Nazionale. Entrambe le squadre possono sicuramente dire la loro nelle prossime Final Eight di Coppa Italia, e anche nella corsa allo Scudetto rimangono due delle grandi favorite.
Quinto posto per Roma, che ha costruito una buona squadra intorno al neo capitano Gigi Datome e sta disputando una stagione positiva, anche se forse non potrà aspirare al titolo. Ottime le prestazioni di Reggio Emilia e di Brindisi, rispettivamente sesta e settima: entrambe le squadre sono neopromosse dalla Legadue, ma giocano con grande personalità e dimostrano di possedere un ottimo gruppo, oltre ai due capocannonieri della serie A, rispettivamente Taylor e Gibson, il che dovrebbe garantire a tutte e due una tranquilla salvezza, e forse anche un posto nei playoff per lo scudetto. All'ottavo posto c'è la vera sorpresa negativa di questo inizio di stagione, vale a dire Milano, partita come la favorita numero 1 per il titolo anche quest'anno ma arrivata alle Final Eight di Coppa Italia solo per il rotto della cuffia. La squadra di Sergio Scariolo è uscita malamente dall'Eurolega, ha sostituito ben tre giocatori di recente, tra cui il play e capitano Cook e il centro Hendrix, che era arrivato in estate con grandi aspettative, il che dimostra una cerca confusione a livello dirigenziale. Il gruppo ha un enorme potenziale, ma il gioco stenta ad arrivare, e finora lo scudetto sembra un sogno per questa squadra, ma da adesso a maggio tante cose possono cambiare, e la Coppa Italia in casa potrebbe aiutare Milano a risorgere. 
Discreta la stagione di Caserta, che sta conducendo un campionato tranquillo e viaggia a metà classifica senza grossi patemi. Non bene invece Venezia, che in estate ha rinforzato il roster dopo l'ottima stagione scorsa, ma non ha ottenuto grandi miglioramenti, con una percentuale di vittorie interne davvero bassa e un gioco che va ancora migliorato. Malino anche la Virtus Bologna, decimata anche da una serie di infortuni, ma lontana dalle zone nobili della classifica e con qualche buco da riempire nella formazione. Soffre ma lotta Cremona, che ha perso in estate il suo leader Marko Milic e sta cercando di ottenere un'altra importante salvezza. Stesso obiettivo per Montegranaro, guidata dal vecchio Charlie Recalcati, e per Avellino, squadre dal passato recente più che positivo ma che ultimamente hanno affrontato problemi di budget e hanno ridimensionato le loro aspettative. Sorprende un po' trovare ultima Pesaro, ridimensionata per ragioni economiche: solo un anno fa lottava per lo scudetto, e ora invece viene da una bruttissima serie di sconfitte, interrotta solo nell'ultimo turno. A condividere con lei il fondo della classifica è Biella, altra squadra dal buon passato nella serie A ma in grave crisi di risultati e di gioco. Per entrambe si prospetta una dura lotta per riuscire a ottenere la salvezza ed evitare quell'ultimo posto che comporterebbe la retrocessione in Legadue.
Questa è la situazione della nostra serie A di basket al termine di un interessante e combattuto girone di andata. Tra un mesetto, come detto, si disputeranno a Milano le Final Eight di Coppa Italia, che assegneranno il primo titolo dell'anno e forse chiariranno ancora di più le gerarchie nella lotta per il titolo di Campione d'Italia. La strada verso lo Scudetto è ancora lunghissima, e molte cose possono cambiare nel corso della stagione e durante i playoff, quindi mettiamoci comodi e godiamoci questo girone di ritorno, sicuri che alla fine vinceranno i migliori, come sempre, e che lo spettacolo non mancherà.

lunedì 14 gennaio 2013

PAGELLARIO SERIE A: VENTESIMA GIORNATA

Immagine tratta da goal.com
Inizia il girone di ritorno, con un mercato in piena attività e una classifica che è ancora tutta da definire per questo campionato di serie A 2012-13. Vediamo quali sono i giocatori che hanno meritato una citazione nel pagellario di oggi.
MIGLIORI
Alberto Gilardino: Nella roboante vittoria casalinga contro il Chievo, il Bologna ritrova finalmente il suo goleador, una pedina fondamentale nella corsa verso la salvezza. E dire che la stagione del Gila era iniziata alla grande, con 5 gol realizzati nelle prime 6 partite di campionato e il ritorno tra i convocati nella Nazionale di Prandelli. Poi, dopo un ultimo lampo a novembre contro il Palermo, sono arrivati due mesi di digiuno per l'attaccante biellese, che faticava a sbloccarsi. Ce l'ha fatta sabato, sfruttando un ottimo assist di Perez, e poi ha concesso il bis alla sua maniera, facendosi trovare pronto in una mischia all'interno dell'area. Se il violino di Gila torna a suonare, tutta l'orchestra bolognese può mettere in scena un'ottima sinfonia. Voto 7,5.
Alessio Cerci: Dopo la pesante sconfitta contro il Milan, sembrava che il giocatore fosse sul punto di lasciare Torino, criticato anche dall'allenatore Ventura, che l'aveva voluto fortemente in squadra. Da quel momento, l'ala romana ha cambiato decisamente marcia, iniziando a giocare come sa e impegnandosi sempre moltissimo in campo. Ieri contro il Siena ha fatto vedere tutto il meglio del suo repertorio, dando il via all'azione del vantaggio di Brighi e segnando il 3-1 con uno splendido coast to coast in contropiede partendo dalla sua metà campo. Visto il gioco sulle fasce che chiede il suo tecnico Ventura, se lui mantiene questa forma può rivelarsi decisamente l'uomo in più nella lotta per la salvezza del Torino. Voto 7,5.
Christian Maggio: Solo un mese fa l'avevamo inserito tra i peggiori in campo dopo la sua brutta prestazione a San Siro contro l'Inter, ultima di una serie di partite non alla sua altezza. Oggi torna a meritare una citazione, ma stavolta tra le file dei migliori di questa giornata, e non solo. Con il Palermo ha il merito di farsi trovare pronto e di sbloccare una gara che non era iniziata nel migliore dei modi per il Napoli, e che da quel momento in poi è diventata un trionfo. Terzo gol consecutivo per l'esterno partenopeo, dopo quelli realizzati a Siena e contro la Roma, e dire che in precedenza aveva segnato solo nella prima partita di questo campionato, guarda caso proprio contro il Palermo, una delle sue vittime preferite. L'esterno destro è rinato, e se lui è in forma tutta la squadra ha decisamente una marcia in più. Voto 7.
Nicola Sansone: A inizio campionato è stato una delle sorprese positive in casa Parma, ora si può iniziare a definirlo una certezza. Curiosa la storia di questo ragazzo di ventun anni, nato in Italia ma cresciuto in Germania, dove ha giocato addirittura nelle giovanili del Bayern Monaco, squadra in cui per lungo tempo è stato titolare nei vari settori giovanili. Tornato in Italia nel 2011, ha avuto la fiducia del Parma, che dopo una stagione in prestito a Crotone ha iniziato ad impiegarlo con continuità. Dopo l'Inter, Sansone porta a casa un altro scalpo prestigioso, realizzando il gol che costringe la Juventus ad uscire dal Tardini con un pari, e dimostrando di essere sempre più un giocatore decisivo. Tutte e quattro le sue reti hanno portato punti importanti in casa emiliana, se continua così può diventare davvero un punto fermo in questa squadra. Voto 7.
PEGGIORI
Alessandro Rosina: Ti aspetti la grande gara da parte in un ex cuore granata come lui, e invece l'ex talentino del vivaio del Parma tradisce il Siena proprio nel momento decisivo. Arrivato in Toscana dopo alcune stagioni trascorse in Russia nello Zenit, dove per la verità è stato spesso considerato una riserva e poco più, e alcuni mesi non proprio indimenticabili a Cesena, Rosina doveva essere una delle armi in più nella disperata corsa della squadra bianconera verso la salvezza. Contro quello che era il suo Torino disputa una gara discreta, con qualche buona giocata, ma rovina tutto nel finale, quando spreca malamente il rigore che sarebbe valso il pari e un punto prezioso per la sua squadra. Da un giocatore come lui, e in una situazione di classifica così difficile, errori del genere non sono ammessi. Voto 4,5.
Norberto Neto: Se si vuole trovare un punto debole nella squadra fino ad ora bella e convincente messa in campo da Montella, questo può essere senza dubbio il portiere. Prima era stato Viviano a dimostrare qualche incertezza di troppo, forse innervosito dalla sua grande passione per la maglia viola. A quel punto, è toccato al giovane portiere brasiliano prendere posto tra i pali, e per qualche partita è sembrato che con lui fosse arrivata una certa continuità. Ieri però, contro l'Udinese, Neto ha commesso una grave leggerezza, lasciandosi sorprendere da un tiro non irresistibile di Muriel e regalando all'avversario il gol della sicurezza. Il tutto pochi minuti dopo che Di Natale aveva portato in vantaggio i suoi, il che ha reso questo uno-due micidiale. Vedremo se sarà ancora lui il titolare nella prossima, delicata sfida contro il Napoli. Voto 4.
Martin Caceres: Per tutto il girone di andata, una delle certezze nella difesa della Juventus era stata la difesa a tre, con i suoi titolari inamovibili che concedevano poco o nulla agli avversari. Con l'infortunio di Chiellini, si è aperto un grosso buco sul settore sinistro, e i suoi sostituti fino a questo momento hanno faticato a far rimpiangere la sua assenza dal campo. Peluso contro la Samp non aveva convinto, ma aveva l'attenuante di essere alla prima gara con la maglia della Juve. Ieri, a Parma, ha deluso anche Caceres, che invece è in bianconero da quasi un anno e ormai è entrato nei meccanismi di Conte. Spesso impreciso nelle chiusure, si fa saltare con facilità troppe volte e poi non chiude su Sansone che segna il gol del pareggio. Più che in avanti, forse i veri problemi della Juventus in questo momento sono dietro. Voto 4,5.
Mattia Destro: Non è davvero il momento migliore per il giovane attaccante giallorosso, che riesce nell'impresa di finire dietro la lavagna per la seconda domenica consecutiva. L'avevamo visto poco incisivo a Napoli, incapace di partecipare al gioco corale della squadra e di interpretare al meglio il ruolo del centravanti come lo concepisce Zeman. Per l'assenza di Osvaldo e Totti, mantiene il posto da titolare anche contro il Catania, ma la scarsa tranquillità gli è ancora una volta fatale. Si impegna tantissimo, e per questo è ammirabile, ma sbaglia almeno due-tre gol sottoporta, e questi errori sullo 0-0 si rivelano decisivi, perché avrebbero potuto cambiare la storia della partita. Se non ritrova un po' di serenità, e magari un gol per sbloccarsi, rischia di tornare in panchina appena Osvaldo sarà disponibile. Voto 5.

domenica 13 gennaio 2013

IL MIO CAGLIARI/ 20°T.

Immagine tratta da cagliaricalcio.net e modificata su cartoonize.net
CONTI RISPEZZA L' INCANTESIMO

Ci voleva una rete del Capitano Daniele Conti, a 9 minuti dal termine del match per interrompere l'incantesimo negativo delle sei sconfitte consecutive.
Partita che sembrava, al solito stregata. Il Genoa arriva in Sardegna accompagnato da un acquazzone colossale e da un undici infarcito di grandi nomi tra campo e guida tecnica, ma veramente povero di un lontano costrutto di gioco degno di tal nome.
I vari Frey, Granqvist, Kucka, Matuzalem, Antonelli, Borriello e Floro Flores, guidati dall'incomprensibile Gigi Delneri, non formano una squadra nè armonica nè decisa in campo.
I rossoblù genovesi si accomodano quindi al terzultimo posto, meritatamente, con soli 17 punti a 2 punti dalla zona salvezza, da oggi occupata dal Cagliari a quota 19.
Le scelte di inizio gara di Lopez, orfano di Pulga squalificato, insistono sul 4-3-1-2 con Nainggolan trequartista e il duo Sau- Ibarbo in avanti. Pinilla passerà 94 lunghi minuti in panchina
Gli isolani per un tempo giochicchiano con la solita infruttuosa rete di passaggi orizzontali.
Ibarbo messo lì a fare la seconda punta è un leone in gabbia. Così come Sau, anch'egli evidentemente seconda punta. I due spesso si allargano in fascia, ma trovano il deserto a centro area, perchè la squadra è orfana di un centravanti e di centrocampisti fisici che si inseriscono.
Ci vuole una sberla del Genoa per svegliare i padroni di casa. Al 3' negli sviluppi di un angolo il terzino destro Pisano segna il suo primo gol in Serie A svettando su Conti.
Curiosa omonimia di ruoli e di cognome per i due terzini, entrambi a quota 0 reti in Serie A prima di oggi. Eros Pisano bagna il primo gol in A con lo 0-1, mentre Francesco Pisano disputa sempre la solita gara inconcludente e insoddisfacente, condita con due tiri da censura.
Sullo 0-1, alla prima occasione per andare in rete, Marco Sau non sbaglia, lanciato a tu per tu con Frey da un tocco filtrante di Nainggolan. Rete numero 7 in 16 partite per il barbaricino.
Lopez prende coraggio e toglie Dessena ed inserisce il pessimo Thiago Ribeiro.
Che non serve a nulla e non sa stoppare un pallone neppure per sbaglio, ma è la mossa che apre in due il match. Il mister lo piazza sulla sinistra del tridente, consentendo ad Ibarbo di piazzarsi a destra, finalmente schierato da ala destra.
Il colombiano crea grattacapi continui alla squadra genoana, e da un suo fallo subìto, scaturisce la punizione che Avelar poggia sulla testa del Capitano, che all' 81' insacca la rete della vittoria. 41° gol con la maglia del Cagliari. Prima del vantaggio Ribeiro, Sau ed Ibarbo si mangiano l' impossibile.
Bene così, con Ibarbo che trova pure il modo di far espellere Seymour per un fallaccio da rosso diretto.
Va detto che sull' 1-1 l' ingresso di Nenè, sempre funesto negli ultimi due match, finalmente viene esorcizzato dalla rete scacciaguai di Conti.
Un gol nel finale di Conti che spezza l' incantesimo negativo e lancia la rimonta. 
Come quel 27 Gennaio 2008, quando con la rete al 95' sul Napoli, sigla il primo mattone della rinascita del Cagliari di Ballardini, progenitore del 4-3-1-2 che ci portiamo dietro da 5 anni.
4-3-1-2 che è croce e delizia di questa squadra. La forza e nel contempo la debolezza di questa squadra. Quel modulo che non consente ad Ibarbo di giocare come ala destra.
Ma per oggi, va bene così.

Pagelline: Avramov 6; Pisano 5, Astori 6, Rossettini 6, Avelar 6; Dessena 6 (56'Thiago Ribeiro 4,5), Conti 7, Ekdal 6 (85'Nenè sv); Nainggolan 7; Ibarbo 7; Sau 7 (87'Casarini sv).
Lopez 6.

giovedì 10 gennaio 2013

JUVE - MILAN: PAGELLINE DI COPPA

Immagine tratta da ecodellosport.it
Ecco le nostre pagelle su alcuni dei protagonisti della sfida di ieri tra Juventus e Milan in Coppa Italia.
Marrone, voto 6,5: Mettetevi voi nei panni di un ragazzo a cui viene detto che oggi, al posto di un certo Andrea Pirlo, tocca a lui prendere in mano le redini del centrocampo. Inizia un po' timido, e bada di più a contenere gli avversari che a creare, poi con il passare dei minuti prende sicurezza e fa vedere alcune buone giocate e passaggi interessanti per i compagni. Sfinito, lascia il campo al maestro poco prima dei supplementari. Centrale nella difesa a tre o in mezzo al campo, di sicuro è l'uomo del futuro per Conte. Promettente.
Ambrosini, voto 6,5: Essere il capitano del Milan non è cosa da poco, lui dimostra ancora una volta di avere le qualità e il carisma per meritarsi quella fascia. Vecchietto in mezzo ai giovani con i suoi 36 anni e rotti, Ambro si carica sulle spalle il centrocampo quando vede che la pressione bianconera rischia di mandare in tilt i compagni. Si piazza davanti alla linea difensiva e fa scudo, bloccando più di un'azione e cercando di far ripartire la squadra. Vittima dei crampi, deve lasciare il campo poco prima dei supplementari. Anima.
Vucinic, voto 7: C'è poco da fare, quando il montenegrino decide di scendere in campo con le scarpette anziché in pantofole è davvero un signor giocatore. Entra al posto di Giovinco e fa subito capire di essere in palla con alcune ottime giocate per i compagni e cercando con insistenza l'azione da gol. Poi, proprio come un anno fa si fa trovare pronto durante i supplementari, nell'occasione che decide la sfida per i bianconeri. Della serie "ancora tu, ma non dovevamo vederci più?". Killer.
Mexes-Acerbi, voto 5: E pensare che questi due ragazzi dovrebbero essere rispettivamente il presente e il futuro della retroguardia rossonera. Il francese cerca in tutti i modi di andare sotto la doccia in anticipo, prima con un'entrataccia su Giovinco, poi con una carica al portiere assolutamente inutile. Dulcis in fundo, manca il pallone che manda in porta Vucinic. Il suo compagno di reparto non è da meno, visto che procura ingenuamente la punizione del pareggio bianconero, e che nel confronto con la Formica Atomica vede più volte i sorci verdi. Insomma, se loro due sono i pilastri su cui costruire la squadra, ci vorrà un architetto da premio Nobel. Giganti d'argilla.
Matri, voto 5: La sua partita sembra tutta un "vorrei, ma non posso." Il centravanti si impegna, si sbatte, lotta, ma a conti fatti non indovina mai la giocata giusta. Si mangia un gol quando Giovinco gli pennella sulla testa un pallone d'oro in piena area di rigore, appare sempre in ritardo o in anticipo nei movimenti rispetto alle idee dei compagni, e con stanchezza e nervosismo non fa che perdere di lucidità. L'anno scorso segnava gol pesanti, ed era stato decisivo per portare lo scudetto a Torino, adesso sembra veramente un corpo estraneo a questa squadra. Fuori dal coro.
El Shaarawy, voto 6,5: Un anno fa, era una promessa per un futuro lontano e non ben definito, oggi è una delle poche certezze di questo Milan in continuo rinnovamento. In attacco è l'uomo più pericoloso della squadra, non solo per il gol segnato, ma per il continuo movimento con cui tiene in apprensione la difesa bianconera. Quando poi lo vedi nella sua area, a chiudere su Lichtsteiner solo davanti al portiere, non puoi far altro che alzarti in piedi ed applaudirlo. Cala nel finale, quando gli avversari per fermarlo lo raddoppiano e i compagni non riescono più ad aiutarlo. Faraonico.
Bonucci, voto 6: Con questo ragazzo non sai proprio come comportarti, una volta vorresti stringergli la mano per la bravura, un attimo dopo vorresti mandarlo a quel paese senza rimpianti. Il centrale della difesa bianconera fa un'ottima partita in fase difensiva, annullando prima Pazzini e poi il suo sostituto Niang. Allo stesso tempo, però, è sempre lui che spesso da il là ai contropiedi rossoneri sbagliando l'appoggio con i centrocampisti, e che proprio a tempo scaduto regala una punizione al limite con un fallo piuttosto ingenuo. Il ragazzo è così, prendere o lasciare. Due facce.
Traoré, voto 6: Da assoluta meteora, a quasi eroe per una notte. Il centrocampista maliano, che doveva essere uno dei rinforzi a parametro zero dell'estate rossonera, finora aveva visto il campo solo una volta in campionato, e secondo molti ha già le valigie pronte. Nondimeno, Allegri decide di mandarlo in campo quando capitan Ambrosini alza bandiera bianca. Il ragazzo non si tira indietro, gioca discretamente durante i tempi supplementari, e ha addirittura sui piedi la palla del clamoroso pareggio. Peccato per lui che Storari gli neghi il gol che, forse, gli avrebbe permesso di lasciare un piccolo segno negli annali del Milan. Carneade.

lunedì 7 gennaio 2013

IL MIO CAGLIARI/ 19°T.

Immagine tratta da cagliaricalcio.net e modificata su cartoonize.net
STRETTE DI MANO E PACCHE SULLA SPALLA = SERIE B

Bravi, complimenti, quanta grinta, che bei giocatori, ma no, i punti non sono per voi. 
Tante congratulazioni alla prestazione della squadra, ma dall' Olimpico non si riesce a portar via neppure un punto. Sembra la ripetizione delle ultime tragicomiche partite: si passa in vantaggio, come con la Juve al 75' si vinceva 1-0, e si viene travolti nel quarto d' ora finale.
Con tanto di corollario di rigori ed espulsioni.
Si è perso anche sabato. 1-2. Per la 10a volta in stagione. Si conclude il girone di andata in Serie B, al terzultimo posto, ha fatto peggio solo il derelitto Palermo ed il penalizzato Siena che senza la punizione sarebbe un punto davanti.
La situazione è seria. Serissima. 9 partite 2 punti. 6 k.o. consecutivi, come mai era accaduto in tutta la storia rossoblù.
Il Cagliari si è presentato aggressivo e spavaldo nella tana della Lazio. Con Astori e Pisano squalificati, difesa obbligata con Perico e Del Fabro, buon esordio da titolare per l' algherese in A come marcatore di Klose. Classica rinuncia a Cossu, per un centrocampo più di sostanza: Dessena, Conti, Ekdal e davanti a loro Nainggolan. E' un centrocampo molto forte, sia fisicamente sia tecnicamente. Contrasta, recupera e imposta incursioni offensive.
In avanti, con Pinilla al solito indisponibile, viene scelta la coppia tutta velocità Sau- Ibarbo, che fanno un figurone. Il colombiano è fortissimo, ma si accende ad intermittenza perchè non è una punta. E' un' ala destra, un centrocampista destro. Nè una prima nè una seconda punta. Quando lo si metterà sull' out di destra in un sistema di gioco adatto, farà sfracelli. Il numero 27 sardo è un mini- Di Natale, lotta, si sbatte ed è tecnicamente ottimo, la rete che porta il Cagliari in vantaggio è un suo capolavoro che si insacca all' angolino al 17' st. Ed è proprio il 17, il funesto numero mai amato dal Presidente Cellino (al punto da impedire il suo utilizzo sia allo stadio che nei numeri di maglia dei suoi atleti), che probabilmente fa intuire il crollo imminente.
A livello scaramantico, si può anche discutere sull' ingresso di Nenè sullo 0-1 e al 75', sia al Tardini contro la Juve, che all' Olimpico contro la Lazio. Ed entrambi i match sono finiti in maniera disastrosa. A questo punto, due indizi fanno una prova.
Come con la Juventus, negli ultimi 15-20 minuti, il crollo fisico costringe la squadra a rintanarsi dietro: così arriva, su una disattenzione da calcio d' angolo, il pari di Konko, a 10 dalla fine.
Il pareggio sarebbe stato giusto, ma l' arbitro versione Babbo Natale, Befana, o semplicemente scarso, rovina due partite del Cagliari in un colpo solo: al minuto 85 Klose si presenta in posizione defilata davanti ad Agazzi che esce con le braccia protese, il tedesco tira e manda fuori, ma l' inerzia dei due corpi fa sì che vengano al contatto, dopo che il tiro termina alto.
Non è rigore, il calciatore non viene disturbato nell' atto del tiro.
Ma per Orsato e i collaboratori no: oltre al rigore, arriva l' espulsione per doppio giallo di Agazzi, ed il rosso diretto per Cossu per proteste, che saranno dunque squalificati nella gara vitale contro il Genoa.
Candreva segna il rigore, la Lazio vince, il Cagliari in 9 non può opporsi. Partita finita. Lazio seconda, Cagliari terzultimo. Tutti ad elogiare e incensare la Lazio come grandissima squadra che vince anche nelle giornate no e che non molla mai. Se in una giornata no ti regalano un rigore e due espulsioni a tuo favore, anche il Siena sarebbe una grandissima squadra. Il problema è che questi errori evidenti, penalizzeranno i rossoblù, con due squalifiche, anche in un match importantissimo come quello della prossima domenica.
Nel suo delirio di onnipotenza il direttore di gara caccerà anche Pulga (nel primo tempo) ed il fisioterapista Congiu, sempre per proteste.
Un accanimento francamente eccessivo. 4 tesserati espulsi e un rigore immaginato.
Probabilmente il panettone si è fatto sentire sulla quaterna arbitrale.
Bravi, bravissimi, grintosi, forti, complimenti. Ma punti zero. E la classifica piange.
Si ha un centrocampo molto forte, un attacco tecnico, veloce e potente, Astori in difesa è appetito da tutti, ma anche ieri, si sono subiti 2 gol, 1 palo e 1 traversa. La fase difensiva è molto deficitaria. Il Cagliari ha la peggior difesa della Serie A.
Si gira al girone di ritorno in Serie B.
Speriamo di avere qualche giornata no anche dalle parti della Sardegna, perchè non si sa più a che santo appellarsi. 

Pagelline: Agazzi 6; Perico 6, Rossettini 6, Del Fabro 6, Avelar 5; Dessena 6 (56' Cossu 5), Conti 6,5, Ekdal 6,5; Nainggolan 6,5; Ibarbo 6,5 (85' Avramov sv), Sau 7 (75' Nenè sv).
Pulga-Lopez 6,5.

PAGELLARIO SERIA A: DICIANNOVESIMA GIORNATA

Immagine tratta da vivoazzurro.it
Ultima giornata di andata di questo appassionante campionato di serie A, e primo pagellario del 2013 per noi. Vediamo chi sono stati i protagonisti in positivo e in negativo di questa domenica.
MIGLIORI
Antonio Di Natale: Anno nuovo, vecchie abitudini in casa Udinese. Ci saranno anche tanti talenti giovani e pronti ad esplodere, ma il punto di riferimento della squadra è e rimane sempre l'esperto numero 10, un giocatore che sembra migliorare con il passare delle stagioni, come il vino. Contro l'Inter, Totò inizia abbastanza in sordina, anche se timbra una traversa incredibile su punizione; ma è nel secondo tempo che spacca in due la partita, capitalizzando al meglio un lancio in profondità e realizzando il gol che, di fatto, indirizza la sfida. Non contento, si rende pericoloso in almeno altre due occasioni, prima di chiudere definitivamente la gara con la seconda rete personale, la dodicesima in campionato. E' stato il miglior attaccante italiano del 2012 per gol segnati, e a Udine è ormai in cantiere una statua con il suo volto. Voto 7,5.
Mattia Perin: In molti a Firenze devono essersi chiesti se quello che difendeva la porta del Pescara ieri pomeriggio fosse davvero lui, oppure Superman travestito da Perin. Il giovanissimo portiere di scuola Genoa è stato, fino a questo momento, una delle note più liete della stagione degli abruzzesi, segnalandosi sempre con prestazioni di alto livello nonostante i molteplici gol incassati. Contro la Fiorentina, Perin è stato decisivo in più di un'occasione, rendendosi protagonista di almeno cinque parate decisive nel solo primo tempo, e risultando fondamentale per la vittoria della sua squadra, che nel secondo tempo ha clamorosamente espugnato il Franchi. Agile e reattivo tra i pali, con un po' di esperienza questo ragazzo può davvero diventare il portiere del futuro per l'Italia. Voto 8.
Mauro Icardi: Sembrava in procinto di partire per disputare il Campionato sudamericano Under 20 con la sua Argentina, invece è rimasto a Genova ed è diventato l'eroe del giorno. Talentino cresciuto nel vivaio del Barcellona, molto apprezzato anche dal tecnico Guardiola, è arrivato alla Sampdoria nel 2011, e da allora in tanti stavano aspettando la sua esplosione ad alti livelli. Già a segno una volta in serie B nella scorsa stagione, quest'anno Icardi era già entrato nel cuore dei tifosi con un'ottima prestazione nel derby con il Genoa, condita anche dal suo primo gol in A. Ieri è stata la sua apoteosi: doppietta di carattere e grinta sul campo della Juventus campione d'Italia, decisiva per regalare il successo alla sua squadra, che era anche in 10. Restando in tema di giovani interessanti, eccone un altro di cui sentiremo parlare a lungo in futuro. Voto 7,5.
Edinson Cavani: Tra tante giovani promesse di questo campionato, ecco un giocatore che ormai è diventato una certezza, anche in questo pagellario. Se in Spagna Messi, Ronaldo e Falcao segnano gol a raffica, in Italia c'è lui, il Matador, che non perde mai il vizio di buttarla dentro. Contro la Roma, Cavani è il protagonista assoluto della partita, realizza una tripletta e sfiora più volte il poker personale, oltre a creare spazi per i compagni e aiutare sempre in fase difensiva. Con quelli di ieri è arrivato a venticinque centri in ventitré partite stagionali, complessivamente è già a 91 gol con la maglia del Napoli, il tutto in appena due stagioni e mezza. Si parla tanto di top player che giocano all'estero, di sicuro lui è miglior giocatore del campionato italiano in questo momento, e tutta una città continua a sognare grazie a lui. Voto 9.
PEGGIORI
Francesco Lodi: Non è stato un sabato da ricordare per il centrocampista del Catania, che di sicuro sperava di fare ben altra impressione alle tante squadre, Inter in testa, che lo tengono in considerazione per questo mercato di gennaio. Nato come trequartista ed esterno offensivo, l'anno scorso è stato inventato da Montella nel ruolo di regista, e con il suo rendimento è arrivato a sfiorare la convocazione in Nazionale. Quest'anno, Lodi sta disputando un'altra buona stagione insieme alla squadra siciliana, ed è sempre oggetto di indiscrezioni per un suo trasferimento in una grande squadra. Saranno state queste voci a infastidirlo, fatto sta che il ragazzo sabato contro il Torino ha mostrato un nervosismo eccessivo, reagendo con un pugno al fallo di un avversario e ricevendo un cartellino rosso dopo appena un quarto d'ora di gioco. Un brutto gesto, che di sicuro ha fatto scendere la sua valutazione, ora starà a lui dimostrare sul campo che si è trattato solo di un brutto momento. Voto 4.
Jonathan: Ieri, dopo la partita con l'Udinese, qualcuno in casa nerazzura dev'essersi chiesto se ci sia una maledizione che impedisca ai giocatori di realizzare i gol facili. Dopo l'incredibile palo a porta vuota di Livaja contro il Genoa, è stata la volta dell'esterno brasiliano, che a inizio secondo tempo al Friuli si è mangiato un gol incredibile, calciando fuori da pochi passi il pallone che avrebbe potuto cambiare il corso della gara. Non è davvero un buon periodo per il giocatore, arrivato in Italia per non far rimpiangere Maicon e finito presto tra le riserve dell'organico di Stramaccioni. Pochissime le sue apparizioni in campionato, poco convincenti le partite che ha disputato in Europa League, per Jonathan il futuro a Milano è sempre più incerto. E dopo un errore come quello di ieri, difficilmente troverà un'altra maglia da titolare in campionato. Voto 4,5.
Gianluigi Buffon: Per una volta, anche il numero 1 dell'Italia finisce dietro la lavagna. Nel giorno in cui il suo giovane erede Perin fa il fenomeno a Firenze, il portierone azzurro si rende protagonista in negativo nella sorprendente sconfitta interna della Juventus contro la Sampdoria. E' evidente il suo errore sul primo gol di Icardi, quando è posizionato male e si lascia sorprendere su un tiro che non appare irresistibile, e anche sulla seconda rete ha qualche colpa, visto che lascia scoperto il suo palo. Per una squadra che concede pochissimo grazie alla sua difesa, il ruolo del portiere è sempre fondamentale, perché deve farsi trovare sempre pronto nelle rare occasioni in cui viene chiamato in causa. Ieri Buffon non è stato all'altezza della sua fama, ma siamo certi che saprà riscattarsi presto. Voto 4,5.
Mattia Destro: Nella sfida dei bomber tra lui e Cavani, il risultato finale è piuttosto deciso e impietoso: tre gol e tanti pericoli creati dal Matador, un paio di tiri imprecisi e poco pericolosi per l'attaccante di scuola Inter. Arrivato alla Roma in estate dopo una grande stagione a Siena, Destro è sempre stato considerato uno degli elementi fondamentali nel progetto giovani della squadra di Zeman, e nell'ultima parte della stagione si è guadagnato la fiducia del tecnico e una maglia da titolare, iniziando a trovare anche una discreta continuità in zona gol. Ieri non è stata decisamente la sua partita, ha dialogato poco e male con i compagni, e non ha sfruttato a dovere le poche occasioni avute per fare gol. Per di più, il suo sostituto Osvaldo è riuscito a segnare dopo pochi minuti dal suo ingresso in campo, più beffa di così...Voto 5.