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domenica 20 gennaio 2013

LA CADUTA DEL TEXANO DI GHIACCIO

Immagine tratta da csmonitor.com
E' stata definita la confessione del secolo, uno degli eventi più importanti di sempre nella storia dello sport, lo scandalo più grave per il ciclismo mondiale. Dopo mille voci, ipotesi e supposizioni, finalmente uno degli atleti da sempre più discussi e più chiacchierati nella storia delle due ruote gettava la maschera e decideva di ammettere tutte le sue colpe, nascoste per anni in un alone di glorie e trionfi che, a questo punto, perdono tutto il loro significato. Lance Armstrong finalmente confessa, rivela quelle che all'inizio sembravano voci maligne e invidiose, e ora si scoprono quanto mai fondate: sì, tutti i 7 Tour vinti da lui erano frutto del doping, di un cocktail di sostanze proibite che rendevano il Cowboy imprendibile per i suoi avversari. Era tutto finto, niente di quello che abbiamo ammirato per anni sulle strade francesi era vero, migliaia e migliaia di persone hanno esultato per vittorie che si sono effimere, ottenute con l'inganno e non solo grazie alla fatica.
Il giorno dopo la seconda parte della confessione di Armstrong, rilasciata in Tv dal texano alla nota conduttrice Oprah Winfrey, quello che resta è un senso di amarezza profonda, di sconforto, di tristezza infinita per questa vicenda, che getta un'ulteriore ombra cupa sul mondo dello sport e in particolare del ciclismo, già massacrato da scandali e casi di doping illustri. E' davvero difficile trovare le parole da parte di chi, come il sottoscritto che scrive questo articolo, ha vissuto quegli anni con gli occhi del ragazzino appassionato di sport, che vedeva in questi atleti dei miti capaci di imprese epiche, straordinarie, e adesso scopre che i suoi eroi erano solo un enorme bluff. Per anni ci è stata raccontata la storia, a tratti commovente, di quest'uomo venuto dal Texas, capace di sconfiggere il cancro, il più terribile dei suoi avversari, di tornare alle corse e di diventare un fenomeno del ciclismo. Intendiamoci, non era un brocco prima dell'operazione e della malattia, visto che era diventato campione del Mondo ad appena 22 anni e si era aggiudicato un paio di tappe al Tour, su tutte quella del 1995, con la commovente dedica al compagno di squadra Fabio Casartelli, morto tre giorni prima per una caduta. Da questo, però, ad arrivare a 7 vittorie consecutive al Tour de France, per di più dopo il terribile calvario che aveva vissuto, ci voleva davvero qualcosa di speciale, di unico, di impensabile. Il ragazzino dell'epoca pensava quasi ad un regalo del cielo, ad una forza straordinaria che andava a risarcire Lance per quello che aveva vissuto, e gli rendeva con gli interessi quelle gioie che aveva rischiato di non poter mai più vivere. Il giovane di oggi si accorge tristemente che il destino non c'entra, e che era tutto frutto di quella maledetta sostanza chiamata EPO, un nome che colpisce al cuore tutti gli appassionati delle due ruote con la stessa violenza di un pugno sotto il mento.
Tutto finto dunque, le vittorie, gli scatti violenti e imperiosi in salita, le cronometro perfette, il sorriso sul podio con la maglia gialla cucita addosso. L'unica cosa vera, è la freddezza con cui Armstrong racconta queste pratiche dopanti, con cui affronta il peso delle accuse senza battere ciglio, come se quella pratica fosse una routine quotidiana e assolutamente normale. "Come riempire le borracce o mettere aria nelle gomme", riprendendo le sue stesse parole. E' questo il lato più agghiacciante di tutta questa vicenda: Armstrong confessa non perché è pentito di quello che ha fatto, ma semplicemente perché è costretto dalle circostanze e solo in questo modo può provare a ripulire un po' la sua immagine, ormai irrimediabilmente sporca. Secondo il suo principio, che colpa ha un atleta se in gruppo tutti o quasi sono dopati? Lo fanno tutti, perché non dovrei farlo anche io? Anzi, visto che io vinco su tutti prendendo le stesse sostanze, vuol dire che sono veramente il più forte. Questo, ahime, è il punto di vista di chi non ha capito davvero quello che ha fatto, di chi non ha mai compreso quali sono i valori dello sport, il significato della vera fatica. Non ci si può riparare dietro la cortina del "Tutti lo facevano" per sentirsi innocenti, non può e non deve bastare una confessione così priva di pentimento e di sincerità. Armstrong è umano solo quando vengono coinvolti i suoi figli, i suoi primi difensori, ma è l'unico momento in cui dimostra questo lato di sé, quando racconta del doping è lo stesso, freddo personaggio che vinceva le corse con strategia, calcolo e lucidità, un robot senza una vera anima. Non è una confessione, la sua, è un mea culpa poco convinto e che appare pieno di lacune, con omissioni e tante verità tenute nascoste per proteggere qualcuno. Lo testimonia anche il fatto che per anni il texano si era sempre dichiarato innocente, vantandosi di non essere mai stato trovato positivo ad un controllo, usando tutti i mezzi possibili per screditare chi lo accusava di aver fatto uso di sostanze proibite per  arrivare alla vittoria. Armstrong non è redento, forse non basterà tutta la vita per fargli capire qual è stata la portata del suo errore, e quello che ha provocato oggi la sua confessione nel cuore di migliaia di tifosi e appassionati.
Da questa sua intervista, di sicuro, il ciclismo riparte con un campione in meno e tanti dubbi in più, con la consapevolezza che lo spettro del doping è sempre fortissimo, e ben lontano dall'essere sconfitto. Per prima cosa, però, va sconfitta proprio quell'idea che ha portato Armstrong a fare tutto questo, quel principio secondo cui in un mondo di colpevoli tutti diventano innocenti. Partendo dai ragazzini, facendo loro capire la bellezza di una competizione sana, fatta solo di fatica e di volontà, in cui la vittoria non è l'unica cosa che conta. Solo così, partendo dalla testa e dalla preparazione di questi futuri campioni, potremo sperare di non dover mai più assistere alla nascita di un nuovo Armstrong, colui che molti vedevano come un mito, uno dei più grandi campioni di sempre, e che si è rivelato l'ennesimo colosso di pietra con le gambe d'argilla.

mercoledì 8 agosto 2012

PUNTO OLIMPICO N. 11

Immagine tratta da rosmarinonews.it
Giornata poco positiva per i colori azzurri in queste Olimpiadi di Londra 2012, che per una volta non hanno portato a casa altre medaglie. Vediamo chi sono stati i migliori e i peggiori di oggi.
I MIGLIORI
Josefa Idem (canoa): Credo che siano finiti gli aggettivi per descrivere questa fantastica atleta: con le gare disputate oggi, ha ufficialmente preso parte a ben 8 edizioni consecutive dei Giochi Olimpici, le prime due con la Germania Ovest, le altre con i colori azzurri. Nel 1984, a Los Angeles, aveva appena vent'anni, oggi va per i quarantotto, e gareggia contro atlete che potrebbero tranquillamente essere sue figlie. Eppure, nonostante l'avanzare degli anni, nel K1 500 metri continua a spiegare a tante avversarie come si fa a vincere: un'eliminatoria in scioltezza, senza forzare troppo, una semifinale a tutta forza, imponendosi con il suo ritmo e strappando l'ennesima finale olimpica della carriera. Giovedì mattina tornerà nuovamente in acqua, per giocarsi ancora una volta una medaglia e riscrivere la storia, dopo aver già vinto un oro, due argenti e due bronzi olimpici. E anche se non dovesse arrivare un podio, nessuno potrebbe rimproverare niente a questa fantastica atleta, perché arrivare così in alto a quest'età è già una strepitosa vittoria. Semplicemente immensa, infinita Josefa, un vero esempio di voglia e di tenacia.
Vanessa Ferrari (ginnastica): Merita di essere tra le note positive di oggi, come meritava decisamente di ottenere una medaglia e di ricevere un rispetto maggiore per quanto fatto in questi anni. Esplosa alla vigilia delle Olimpiadi di Pechino, in cui era stata la più giovane tra le atlete azzurre, aveva incontrato molte difficoltà in seguito ad un infortunio, non riuscendo in quell'edizione dei Giochi a dare il massimo. Era andata avanti, nonostante alcune difficoltà e altri problemi fisici, era tornata alla forma migliore e si era presentata a Londra con serie ambizioni di medaglia. Dopo un'ottima prova nella competizione a squadre, si era guadagnata la finale con il terzo punteggio complessivo, il che legittimava le sue velleità di podio. Purtroppo, in finale è arrivata la crudele beffa del quarto posto, benché sia giunta a pari punti con la russa Mustafina: in questi casi, infatti, prevale il voto dell'esecuzione, che è stato più alto per la russa. Una vera delusione, che la povera Vanessa non meritava.
Chris Hoy (ciclismo): Dalla disciplina che ha regalato più soddisfazioni ai padroni di casa, il ciclismo su pista, è arrivato un altro oro per la squadra britannica, e questo sa veramente di leggenda; perché con questo successo, oltre ad essere arrivata la settima vittoria inglese in dieci competizioni su pista in queste Olimpiadi, un uomo è entrato definitivamente nella storia dello sport. Con il trionfo di oggi, Sir Chris Hoy è diventato l'atleta inglese con il maggior numero di ori olimpici, ben sei, superando il fenomeno del canottaggio Steve Redgrave, che si fermò a cinque successi, e raggiungendo Bradley Wiggins al primo posto tra i britannici più medagliati di sempre. Oggi, nel keirin, ha compiuto molto probabilmente l'ultima impresa della sua strepitosa carriera: in una gara durissima contro il tedesco Levy, è stato in testa fin dall'inizio, ha subito il sorpasso dell'avversario nell'ultimo giro, ma ha avuto la forza di reagire e riportarsi davanti, tagliando per primo il traguardo. Il modo migliore per concludere la sua esperienza da atleta, ed entrare ancora di più nella leggenda dello sport olimpico e mondiale.
Ilya Zakharov (tuffi): Il sogno della Cina, che sperava di vincere per la prima volta la medaglia d'oro in tutte le gare di tuffi di questa Olimpiade, si è infranto davanti alla classe e alla bravura di questo giovane atleta russo. Classe 1991, Zakharov è un atleta emergente nella disciplina, che si è imposto per la prima volta sulla scena agli Europei del 2010 e ai Mondiali del 2011, conquistando complessivamente quattro medaglie, tutte d'argento, come se gli mancasse ancora qualcosa per arrivare al successo. Quest'anno, il salto di qualità è stato compiuto definitivamente: dopo l'argento nella piattaforma 3 metri sincro, infatti, il russo si è presentato con grande sicurezza alla prova individuale, sfidando lo strapotere del campione cinese He e del suo connazionale Qin fin dalle eliminatorie, concluse al primo posto. Dopo il secondo posto in semifinale, Zakharov si è preso la rivincita nella finale, conclusa con punteggi altissimi, tanti 10 nella parte finale della gara, e un ultimo tuffo praticamente fantastico, da oltre 100 punti. La medaglia d'oro oggi è meritatamente sua, con buona pace dei cinesi.
I PEGGIORI
Liu Xiang (atletica): L'uomo che quattro anni fa aveva fatto piangere quasi un miliardo e mezzo di persone oggi è riuscito nell'impresa di fare altrettanto. A Pechino, tutti attendevano con ansia la prestazione dell'ostacolista padrone di casa, già campione olimpico quattro anni prima e serio candidato per il bis. Invece, un infortunio al tendine d'Achille costrinse Liu a dare forfait davanti al suo pubblico, che si trovò davanti ad un vero e proprio dramma nazionale. Quest'anno era arrivato a Londra per rifarsi da quella cocente delusione, per battere tutti i rivali e dimostrare che il più forte è ancora lui. Invece la maledizione olimpica si è ripetuta: nelle qualificazioni, il cinese ha centrato in pieno il primo ostacolo, crollando a terra e dicendo subito addio ai suoi sogni di rivalsa. Una vera beffa per lui, che nella caduta si è anche infortunato seriamente, ed è stato costretto a finire la gara su una gamba sola, ricevendo poi il sostegno di tutti i suoi avversari e l'applauso dell'intero stadio, che ha capito il suo dramma e l'ha comunque incoraggiato. Il suo bacio all'ultimo ostacolo è sembrato un saluto non solo all'Olimpiade, ma alle gare in genere: vedremo se ci ripenserà.
Adam Krikorian (pallanuoto): Per qualche minuto, l'allenatore americano della squadra femminile di pallanuoto deve essersela vista davvero brutta: per un suo errore, infatti, le sue ragazze hanno rischiato seriamente di veder sfuggire i loro sogni di vittoria. Nella semifinale tra Stati Uniti e Australia, a poco più di un minuto dalla fine di una partita dura e tirata, le americane si sono portate in vantaggio, e hanno cercato di resistere a tutti gli attacchi delle australiane. A un secondo dalla fine, con il pallone uscito dal campo, l'allenatore americano chiede time out, convinto che il possesso sia per la sua squadra. Invece gli arbitri assegnano la palla all'Australia, e per regolamento, siccome non si può chiedere una sospensione se non si è in possesso del pallone, concedono un rigore contro le americane, che riporta il punteggio in parità. Una vera e propria ingenuità da parte di Krikorian, allenatore molto esperto, che per una volta è stato tradito dall'emozione e ha rischiato di compromettere tutto. Per fortuna le sue ragazze si sono imposte dopo i supplementari, scacciando i cattivi pensieri dalla testa del loro allenatore.
I giudici (ginnastica): Diciamola tutta: assistere ogni volta a dispute perché i giudici hanno favorito un atleta a danno di un altro ci ha stufati, è qualcosa che stride terribilmente con lo spirito sportivo dei Giochi Olimpici. Oggi si sono verificati due episodi paradossali, al limite del ridicolo, che gettano nuove ombre sul sistema dei punteggi e dei giudizi nella ginnastica. Prima l'americana Raisman, giunta quarta nella trave, ha ottenuto il terzo posto a danno della rumena Podor dopo un ricorso, perché il suo punteggio di partenza era stato calcolato male. Poi proprio la Podor, sfavorita e forse danneggiata in precedenza, ha ricevuto una valutazione forse eccessiva nel corpo libero a danno della nostra Vanessa Ferrari, penalizzata invece più del giusto e costretta ad un amarissimo quarto posto. Bisogna rivedere qualcosa in questo genere di competizioni, lo dicevamo per i tuffi e lo ripetiamo oggi: il giudizio umano è estremamente soggettivo, per questo bisognerebbe forse fare ricorso alla moviola per chiarirsi di più le idee e rivedere alcune scelte magari affrettate. A ciò si aggiungono le regole da cambiare: possibile che se due atlete giungono a pari punti viene premiato il giudizio sull'esecuzione rispetto al punteggio di partenza? E' normale che chi porta un esercizio più semplice ha più possibilità di fare bene. Un ex-aequo in questi casi non potrebbe essere la scelta migliore?
L'Italvolley (pallavolo): La vera delusione della giornata, stavolta senza giustificazioni di sorta, viene dalle nostre pallavoliste, che per l'ennesima volta interrompono ai quarti di finale il loro cammino nelle Olimpiadi. Dopo la vittoria nella Coppa del Mondo dello scorso anno, la squadra di Barbolini sembrava finalmente pronta a dare la caccia all'unico titolo che le mancava, ovvero l'oro olimpico. Le premesse c'erano tutto, il gruppo era forte e molto esperto, con un buon mix di atlete giovani e promettenti e di veterane probabilmente all'ultima competizione in Nazionale. Invece, dopo aver disputato una fase a gironi più che positiva, con tre vittorie e una sola sconfitta al tie-break contro la temibile Russia, l'Italia si è sciolta contro la Corea del Sud, avversaria dura ma di certo non imbattibile. Come ad Atene 2004 e a Pechino 2008, alle azzurre è mancata la tranquillità, la capacità di gestire il momento importante e il peso di una sfida a eliminazione diretta. Poca incisività in attacco, errori talvolta banali e imprecisione in fase di ricezione, cambi dalla panchina che non hanno cambiato la gara: dopo il primo set vinto, le ragazze si sono man mano spente, consegnando alle coreane il pass per le semifinali. Ancora una volta, per l'ennesima volta, la loro avventura olimpica è finita male e decisamente troppo presto.

venerdì 3 agosto 2012

PUNTO OLIMPICO N.6

Immagine tratta da csmonitor.com
Siamo arrivati al sesto appuntamento con la rubrica che designa i migliori e i peggiori in ciascuna giornata di queste Olimpiadi del 2012. Vediamo chi sono i personaggi che abbiamo scelto oggi.
I MIGLIORI
Romano Battisti-Alessio Sartori (canottaggio): Dopo alcune difficoltà e qualche polemica di troppo (da parte del veterano Galtarossa, ne parleremo dopo), finalmente arriva una soddisfazione dal canottaggio italiano. I ragazzi del due di coppia hanno disputato una finale intelligentissima, perfetta a livello tattico: una prima metà di gara di attesa, controllando tutti gli avversari più pericolosi e lasciando sfogare gli sloveni, una seconda a tutta e con un finale in assoluto controllo della situazione. Solo la coppia neozelandese, esperta e davvero imbattibile, è riuscita a mettere la sua prua davanti a quella dei due italiani, che hanno festeggiato questo argento come e più di un oro. E dire che hanno iniziato a remare insieme da nemmeno un anno, e che fino ad aprile non erano nemmeno nel gruppo dei convocati...un ripensamento più che provvidenziale, non c'è dubbio!
Chris Hoy (ciclismo): Il ciclismo è diventato una vera fonte di medaglie per i britannici, che dopo la vittoria di ieri di Wiggins nella cronometro (settima medaglia olimpica per lui, record nazionale) si è aggiudicata un altro oro, stavolta nell'inseguimento a squadre. Tra i protagonisti, spicca il nome di Sir Chris Hoy, trentaseienne corridore di Edimburgo, che è stato decisivo nel piazzare lo sprint che ha permesso agli atleti di casa di avere la meglio sull'agguerritissima Francia e di realizzare il nuovo record del Mondo. Per lui, portabandiera scelto da tutti i componenti della spedizione britannica in queste Olimpiadi, si tratta del quinto oro olimpico e della sesta medaglia in totale, il che lo rende uno degli atleti più titolati di sempre in patria. Visto che mancano ancora alcune gare, chissà che non decida di aumentare ancora il suo bottino.
Serena Williams (tennis): C'è poco da fare, sull'erba di Wimbledon l'americana si sente davvero a suo agio, come se ormai il campo londinese fosse di sua proprietà. In un paio d'ore gioca dapprima il singolare, distruggendo senza troppi patemi la danese Wozniacki, ex numero 1 del Mondo, poi il doppio con la sorella maggiore Venus, contro le nostre Vinci e Errani, e anche il questo caso il match è senza storia. A quasi 31 anni, e dopo aver già portato a casa due medaglie d'oro olimpiche in coppia con la sorella, Serena vuole conquistare l'ultimo trofeo, quello che manca in una bacheca a dir poco fantastica: l'oro nel singolare femminile. Domani ci sarà la bielorussa Azarenka a cercare di bloccarle la strada, e poi ci proveranno le russe Petrova e Kirilenko a tentare di fermarla nel doppio. In bocca al lupo alle sue avversarie, ne hanno davvero bisogno!
Il fioretto femminile (scherma): Se Dumas fosse ancora in vita, bisognerebbe fargli riscrivere uno dei suoi romanzi più celebri: i quattro moschettieri sono donne in realtà, e purtroppo per i francesi vengono dall'Italia. Valentina Vezzali è Athos, per la saggezza e l'esperienza con cui gestisce ogni gara. Arianna Errigo è Porthos, perché ad ogni assalto traspaiono la vitalità e l'irruenza di chi vuole godersi la vita. Elisa Di Francisca è Aramis, perché tira con una classe e una signorilità incredibile. Ilaria Salvatori è D'Artagnan, perché si unisce al trio di campionesse e fa la sua parte. Tre incontri senza storia, avversarie infilzate in maniera inesorabile, come se si trattasse di un allenamento. C'è gloria per tutte e quattro le nostre fantastiche atlete, che ribadiscono ancora una volta chi sono le padrone del fioretto femminile. Semplicemente perfette.
I PEGGIORI
La squadra azzurra (nuoto): Che qualcosa non andasse si sapeva: gli sguardi erano tesi, le accuse lanciate e poi in parte ritirate da Magnini avevano smosso un po' le acque, i risultati mancati avevano esasperato la situazione. Oggi le dichiarazioni di Orsi hanno fatto definitivamente esplodere la bomba e hanno mostrato a tutti quanto sia spaccato e rovente lo spogliatoio italiano del nuoto. Forse qualcuno dei nostri si è dimenticato che essere un campione vuol dire gettarsi in acqua e lavorare duro, non aprire bocca e rilasciare dichiarazioni al vetriolo sui giornali. Marin aveva già accusato Magnini, appena un anno fa, di non essere un capitano all'altezza, ma sembravano parole dovute al rancore per la loro vita sentimentale. Col senno di poi, moltissime cose dovevano essere gestite in modo diverso, perché così abbiamo dato davvero una pessima immagine di noi e del nostro movimento sportivo.
Giuseppe De Capua (canottaggio): Da una polemica all'altra, in puro stile italiano. Subito prima della finale del due di coppia, che ha visto poi gli azzurri Battisti e Sartori vincere l'argento, l'esperto Galtarossa lancia accuse pesanti sul c.t. del canottaggio De Capua, a suo dire inadeguato a gestire il gruppo italiano. A suo dire, contro l'allenatore sarebbe stata presentata, addirittura un anno fa, una lettera di sfiducia firmata da 15 atleti, che la Federazione non prese in considerazione. Se Galtarossa ha il dente avvelenato perché non è mai sceso in acqua (è stato scelto come riserva), non si può dire lo stesso del duo Battisti-Sartori, che dopo il podio rincarano la dose lamentandosi di essere stati lasciati da soli e di essersi dovuti preparare praticamente da soli. Inoltre, le due barche su cui più puntava la Federazione, quattro di coppia e quattro senza, hanno fallito la finale. Se tre indizi fanno una prova, il povero Di Capua farà bene a cercarsi un bravo avvocato...
Francesco D'Aniello (tiro a volo): Quando ti presenti ad un'Olimpiade dopo aver vinto una medaglia nell'edizione precedente, tutti si aspettano grandi cose da te, anche se sono passati quattro anni e tante cose sono cambiate. Oggi l'Italia riponeva molte speranza di medaglia nel quarantatreenne laziale, già argento a Pechino nel double trap, oltre che nel suo compagno Di Spigno. Purtroppo, ancora una volta in questi Giochi, i nostri atleti hanno tradito le attese fallendo entrambi la finale, ma quella che fa più male è senza dubbio l'eliminazione di D'Aniello, fuori per un piattello sbagliato di troppo dopo un inizio promettente. Dall'atleta azzurro, due volte campione del Mondo a livello individuale e una volta di squadra, ci si aspettava decisamente una prova diversa. Peccato.
La Nazionale Spagnola (basket): L'incredibile ha rischiato di verificarsi intorno alle 23 italiane: la nazionale di pallacanestro britannica, una vera e propria Cenerentola in questo sport, ha perso di un solo punto contro il titolato team spagnolo, vicecampione olimpico e bicampione d'Europa in carica. Gli iberici non hanno giocato benissimo, ma trascinati dal loro totem Pau Gasol e da un gruppo decisamente superiore erano arrivati a +6 a quaranta secondi dalla fine della gara. Poi, un blackout totale in difesa, le triple dei padroni di casa a riaprire la gara, e solo i liberi di Calderon e un fallo non speso dai britannici chiudono la sfida. Si sente l'assenza dell'infortunato Navarro in regia, e se un calo di tensione in girone si può accettare, nelle sfide a eliminazione diretta si pretende qualcosa di diverso, anche perché Team USA non sembra disposto a fare regali a nessuno.

giovedì 2 agosto 2012

PUNTO OLIMPICO N. 5

Immagine tratta da tafter.it
Eccoci arrivati al quinto appuntamento con la nostra rubrica sui migliori e i peggiori di questa giornata delle Olimpiadi di Londra 2012. Vediamo chi sono i promossi e i bocciati di oggi.
I MIGLIORI
Greg Searle (canottaggio): Più delle sue connazionali Glover e Stanning, che hanno rotto la maledizione dell'oro vincendo la gara del due senza, merita la copertina questo "ragazzino" britannico, che a 40 anni si è tolto la soddisfazione di vincere il bronzo nell'otto. Autentico veterano del canottaggio, Searle ha alle spalle una carriera lunghissima, in cui ha partecipato già a tre Olimpiadi oltre a questa; ha vinto un oro a Barcellona 1992 nell'ultima edizione del due con in coppia con il fratello, battendo i nostri Abbagnale, e un bronzo nel quattro senza ad Atlanta 1996, mentre a Sidney 2000 è arrivato quarto nel due senza. Si era ritirato, subito dopo questa delusione, aggregandosi all'equipaggio britannico dell'America's Cup, salvo fare marcia indietro e tornare alle gare nel 2010, e conquistare questa nuova, incredibile medaglia olimpica, vogando con ragazzi che potrebbero essere tranquillamente suoi figli.
Kristin Armstrong (ciclismo): Parlando di veterani, merita una citazione questa ciclista statunitense, che a quasi trentanove anni ha ottenuto un incredibile bis nella cronometro olimpica, confermando l'oro conquistato  a Pechino. Autentica specialista della disciplina, in cui ha vinto due ori, un argento e un bronzo nei Mondiali, l'americana ha disputato un'altra gara fantastica contro il tempo, mettendosi dietro rivali agguerrite come la Arndt, la Zabelinskaya, la Villumsen e la Vos. Una grande conferma per lei, che vale ancora di più se si considera che la Armstrong, dal 2009 al 2011, aveva lasciato temporaneamente il ciclismo per dare alla luce il suo primo figlio. Spesso confusa con la ex-moglie del grande campione americano Lance Armstrong (anche lei si chiama Kristin), da oggi siamo sicuri che nessuno commetterà più errori del genere.
Daniele Molmenti (canoa): Nel buio di questi ultimi giorni di gare, finalmente per la spedizione azzurra è arrivato un lampo d'oro. A regalarci la nona medaglia di questi giochi è stato questo ragazzone di Pordenone, dal fisico imponente e dal grande sorriso. Specialista nel K1 slalom, Molmenti è arrivato a queste Olimpiadi come uno dei grandi favoriti per la vittoria, avendo già ottenuto un oro mondiale e tre europei, ma si sa che la pressione può giocare brutti scherzi. Lui è rimasto freddo, ha ottenuto la finale con un buon terzo tempo, e poi nel momento decisivo ha tirato fuori una prestazione strepitosa, che gli è valsa una vittoria meritatissima e indiscutibile. Ottenuta tra l'altro nel giorno del suo ventottesimo compleanno, e 20 anni dopo il successo del suo allenatore Pierpaolo Ferrazzi, oro a Barcellona 1992 nella stessa disciplina. Verrebbe quasi da dire, insomma, che quest'oro era già scritto nel destino...
Ruben Limardo (scherma): La scherma continua a regalarci, giorno dopo giorno, storie incredibili da raccontare. Dopo l'argento dell'egiziano Abdouelkassem nel fioretto, ecco a sorpresa l'oro di questo ragazzo venezuelano nella spada maschile. Alla sua seconda Olimpiadi, dopo aver preso parte a quelle di Pechino nel 2008, e senza piazzamenti di rilievo al di fuori dei giochi Panamericani, Ruben ha sorpreso il mondo intero con una serie di prestazioni e di vittorie sempre più convincenti, arrivando fino al gradino più alto del podio con pieno merito. Il suo successo è a dir poco storico: è la prima medaglia del Venezuela nella scherma, la seconda d'oro dopo quella conquistata nel 1968 da Rodriguez nella boxe, e la seconda in assoluto per un sudamericano dopo la vittoria del cubano Fonst nel 1904. Insomma, questa vittoria è già entrata nella storia.
I PEGGIORI
Paolo Pizzo (scherma): Quando ti presenti ad un'Olimpiade da campione del Mondo in carica, anche se senti un po' di emozione perché è il tuo debutto in questa competizione, ci si aspetta sempre tanto da te. Oggi invece il nostro spadista catanese ha deluso notevolmente le aspettative, rischiando l'eliminazione fin dal primo turno contro un atleta di Hong Kong e arrendendosi ai quarti al venezuelano Limardo, poi oro olimpico. Tradito dalla tensione e forse anche dalla pressione per le vittorie recenti, Paolo non ha espresso il meglio della sua scherma, e nello scontro decisivo si è praticamente bloccato, subendo sette stoccate consecutive che lo hanno escluso dalla corsa per le medaglie. Un vero peccato per lui, anche perché nella spada non c'è la prova a squadre, e a ventinove anni è difficile pensare di rivederlo in pedana a Rio de Janeiro nel 2016, anche se nello sport non bisogna mai dire mai.
Le partite truccate (badminton): In un periodo in cui lo sport italiano fa i conti con il caso-scommesse nel calcio, sentir parlare di gare truccate o quanto meno falsate anche nei Giochi Olimpici mette davvero una grande tristezza. Stavolta i protagonisti di questa brutta storia non vengono dal nostro Paese, bensì dall'estremo oriente: otto atlete, due cinesi, quattro sudcoreane e due indonesiane, sono state squalificate per aver cercato di perdere di proposito i loro incontri, tirando il volano fuori o contro la rete. Il perché è presto spiegato: con gli incontri divisi in gironi, una sconfitta avrebbe aiutato le coppie ad evitare avversarie difficili nel turno successivo, per esempio avrebbe permesso alle cinesi di non incontrare le loro fortissime connazionali. Fischiate dal pubblico, richiamate invano dall'arbitro, alla fine le quattro coppie hanno ricevuto la meritata squalifica, con tanto di reprimenda da parte del Comitato Olimpico per la scarsa sportività. Davvero una pessima pagina di sport.
Cesar Cielo Filho (nuoto): Giornata amara per il campione del nuoto brasiliano, arrivato a Londra per tenere alta la bandiera del suo Paese ma uscito dalla gara dei 100 metri stile con un pugno di mosche in mano. Sappiamo che la sua vera specialità sono i 50 metri stile, in cui detiene la medaglia d'oro di Pechino 2008 e che ha vinto due volte nei Mondiali di nuoto, a Roma nel 2009 e a Shangai nel 2011. Bisogna anche dire, però, che Cielo nei 100 stile aveva vinto il bronzo quattro anni fa a Pechino, e a Roma 2009 aveva ottenuto vittoria e record del Mondo sulla stessa distanza, per cui anche in questa gara aveva sempre detto la sua. Questa sera, invece, si è arreso abbastanza presto allo strapotere dell'americano Adrian e dell'australiano Magnussen, subendo l'inesorabile rimonta dei suoi avversari e finendo addirittura al sesto posto, ben lontano dal podio. Da un campione del suo livello ci si aspetta ben altro, adesso lo attendiamo sui 50 stile libero per vedere la sua risposta.
Uruguay giovanile (calcio): Dopo la Spagna, il torneo olimpico di calcio fa un'altra vittima illustre. La squadra sudamericana si era presentata ai Giochi con un organico di tutto rispetto, impreziosito dai giovani talenti Coates, Ramirez e Lodeiro, dai fuoriquota di lusso Cavani, Suarez e Arevalo, e dalla guida tecnica del "maestro" Oscar Tabarez. Dopo una soffertissima vittoria contro gli Emirati Arabi, però, l'Uruguay ha subito una pesante sconfitta contro il sorprendente Senegal, e nella sfida decisiva contro i padroni di casa della Gran Bretagna è stato nuovamente battuto, di misura, senza riuscire a concretizzare mai le numerose occasioni da rete. Con questa sconfitta è arrivata così l'eliminazione per i sudamericani, che erano arrivati qui con ben altre speranze, ovvero contendere una medaglia olimpica e sperare addirittura nell'oro. D'altronde, le Olimpiadi hanno spesso insegnato che non basta avere grandi campioni in squadra per vincere, soprattutto quando ti trovi davanti avversari con maggiori motivazioni.

lunedì 30 luglio 2012

PUNTO OLIMPICO N. 2

Immagine tratta da news.sportduepuntozero.it
Ecco i nostri giudizi sui migliori e i peggiori della seconda giornata di gare a Londra 2012.
I MIGLIORI
Kimberly Rhode (tiro a volo): La precisione di un cecchino, unita alla freddezza di un robot. La statunitense ha disputato una gara semplicemente perfetta, diventando presto irraggiungibile per tutte le sue rivale. Centrando ben 99 piattelli su 100, la Rhode ha eguagliato il primato del Mondo e stabilito il nuovo record olimpico nella disciplina, conquistando la quinta medaglia in altrettante partecipazioni alla manifestazione a cinque cerchi. Al successo di oggi vanno aggiunti l'argento di quattro anni fa a Pechino, quando fu battuta dalla nostra Chiara Cainero, e i due ori e il bronzo conquistati dal 1996 al 2004 nel Double Trap. Che dire, una vera campionessa.
Marianne Vos (ciclismo): E' considerata da molti come la migliore a livello femminile da tanti anni, eppure all'olandese era sempre mancato qualcosa per confermare la sua forza. Dopo un oro ai Mondiali di ciclismo del 2006, infatti, aveva ottenuto ben 5 secondi posti consecutivi, a dimostrazione che le mancava sempre qualcosa nel momento decisivo. A Pechino, quattro anni fa, era arrivata un'altra delusione cocente, quando si era lasciata anticipare da un gruppo di avversarie in fuga, arrivando solo sesta. Oggi non ha sbagliato, nel diluvio ha scelto il momento giusto per piazzare l'attacco vincente, e in volata non ha dato scampo alle rivali. Un successo meritato per un'atleta che può fare ancora tanto per questo sport.
Rosalba Forciniti (judo): Da autentica carneade alla gloria di una medaglia olimpica. La giovane calabrese è la prima azzurra a conquistare il podio oggi, ottenendo uno storico bronzo nella categoria 52 Kg del Judo e diventando la prima donna di questa regione a vincere una medaglia olimpica. Un successo molto sofferto, ottenuto al termine di un incontro estenuante ed estremamente equilibrato contro la lussemburghese Muller, finito in parità e deciso dal parere dei giudici. Al loro verdetto è seguita l'esplosione di gioia di Rosalba, della famiglia e di tutta la Calabria, che ora aspetta la sua eroina per tributarle i giusti onori.
Diego Occhiuzzi (scherma): Nella sua carriera di schermidore, l'atleta napoletano aveva già vinto una medaglia alle Olimpiadi (bronzo a Pechino 2008) e in altre competizioni importanti, ma sempre nella gara a squadre, mai nel singolo. Oggi invece l'azzurro ha tirato fuori tutta la sua classe e la sua grinta, ha prevalso nel derby con l'amico Montano ed è arrivato a sfiorare il cielo con un dito, conquistandosi con pieno merito la finale della sciabola. Contro l'ungherese Szilagyi, purtroppo, c'è stato poco da fare, ma il suo argento vale di per sé come una vittoria per la tenacia e il coraggio con cui è stato ottenuto. E' il giusto riconoscimento per un atleta forse poco appariscente, ma sempre efficace.
I PEGGIORI
Giorgia Bronzini (ciclismo): Se ieri nella gara maschile le speranze di medaglia erano poche, oggi ci si aspettava molto di più dalle ragazze, e soprattutto dalla Bronzini, bicampionessa mondiale in carica. L'azzurra ha perso il treno giusto, non ha seguito la Vos e le sue compagne di fuga quando doveva, e così ha perso l'occasione per vincere, o quanto meno per salire sul podio. Prestazione negativa dunque per lei e per le sue compagne, Noemi Cantele, Tatiana Guderzo e Monia Baccaille, che non sono state attente a marcare la campionessa olandese, che tutti indicavano come l'avversaria più pericolosa per la medaglia d'oro. Dopo il bronzo di quattro anni fa con la Guderzo, insomma, una brutta bocciatura per il ciclismo femminile.
Tania Cagnotto (tuffi): Un'inezia, una piccolezza, due miseri punti hanno privato lei e la Dellapé di una meritatissima medaglia, d'argento o di bronzo. Si può recriminare per alcune decisioni della giuria, che forse ha aiutato la coppia canadese (alla fine terza) e penalizzato con durezza eccessiva le italiane, ma purtroppo l'errore della Cagnotto nel quarto tuffo è stato evidente e ha condizionato la gara. Era reduce da un piccolo infortunio, lo sappiamo, ma più che punirla per quanto fatto in gara la mettiamo tra i cattivi per le frasi dette subito dopo la gara. Poteva prendersi le sue responsabilità, visto che l'errore appare soprattutto suo, invece ha diviso le colpe al 50% con la Dellapé. Solo che lei avrà un'altra chance per conquistare una medaglia in queste Olimpiadi, la sua compagna probabilmente no...
Spagna Olimpica (calcio): Dopo il titolo di categoria conquistato solo un anno fa, e con la nidiata di giovani campioni che aveva a disposizione, la squadra iberica sembrava destinata a fare una gran figura in questo torneo olimpico. Invece, dopo le prime due partite del girone, è arrivata una clamorosa eliminazione, per mano tra l'altro del Giappone e dell'Honduras, non proprio dei mostri in questa disciplina. Due sconfitte per 1-0 contro asiatici e centroamericani, ma soprattutto poco gioco e nemmeno un gol realizzato, nonostante la rosa fosse di tutto rispetto. Dopo il trionfo negli Europei e nei Mondiali, l'oro sarebbe stato il coronamento di un vero e proprio dominio per il calcio spagnolo, che invece torna a casa in anticipo. Alla faccia di chi diceva che i loro giovani erano molto più forti dei nostri...
Federica Pellegrini (nuoto): Chiariamolo subito, i 400 stile libero non sono mai stati la sua gara, anche se negli ultimi anni aveva vinto due volte l'oro ai Mondiali, facendo segnare anche il record del Mondo. Oggi Federica ha dimostrato per l'ennesima volta di non amare questa distanza, confermando in sostanza il quinto posto di Pechino e lasciando tanti appassionati azzurri con l'amaro in bocca per quella che sembrava una medaglia quasi scontata. Peccato davvero, ma del resto le sue prestazioni quest'anno non erano le stesse degli anni passati, e le avversarie oggi sono state semplicemente più forti di lei. Adesso ci sono i 200 stile, la sua distanza, in cui a Pechino conquistò l'oro subito dopo la delusione dei 400; speriamo che la storia possa ripetersi...

sabato 28 luglio 2012

PUNTO OLIMPICO N.1

Immagine tratta da daily.wired.it
Inauguriamo oggi una nuova rubrica, in cui cercheremo di soffermarci su ogni singola giornata di questi appassionanti Giochi Olimpici. In ogni episodio, designeremo i migliori e i peggiori tra gli atleti che sono scesi in campo durante la giornata di gare, con una particolare attenzione ovviamente per i nostri portacolori azzurri.
I MIGLIORI
Aleksandr Vinokourov (ciclismo): Nella cultura contadina è risaputo che il vino migliora sempre con il passare degli anni. Questo pomeriggio, "Vino" (così è il soprannome del ciclista kazako) ha stupito il Mondo, piazzando il colpo vincente e prendendosi un oro che sa di impresa. Atleta di quasi 39 anni, con alle spalle una squalifica per doping e un 2011 di inattività per un serio infortunio, ormai prossimo alla pensione si è preso la soddisfazione forse più grande della carriera, regalando ad un'intera nazione una vittoria inattesa, e per questo ancora più bella. Il giusto premio per la sua carriera.
Mauro Nespoli (tiro con l'arco): A Pechino, all'ultima freccia della finale di tiro con l'arco, l'atleta azzurro steccò il colpo e, con un 7/10, costrinse la spedizione italiana ad accontentarsi dell'argento. Oggi, quattro anni dopo, il nostro arciere si è preso una bella rivincita, dimostrando un gran sangue freddo nonostante la giovane età, con un percorso regolare e dei centri fondamentali nei momenti decisivi del match. L'oro è meritatamente suo, oltre che dei compagni di avventura Marco Galiazzo, già oro individuale ad Atene 2004, e Michele Frangilli, autore del centro che ha deciso la sfida. Le frecce tricolore ora hanno un volto.
Ryan Lochte (nuoto): Dopo tanti anni da seconda punta nella formazione di nuoto statunitense, con la pesante ombra del campionissimo Phelps ad oscurarlo, oggi Ryan si è preso finalmente la sua rivincita. Una prestazione fantastica nei 400 misti, in una finale mai in discussione e vinta con un tempo fantastico, inarrivabile per chiunque, persino per il grande rivale Phelps. Il giusto premio per una supremazia che dura da quasi due anni, e per un ragazzo sempre molto solare e spontaneo, lontano dallo stereotipo del campione schivo e lontano dalla gente comune. Il primo round olimpico è suo, attendiamo le prossime sfide.
Elisa Di Francisca (scherma): Per la quarta olimpiade consecutiva, la medaglia d'oro del fioretto femminile rimane a Jesi, ma stavolta dal collo della Vezzali passa a quello della Di Francisca. Una vittoria meritata per la schermitrice azzurra, più volte a rischio eliminazione durante tutta la giornata, ma brava a recuperare agli ottavi contro la tedesca Golubytskyi, in semifinale contro la coreana Nam e in finale contro la connazionale e compagna di squadra Errigo. Bravissime con lei anche la Errigo e la Vezzali, seconda e terza sul podio tutto azzurro: hanno dimostrato per l'ennesima volta chi sono le uniche, vere specialiste del fioretto a livello mondiale.
I PEGGIORI
Mark Cavendish (ciclismo): Era il favorito numero 1 della corsa, giocava in casa e disponeva della squadra più forte in assoluto. Per di più, l'andamento della gara sembrava perfetto per la sua affermazione, con un gruppo che sembrava rassegnato alla volata e i vari Wiggins, Froome, Millar e Stannard sempre lì a scontarlo, come in una parata. L'eccessiva sicurezza però gli è stata fatale, si è rilassato troppo insieme ai suoi compagni, permettendo agli avversari di prendere il largo e cercando una rimonta ormai impossibile. Una delusione incredibile per Cannonball, ma è ancora molto giovane, e una seconda occasione non mancherà in futuro.
Fabian Cancellara (ciclismo): Se alle sue doti atletiche, a dir poco mostruose, unisse una maggiore lucidità nel gestire le fasi decisive di una corsa, lo svizzero sarebbe un ciclista pressoché perfetto. Lui e i suoi compagni avevano costruito un'ottima strategia, inserendosi nella fuga giusta e prendendo un margine importante sugli altri pretendenti al successo. Tutto era pronto per un attacco della Locomotiva Umana, invece lui ha commesso un errore a dir poco banale, scivolando da principiante in una curva mentre si trovava, senza un valido motivo, in testa al gruppo. Occasione sprecata, l'ennesima, con il rischio di saltare anche la cronometro per i postumi della caduta; davvero una beffa di proporzioni olimpiche...
Michael Phelps (nuoto): A Pechino si era conquistato, meritatamente, le copertine di tutti i quotidiani del Mondo per lo strepitoso record di 8 medaglie d'oro vinte, un primato strepitoso che lo ha consegnato alla leggenda. Da allora non è più stato lo stesso, si sapeva, ma nessuno si sarebbe aspettato di trovarlo addirittura fuori dal podio dei 400 misti. Una qualificazione strappata davvero di un soffio, una finale anonima conclusa al quarto posto, e soprattutto una manifesta inferiorità nel confronto con Lochte, che ultimamente gliele sta suonando di santa ragione. Dopo l'Olimpiade ha annunciato che si ritirerà, la speranza è che lo faccia con qualche altra medaglia prestigiosa al collo.
Nam Hyun-Hee (scherma): Essere a pochissimi secondi dalla finale olimpica prima, e dalla medaglia di bronzo poi, e perdere entrambe. La povera schermitrice sudcoreana sognerà a lungo questa giornata, e non sarà certo un ricordo piacevole per lei, perché è passata in un attimo dal trionfo al nulla. In vantaggio sia contro la Di Francisca che contro la Vezzali, ha subito la furiosa rimonta delle due iesine, facendosi raggiungere all'ultimo secondo in entrambe le sfide e cedendo poi nel tempo supplementare. Dopo l'argento di Pechino 2008, quando fu sconfitta in finale ancora dalla Vezzali, probabilmente la Nam si augurerà di non rivedere mai più un'italiana contro di lei in pedana.