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domenica 12 agosto 2012

PUNTO OLIMPICO N. 16

Immagine tratta da radiomania.org
Con un po' di malumore, chiudiamo oggi la nostra rubrica su questi splendidi Giochi Olimpici di Londra 2012, che di sicuro non hanno tradito le attese. Ecco chi sono i nostri migliori e peggiori di oggi.
I MIGLIORI
Aleksey Shved (pallacanestro): Dopo un torneo non all'altezza, con due prestazioni a dir poco deludenti nei quarti e in semifinale, alla fine i punti decisivi per la medaglia di bronzo li ha segnati proprio la giovane guardia dal fisico imponente e dagli attributi sicuramente di ferro. Nel tiratissimo match contro gli argentini della "Generacion Dorada", quei Ginobili, Scola, Nocioni arrivati davvero all'ultimo tango, la Russia si è aggrappata proprio a Shved nel massimo momento di difficoltà, quando gli avversari hanno provato a scavare un solco e indirizzare la sfida. Lui stavolta ha risposto presente, si è caricato la squadra sulle spalle, ha segnato 7 punti consecutivi prima, poi la tripla tutta carattere e grinta che ha ridato ai russi l'ultimo, decisivo vantaggio che è valso la medaglia di bronzo. Talento emergente del basket europeo, nemmeno ventiquattro anni, ha pienamente il suo prossimo approdo nella NBA con la maglia dei Minnesota Timberwolves, dove raggiungerà il compagno di squadra Kirilenko e lo spagnolo Rubio. Una dimostrazione della crescita del movimento cestistico del vecchio continente, sempre più in grado di competere con i maestri americani.
Vladimir Alekno (pallavolo): Giocarsi una finale per l'oro olimpico, essere sotto due set a zero e ad un passo dalla sconfitta, e trovare la forza e l'intelligenza per cambiare volto alla propria squadra e guidarla alla rimonta vincente. La finale di pallavolo maschile premia la bravura del tecnico russo, e un po' anche la sua lucida follia: sotto di due parziali, con i suoi completamente in bambola e sottomessi alla fantasia e alla potenza dei brasiliani, Alekno si è inventato la mossa vincente. Muserskiy, il centrale di ruolo, viene spostato ad opposto per sfruttare i suoi 218 centimetri, e i punti e alcune grandi difese del gigante hanno il merito di svegliare i compagni, che finalmente giocano da campioni e rimontano e vincono il terzo set. Da quel momento non c'è stata più storia, il Brasile ha perso il bandolo del gioco e la grinta, la Russia ha difeso e attaccato come mai prima, e al tie-break si è portata a casa il primo oro olimpico dal 1980, quando esisteva ancora l'U.R.S.S. Merito appunto del genio o della follia del suo allenatore, che finora aveva vinto solo una World League nel 2011, fallendo in tutte le occasioni più importanti. Oggi si è rifatto, e alla grande.
Ratko Rudic (pallanuoto): Vent'anni fa, a Barcellona 1992, ci ha fatto sorridere di gioia, oggi purtroppo ci ha fatto piangere, ma non si può non ammirare e celebrare questo fantastico allenatore. Autentico maestro della pallanuoto, dapprima grande giocatore nel panorama europeo, Rudic ha dato il meglio di sé quando ha abbandonato l'attività agonistica per diventare allenatore. Il suo palmares parla molto chiaro: prima di oggi due medaglie d'oro olimpiche e mondiali e due argenti europei con la Jugoslavia, un oro e un bronzo olimpico, un oro mondiale, due ori e un bronzo europeo con l'Italia, un oro e due bronzi mondiali e un oro europeo con la Croazia. Oggi, vincendo la finale olimpica contro la sua ex-squadra, l'Italia guidata dal suo vecchio giocatore e allievo Sandro Campagna, è diventato il primo allenatore ad ottenere un oro con tre nazionali diverse, entrando definitivamente nella leggenda. Oltre trent'anni di carriera a bordo vasca, a motivare e far crescere numerose generazioni di campioni, e ancora tanta voglia di vincere e di stupire il Mondo. Complimenti a Ratko, il vero fenomeno oggi è stato lui.
I medagliati azzurri (sport vari): Non sarebbe giusto scegliere tra loro, meritano tutti una citazione quest'oggi, per le cinque medaglie che hanno portato alla causa azzurra in sport completamente diversi. Decisi i ragazzi della pallavolo, bronzo dopo un match duro con la Bulgaria, vinto soprattutto con la testa e con la grinta, dedicato al defunto Bovolenta. Da applausi la prova di Marco Aurelio Fontana, bronzo nella mountain bike ma condizionato dalla sfortuna, perché ha fatto metà dell'ultimo giro senza sellino, quando ancora era in corso per la vittoria. Bravissime le ragazze della ginnastica ritmica, bronzo per demeriti propri ma soprattutto delle giurie, che comunque si sono riprese la medaglia che a Pechino era stata negata loro. Eroico Roberto Cammarelle nella boxe, sul ring contro un avversario dieci anni più giovane di lui, sfavorito dai giudici in maniera incredibile ma che si prende un argento, terza medaglia in tre Olimpiadi disputate. Favolosi i ragazzi della pallanuoto, tornati davvero il Settebello che conoscevamo, argento contro una Croazia superiori ma tornati grandi a soli tre anni di distanza dall'orribile Mondiale del 2009. Bravi tutti davvero!
I PEGGIORI
Wilson Kipsang Kiprotich (atletica): Da anni si dice degli atleti africani: se alle loro indubbie doti fisiche unissero un po' di intelligenza tattica e di lucidità nei momenti decisivi, sarebbero davvero imbattibili. Oggi il maratoneta del Kenia ha rispecchiato pienamente questa teoria, con una condotta di gara a dir poco suicida e inspiegabile che gli è costata forse la medaglia d'oro. Vincitore nella Maratona di Londra di quest'anno, conosceva bene il circuito e tutti si aspettavano da lui una grande prestazione e la possibilità di competere per il successo con il campione del mondo di specialità, il suo connazionale Kirui. Come da premesse, Kipsang è partito molto forte, inserendosi nel gruppo di testa e azzardando addirittura un attacco in solitaria dopo 10 chilometri. Si è rivelato un errore fatale, perché lentamente è stato ripreso da altri due compagni di fuga, il campione Kirui e l'ugandese, suo omonimo, Stephen Kiprotich, e quando quest'ultimo ha piazzato l'attacco giusto a pochi chilometri dalla fine non ha avuto la forza di reagire. Alla fine per il keniano è arrivato il terzo posto, che vuol dire comunque una medaglia di bronzo olimpica, ma sicuramente meno di quanto avrebbe potuto e dovuto fare.
Il Brasile (pallavolo): Passare dalla festa a base di samba alle lacrime e alla delusione. Quella di oggi è una sconfitta che fa male, malissimo a Bernardinho e ai suoi ragazzi, arrivati a un passo dal risalire sul gradino più alto del podio e ricacciati incredibilmente giù dalla rimonta degli avversari russi. La gara era iniziata benissimo per i brasiliani, con un attacco efficace, l'ispirato palleggiatore Bruno a illuminare la scena, il muro a respingere e sporcare ogni pallone, e il libero Sergio a riprendere anche gli attacchi più impossibili. Due set vinti, anzi dominati, un terzo comunque in controllo che si avviava alla conclusione, la festa pronta ad esplodere. Poi, la svolta: il cambio tattico di Alekno, due palle match annullate dagli avversari, il set lasciato ai russi, e il lento crollo nei parziali successivi, fino alla resa quasi senza combattere. Ci hanno provato tutti, anche gli esperti Giba e Ricardo, a cambiare le cose, ma ormai la luce si era spenta e l'oro è svanito ancora, beffardamente, come a Pechino quattro anni fa.
I giudici (ginnastica ritmica): Non è mai bello imputare le sconfitte o le delusioni solo al giudizio degli arbitri, senza dare responsabilità anche agli atleti "puniti". Abbiamo cercato di non farci prendere dal campanilismo, abbiamo recriminato soprattutto per alcune regole che sembravano assurde e sfortunate, non solo ai danni degli italiani. Oggi però dobbiamo contestare i giudici della ginnastica ritmica, e giustificare chi diceva che almeno l'oro, se non tutto il podio, era già deciso a priori. Le atlete russe, certamente brave e competitive, sono state premiate oltre misura dai giudici per esercizi buoni ma non eccezionali, con punteggi ritenuti assurdi da più persone. Altrettanto premiate sono state le bielorusse, argento con delle prove che sicuramente erano meno difficili e spettacolari di quelli delle azzurre, scivolate al terzo posto per una piccola sbavatura ma anche per dei punteggi decisamente bassi. Meno male che le bulgare ci hanno messo del loro, altrimenti la beffa di Pechino rischiava di ripetersi...Occorre cambiare qualcosa, altrimenti si rischia di far perdere credibilità al movimento della ritmica mondiale.
I giudici 2 (pugilato): Altra nota negativa in quest'ultima giornata delle Olimpiadi, ancora una volta ai danni di un nostro atleta, penalizzato in favore di un avversario che giocava in casa e aveva tutto il tifo per sé. Quello del nostro Roberto Cammarelle doveva essere un oro senza discussioni, si è tramutato in un argento perché i giudici hanno premiato in modo eccessivo il pugile di casa Anthony Joshua, buon boxeur ma che non era minimamente sembrato migliore del nostro campione. Un primo round nettamente a favore di Roberto, più del 6-5 finale, e soprattutto un'ultima ripresa da 8-5 per il britannico a dir poco fantasiosa, per un pareggio che diventa vittoria grazie al parere, ovviamente pro atleta di casa, dei giudici. Una truffa non nuova al pugilato olimpico, protagonista già di decisioni controverse, su tutte la finale olimpica del 1988, che ha cercato di cambiare regole di giudizio proprio per evitare favoritismi. Visto il modo in cui è stato trattato Cammarelle in tutto il torneo e soprattutto in questa finale, occorre fare ancora moltissimo.
Grazie a tutti per averci seguiti in questa rubrica e durante questi Giochi Olimpici, a presto!

PUNTO OLIMPICO N. 15

Immagine tratta da santabanta.com
Siamo arrivati alla penultima giornata di queste Olimpiadi di Londra 2012. Arrivano le ultime medaglie, le ultime gioie e gli ultimi dolori per tutti gli atleti di questi splendidi Giochi. Vediamo chi merita di entrare tra i buoni ed i cattivi di oggi.
I MIGLIORI
Oribe Peralta (calcio): In quello che doveva essere il pomeriggio di Thiago Silva, Pato, Leandro Damiao, Hulk, Neymar e compagnia, a conquistarsi tutte le copertine è invece quest'attaccante messicano, autore della doppietta che decide la finale del Torneo Olimpico di calcio. Una carriera che si potrebbe definire discreta, che l'ha visto arrivare in Europa appena ventenne e giocare in Inghilterra, Germania e Spagna con risultati abbastanza soddisfacenti. A ventotto anni è arrivata per lui l'occasione della vita, visto che i rifiuti di Luis Hernandez e Carlos Vela gli offrivano la possibilità di partecipare ai Giochi Olimpici come terzo fuori quota della squadra messicana. Peralta non si è fatto pregare, ha risposto presente quando i compagni lo cercavano in area di rigore, segnando complessivamente quattro reti, anche se la doppietta di oggi al Brasile sarà sicuramente un ricordo speciale per lui. Sfruttando le disattenzioni della difesa carioca, ha contribuito a portare la sua squadra sul gradino più alto del podio, coronando un sogno per tutto il movimento giovanile messicano, che continua a sfornare talenti in grande quantità.
Mohammed Farah (atletica): E' sicuramente lui il simbolo dell'atletica britannica in queste Olimpiadi, il personaggio che meglio rappresenta la voglia di vittoria e di affermazione di tutto un Paese. Somalo di nascita, ma inglese di formazione, visto che si è trasferito in Europa ad otto anni, si era già messo in luce negli ultimi anni sulle lunghe distanze, conquistando tre ori europei e un oro e un argento mondiale nei 5000 e nei 10000 metri. Arrivato ai Giochi di casa come uno dei favoriti, ha saputo mantenere le premesse nei 10000, conquistando l'oro senza grandi discussioni, e si è preparato con tranquillità ai 5000, cercando la vittoria che l'avrebbe consegnato alla storia. Stasera ha corso con una grandissima sicurezza, si è portato in testa al gruppo piuttosto presto, e dopo aver studiato le mosse degli avversari ha piazzato lo sprint decisivo verso l'oro, che è puntualmente arrivato. Una soddisfazione speciale per questo ragazzo, perché è stato proprio lui, africano di nascita, a sottrarre al Continente Nero il dominio in questa doppia specialità e a riconsegnarlo all'Europa dopo tantissimi anni. Applausi meritati per un grande atleta e per uno splendido uomo.
Carlo Molfetta (taekwondo): Una medaglia che sa veramente di impresa, conquistata con sudore e punto dopo punto, soffrendo e rimontando più volte contro avversari che sembravano imbattibili e alla fine si sono dovuti arrendere tutti. Dopo due sfortunate esperienze con le Olimpiadi, la prima chiusa al primo turno ad Atene, la seconda non disputata a Pechino per infortunio, Carlo si presentava a Londra a ventotto anni con tanta voglia di rivalsa e dopo una cura "ingrassante": visto che nei -80 chili la federazione aveva scelto Sarmiento, lui per competere nella categoria +80 chili ha aumentato notevolmente il suo peso, basti pensare che nel 2004 gareggiava per i -68. Ha sconfitto nei quarti, in un finale rocambolesco e al Golden Point, il cinese Liu, dopo aver seriamente rischiato di perdere, poi ha superato in semifinale il fortissimo maliano Keita, anche qui con un finale sofferto ma vincente. Nella sfida per l'oro, contro il gabonese Obame, è partito molto male, sotto 6-1, ha rimontato con calma fino al 6-6, e dopo che il tempo supplementare è finito in parità è stato premiato dai giudici per la maggiore combattività e dichiarato campione olimpico. Una grande soddisfazione per lui e per il taekwondo italiano, che così porta a casa il primo oro della sua storia alle Olimpiadi.
Clemente Russo (pugilato): L'abbiamo detto e lo ribadiamo sempre: un secondo posto equivale a un argento vinto, mai ad un oro perso. Sapevamo che il match di oggi sarebbe stato molto difficile per Clemente, perché l'ucraino Usyk è il campione mondiale dei pesi massimi e può contare sul suo gran fisico per mettere in difficoltà chiunque. Dopo la grande rimonta contro l'azero Mammadov speravamo che "Tatanka" ne avesse ancora per fare un'altra impresa, sovvertire il pronostico e vincere l'oro che da tempo stava aspettando. Il sogno è durato lo spazio della prima ripresa, vinta proprio da Russo, poi Usyk ha iniziato a colpire e far male, ha rimontato e ribaltato la situazione fino a vincere con merito. Peccato per Clemente, ma fa piacere sentire le sue dichiarazioni nel dopo gara: a Pechino era deluso, amareggiato per l'argento, quasi lo rifiutava, stavolta invece lo accetta con soddisfazione nonostante la grande rabbia per aver mancato ancora il podio più alto. Cercherà di rifarsi a Rio, e intanto almeno un oro per noi l'ha già vinto: quello per la miglior capigliatura, visto l'improponibile taglio di Usyk (nemmeno da podio...)
I PEGGIORI
Olga Kaniskina (marcia): Arrivare a pochi metri dal traguardo e da uno storico bis olimpico e vederselo sfuggire proprio sul più bello. E' quello che è accaduto questa mattina alla marciatrice russa, che si era presentata a Londra con il titolo di campionessa olimpica in carica nella 20 chilometri di marcia e dopo aver vinto anche due ori mondiali e uno europeo prima di arrivare qui. Fin dall'inizio della gara, la Kaniskina sembrava decisa a far vedere a tutti la sua classe e la sua abilità superiore, visto che si era portata subito in testa ed aveva impresso un gran ritmo alla sfida. Sperava di scrollarsi di dosso le avversarie e di andare a vincere la gara in solitaria, invece si è trovata a fare i conti con una sua connazionale, l'appena ventenne Elena Lashmanova, che le ha tenuto testa e l'ha beffata negli ultimi 300 metri, quando l'ha superata e battuta sul traguardo per soli sette secondi. E' sfumato così il sogno di vincere il secondo oro olimpico consecutivo, ma per Olga ci sarà sicuramente tempo di rifarsi, visto che ha appena ventisette anni e tutta la voglia di combattere le sue giovani concorrenti.
Il Brasile Olimpico (calcio): Probabilmente, la prossima volta che i verdeoro si presenteranno ai Giochi Olimpici, al posto dell'allenatore porteranno con sé uno stregone, per cercare di sfatare quella che è a tutti gli effetti la loro maledizione più grande. Da quando esiste il calcio alle Olimpiadi, infatti, i brasiliani non sono mai riusciti a salire sul gradino più alto del podio, né con gli uomini né con le donne. Quello di oggi è il terzo argento dei carioca, dopo quelli di Los Angeles 1984 e Seul 1988, ma questo fa malissimo, perché ottenuto con una squadra che era decisamente la più competitiva, con un incredibile mix di giovani talenti in fase di maturazione e campioni affermati nel panorama mondiale. Finale giocata malissimo, con due gol regalati ai messicani, il primo dopo nemmeno un minuto di gioco, e un tentativo di rimonta a dir poco sterile, che ha rischiato di concretizzarsi troppo tardi, e in maniera immeritata. Leziosi e imprecisi, lenti e rilassati come se si trattasse di un'amichevole, i brasiliani si sono arresi ad una squadra che doveva essere ampiamente battibile per loro, confermando quella maledizione che, forse, solo i Giochi casalinghi di Rio riusciranno a cancellare.
Le statunitensi (pallavolo): Parlando di incompiute, non si può non citare la squadra americana di volley femminile, da anni abbuonata ad ottenere grandi piazzamenti ma mai in grado di cogliere vittorie significative tra Mondiali ed Olimpiadi. In particolare, nei tornei a cinque cerchi le statunitensi si erano dovute accontentare già due volte dell'argento, in casa nel 1984 e a Pechino quattro anni fa, e si presentavano a Londra forti di tre vittorie consecutive al World Grand Prix e di un ottimo secondo posto alla Coppa del Mondo 2011. In finale, a contendere l'oro alle varie Berg, Tom, Larson e Hooker c'era il Brasile campione uscente, ma già battuto in girone con un secco 3-1, il che faceva ben sperare i tifosi a stelle e strisce. Invece, dopo un primo parziale vinto con facilità, le americane si sono lentamente sciolte, cedendo i successivi tre set alle verdeoro e arrendendosi al terzo argento nei Giochi Olimpici. Un'altra beffa, ma meritata, perché le americane hanno giocato con tante campionesse e puntando sul talento, ma il Brasile ha giocato di squadra e ha vinto con grinta e cuore.
I cinesi (tuffi): Sono anni che sognano qualcosa di importante, per certi versi di storico: vincere la medaglia d'oro in tutte le gare di tuffi di una singola Olimpiade. Gli asiatici a partire dagli anni Novanta hanno fatto di questa disciplina una loro specialità, si sono affermati a livello mondiale, e cercano questo record storico per certificare la loro supremazia. Ai recenti Mondiali casalinghi del 2011 c'erano riusciti, portando a casa 10 medaglie d'oro su 10, a Londra ce n'erano in palio 8, e l'impresa sembrava davvero possibile. Purtroppo per loro, però, hanno trovato sulla loro strada degli avversari formidabili, per niente decisi a lasciarli vincere senza lottare: prima il russo Zakharov nel trampolino 3 metri, oggi l'americano Boudia nella piattaforma 10 metri, hanno costretto i cinesi a fermarsi a quota 6 ori, rimandando ancora l'appuntamento con la storia. Quattro anni fa il mitico en-plain fu solo sfiorato, e perso all'ultimo tuffo quando l'australiano Mitcham nella piattaforma approfittò di un errore dell'avversario Zhou per scavalcarlo in classifica. Stavolta i cinesi non possono rimpiangersi molto, hanno fatto ottime gare, semplicemente hanno trovato rivali che si sono dimostrati alla loro altezza.

venerdì 10 agosto 2012

PUNTO OLIMPICO N. 13

Immagine tratta da mkv25.net
Siamo arrivati al tredicesimo appuntamento con la nostra rubrica che vuole premiare i migliori e i peggiori in ogni giornata di questi appassionanti Giochi Olimpici di Londra 2012. Vediamo a chi spettano le nostre citazioni oggi.
I MIGLIORI
Josefa Idem (canoa): Suo marito, Guglielmo Guerrini, ha presentato la finale di stamattina con le parole giuste: "E' come assistere all'ultima direzione d'orchestra del maestro Von Karajan." E' stata un'esecuzione fantastica, degna di una fuoriclasse assoluta, di quelle che nascono una volta ogni cinquant'anni, se non di più: a quasi quarantotto anni Josefa è partita piano e ha sparato tutto quello che aveva nella fase finale, mancando di soli 30 centesimi la medaglia, la sesta della sua meravigliosa carriera. Ma per noi lei ha già vinto, l'abbiamo detto e lo ripetiamo anche oggi: avere voglia dopo tanti successi e dopo una carriera così lunga di mettersi ancora in gioco, di competere in maniera più che onorevole contro ragazze che potrebbero essere sue figlie, sono già di per sé un successo strepitoso. La medaglia sarebbe stato un di più, a cui in fin dei conti si può anche fare a meno dopo quello che ha già dimostrato. Una grande chiusura per una carriera esemplare, per certi versi irripetibile, e per un'atleta e una donna davvero straordinaria.
Martina Grimaldi (nuoto): Dopo tante delusioni più o meno annunciate, accompagnate da un lunghissimo e fastidioso strascico di polemiche, finalmente il nuoto azzurro è riuscito a togliersi una soddisfazione: il terzo posto della nuotatrice bolognese nella 10 chilometri di fondo rappresenta infatti la prima medaglia in queste olimpiadi, e rompe un digiuno che stava diventando preoccupante. Le speranze di un risultato importante c'erano, perché Martina si è presentata a Londra con una serie di risultati importanti negli ultimi anni, come l'oro mondiale del 2010, quello europeo dell'anno seguente e l'argento ai Campionati del Mondo del 2011. E' rimasta tra le prime del gruppo fin dalle prime bracciate, ha controllato la situazione e tenuto il ritmo di tutte le avversarie, cedendo solo un po' nel finale alla grande volata per l'oro e prendendosi un bronzo più che meritato. La sua medaglia, oltre ad essere la prima del nuoto azzurro in queste Olimpiadi, è anche la prima per un atleta italiano nel fondo, un motivo in più per essere soddisfatti di Martina.
Fabrizio Donato (atletica): Dopo la triste squalifica per doping di Schwazer, e con l'assenza per infortunio della Di Martino, le massime speranze dell'atletica italiana per portare a casa una medaglia erano tutte sulle spalle del triplista azzurro. Del resto, le prestazioni in questa stagione erano state molto positive: dopo una lunga serie di piazzamenti, con tante buone gare nei tornei indoor ma alcune difficoltà nell'outdoor, agli Europei era arrivata un'importantissima medaglia d'oro, che lo poneva tra i favoriti per le Olimpiadi. Le buone sensazioni sono state confermate oggi, con una serie di salti molto buoni che gli hanno permesso di entrare senza problemi tra i primi otto al Mondo, e poi di prendersi una prestigiosa medaglia di bronzo. A trentasei anni, per Fabrizio questo è il giusto coronamento di una carriera importante, che gli vede detenere anche il record italiano nel salto triplo. Ed è positiva anche la presenza di Daniele Greco al quarto posto nella stessa gara: potrebbe rappresentare una sorta di passaggio di corsie, con il giovane pronto a prendere il testimone del compagno più esperto? Speriamo proprio di sì.
Usain Bolt (atletica): C'è chi entra nella storia dello sport in silenzio, quasi in punta di piedi; lui ci è entrato a modo suo, vale a dire a tutta velocità e con la sua solita aria da guascone. Tutti i dubbi sulla sua preparazione, sulle sue reali motivazioni, sulla crescita dei suoi avversari sono stati spazzati via in meno di 30 secondi, per la precisione 9.63 nei 100 metri e 19.32 nei 200. Bolt è il signore assoluto della velocità, adesso non ci sono più dubbi, e con questo successo diventa il primo atleta a realizzare la doppietta 100-200 metri in due Olimpiadi consecutive, arrivando così al quinto oro olimpico della sua fantastica carriera. Oggi ha dato un'altra dimostrazione di forza, partendo a mille e tenendo a bada la tentata rimonta del suo amico e connazionale Blake, con gli ultimi venti metri fatti quasi al rallentatore, come a dire che poteva fare ancora di più. Se Carl Lewis era il figlio del vento, Usain potrebbe essere il vento in persona, vista la velocità che riesce a raggiungere. Impressionante, non ci sono altre parole per definirlo.
I PEGGIORI
La Francia femminile (calcio): Arrivare al quarto posto in un'Olimpiade costituisce comunque un grande risultato, soprattutto in uno sport che non ha mai vantato una grande tradizione come il calcio femminile, ma ben difficilmente le francesi andranno a dormire soddisfatte questa notte. Negli ultimi anni la Nazionale transalpina aveva mostrato notevoli progressi, ottenendo prima un quarto posto agli Europei del 2009 e poi un ottimo quarto posto ai Mondiali del 2011, che le era valso la partecipazioni a queste Olimpiadi. Vittoriose a sorpresa contro le quotate svedesi nei quarti, sconfitte in semifinale dalle giapponesi campionesse del Mondo, le francesi si sono giocate il bronzo contro le canadesi, e non hanno demeritato, giocando una bella partita ma mancando di precisione e freddezza sotto porta. E nel calcio, si sa, chi sbaglia paga: a 30 secondi dalla fine della partita, la rete della Matheson ha condannato la Francia alla sconfitta e alla medaglia di legno. Una vera beffa per le transalpine, che avranno sempre il rimpianto per le tante occasioni sbagliate e per aver fatto giocare la loro miglior giocatrice, Camille Abily, solo nel secondo tempo.
Hu Yadan (tuffi): Chi ha assistito oggi ai suoi primi due tuffi avrà certamente dubitato che questa ragazza fosse davvero cinese. Due esecuzioni completamente sbagliate, una più brutta dell'altra, pesantemente penalizzate dai giudici e che le valevano un incredibile ultimo posto nella finale dalla piattaforma 10 metri. Povera Hu, che a soli sedici anni si trova già a gareggiare contro le migliori atlete del Mondo e deve tenere alta la bandiera di una Nazione a cui manca davvero poco per fare en-plain nelle otto specialità olimpiche dei tuffi. Dopo aver ottenuto un argento nei Mondiali di Shangai dello scorso anno, la giovanissima cinese aveva già dimostrato di non essere molto tranquilla nei turni precedenti, chiusi al sesto e nono posto, e oggi in finale non è riuscita a vincere la tensione. Dopo gli errori si è ripresa, e con tre tuffi ottimi è risalita fino al nono posto finale, ma è rimasta comunque l'unica cinese a non aver vinto una medaglia in queste Olimpiadi. Vista l'età, avrà sicuramente modo di rifarsi in futuro
Noemi Batki (tuffi): Per alcuni minuti ci ha fatto sperare, perché in una gara piena di errori e di imperfezioni la tuffatrice ungherese di nascita ma ormai italiana a tutti gli effetti è stata una delle più precise e regolari. Partita senza grandi speranze e ambizioni per arrivare a una medaglia, Noemi ha iniziato la finale 10 metri dalla piattaforma con un primo e un terzo tuffo davvero ottimi, mentre nel secondo, che è sempre stato problematico per lei, ha contenuto i danni con una buona esecuzione. Era terza, con le avversarie che continuavano a sbagliare e la medaglia che sembrava incredibilmente vicina. Poi, il sogno è svanito, complici un quarto tuffo non eseguito come sa, che le è costato almeno 12 punti in meno del previsto, e un quinto ben eseguito ma con un coefficiente troppo basso per farla restare davanti alle rivali, così si è accontentata dell'ottavo posto finale. Questa era per lei probabilmente la gara della vita, visto come si stavano mettendo le cose, purtroppo nel momento decisivo sono riemersi un po' i limiti di questa ragazza, che osando qualcosa di più avrebbe ottenuto sicuramente maggiori soddisfazioni nella sua carriera.
Christophe Lemaitre (atletica): Aveva rinunciato ai 100 metri, in cui avrebbe avuto poche possibilità di successo, per puntare tutto sui 200 e sperare di compiere la grande impresa: vincere una medaglia olimpica e battere il record europeo sulla distanza, ovvero il mitico 19.72 del nostro Pietro Mennea. Le potenzialità ce le aveva tutte, il giovane sprinter francese, visto che è stato il primo atleta bianco a scendere sotto i 10 secondi nei 100 metri e appena un anno fa, nei Mondiali di Daegu, aveva centrato la medaglia di bronzo nei 200 metri con un ottimo 19.80. Purtroppo però, dopo essersi qualificato per la finale olimpica con un buon tempo, Lemaitre non è riuscito a migliorarsi questa sera, chiudendo la sua gara sopra i 20 secondi e con un deludente sesto posto, ben lontano da quel podio che sognava di conquistare. Resiste dunque il tempo del mitico Mennea, che per molti anni è stato record del Mondo e che finora è stato battuto solo da atleti neri. Ma il francese è giovane, e ha tutte le potenzialità per raggiungere il suo obiettivo e togliersi ancora molte soddisfazioni nella velocità.

giovedì 9 agosto 2012

PUNTO OLIMPICO N. 12

Immagine tratta da ilmondodipatty.it
Comincia il conto alla rovescia per la conclusione di questa edizione 2012 dei Giochi Olimpici. Siamo alla dodicesima giornata di gare, ne mancano quattro alla fine. Vediamo i nostri migliori e peggiori di oggi.
I MIGLIORI
Sarah Attar (atletica): Per una volta, a meritare la prima pagina non è una campionessa affermata, bensì una ragazza che probabilmente non diventerà mai un fenomeno, ma oggi ha scritto una pagina importante di sport e si è meritata la nostra attenzione. Sarah sta per compiere vent'anni, è "specializzata" se così si può dire negli 800 metri, viene dall'Arabia Saudita ed è una delle due atlete, insieme alla judoka Shaherkani, a rappresentare per la prima volta il suo Paese in campo femminile in un'edizione dei Giochi Olimpici. Oggi nessuno si aspettava nulla di straordinario da lei, che seguendo il rigido costume islamico si è presentata al via con il velo e una lunga tuta per coprire braccia e gambe. Ha corso la sua batteria di qualificazioni con un tempo molto alto, oltre 40 secondi in più della vincitrice, ma pur arrivando per ultima ha ricevuto il caloroso applauso e il sostegno di tutto lo stadio. Lei ha ringraziato tutti con un sorriso, senza badare al tempo: insieme alla sua collega judoka, ha già scritto una pagina importante di storia, non solo sportiva.
L'Italvolley (pallavolo): Ieri eravamo distrutti per l'ennesima delusione arrivata dalla formazione femminile, oggi invece celebriamo quella che è ormai una vera certezza dei Giochi Olimpici: la squadra maschile italiana. Dopo le ultime, deludenti prestazioni in girone contro l'Australia e la Bulgaria, in pochi avevano ancora fiducia nei nostri ragazzi, chiamati a compiere l'impresa contro i fortissimi Stati Uniti, campioni a Pechino e tra i favoriti per la vittoria. Il successo è arrivato, addirittura con un secco 3-0 e solo il primo set combattuto e vinto ai vantaggi, mentre negli altri parziali gli americani hanno potuto poco o nulla contro i nostri ragazzi. Oggi hanno giocato tutti alla grande, soprattutto in attacco con Zaytsev, Lasko e Savani a fare la voce grossa e Travica ottimo nel distribuire i palloni. Nonostante il calo di talenti e le difficoltà incontrate negli anni dal nostro movimento pallavolistico, gli azzurri raggiungono le semifinali del torneo olimpico per il quinto anno consecutivo, mostrandosi tra i migliori del Mondo, una dimostrazione di forza e maturità da fare invidia a molti.
Il Settebello (pallanuoto): Per una formazione che è abituata ormai ai piazzamenti importanti nelle Olimpiadi, eccone un'altra che invece torna tra le migliori del Mondo a 16 anni di distanza dall'ultima volta. Era dai tempi del mitico Ratko Rudic e della generazione di fenomeni in calottina azzurra che il Settebello non entrava in una semifinale olimpica: allora si giocava ad Atlante, e in vasca per gli azzurri c'era Sandro Campagna, attuale allenatore e condottiero di questa squadra nuovamente competitiva. Contro i maestri ungheresi, campioni delle ultime 3 edizioni dei Giochi Olimpici, gli azzurri hanno sfoderato una grande prova di squadra, riuscendo a imporsi al termine di una sfida molto tirata ma che ha visto i nostri sempre in controllo della situazione. Ora c'è la Serbia, squadra temibile ma già affrontata e battuta un anno fa, nella finale dei Mondiali: una sfida sicuramente difficile, ma con questo gruppo non è vietato sognare.
Warren Weir (atletica): Quando hai davanti dei mostri sacri come Powell, Bolt e Blake è difficile riuscire ad emergere e ad esprimersi su grandi livelli, soprattutto se non sfrutti le opportunità che ti si presentano. Oggi questo giovane sprinter giamaicano ha confermato quanto di buono aveva fatto vedere ieri nelle batterie dei 200 metri, correndo la sua semifinale con buon ritmo e ottenendo un tranquillo secondo posto che gli vale la finale di domani sera. Coetaneo di Blake, si era guadagnato la partecipazione a queste Olimpiadi con un terzo posto nei Trials giamaicani, proprio nella gara che aveva visto l'incredibile sconfitta del re Bolt e aveva messo un po' in allarme tutti i suoi tifosi. Ironico davanti alla telecamera come tutti i suoi connazionali, non ha sentito minimamente la pressione e ha confermato di possedere ottime doti, tanto che qualcuno ha iniziato a sognare una tripletta giamaicana nella finale. Vedremo se domani saprà stupire ancora.
I PEGGIORI
Silvia Salis (atletica): Chiariamolo subito, nessuno si aspettava una medaglia e tanto meno una vittoria dalla lanciatrice di martello ligure, che pure negli ultimi anni aveva ottenuto risultati discreti, come il settimo posto agli Europei di due anni fa e il nono ai Mondiali dello scorso anno. Oggi però Silvia ha deluso molto le aspettative, perché la possibilità di entrare in finale e di migliorare il piazzamento di Pechino 2008 c'era. L'azzurra però non è mai sembrata a suo agio, ha effettuato un primo lancio fuori dal perimetro valido, un secondo contro la rete di protezione, e il terzo e ultimo che ha ancora toccato le reti, fermandosi alla misura di 10 metri e poco più, molto meno dei 70 metri che erano abbondantemente alla sua portata. La ligure ha pagato un netto calo atletico dopo una brillante prima fase di stagione, ha provato a dare il massimo nonostante tutto ma ha finito per essere solo imprecisa, e ha chiuso la sua esperienza olimpica ampiamente insoddisfatta. Un vero peccato, avrebbe meritato un risultato migliore.
La squadra francese (basket): Lo dicono tanti esperti da parecchi anni a questa parte: se i suoi talenti imparassero a giocare di squadra e a sacrificarsi tutti insieme per un obiettivo comune, la Francia sarebbe un avversario temibile per chiunque. Dall'anno scorso, in vista proprio di queste Olimpiadi, i vari Parker, Diaw, Batum e Turiaf sembravano aver capito tutto questo, avevano ottenuto un secondo posto agli Europei e sembravano finalmente in grado di far diventare un ottimo gruppo di singoli una vera squadra. Oggi con la Spagna avevano l'occasione della vita di entrare nella storia, visto il loro stato di forma in crescendo e il momento un po' complicato della squadra iberica. Invece, dopo aver fatto un'ottima metà di gara, i francesi si sono persi nell'ultimo quarto, quando hanno segnato solo 6 punti, con forzature e troppe giocate individuali, lasciando di fatto la vittoria alla Spagna. A ciò si aggiunge il nervosismo nel finale, con due falli durissimi di Turiaf e Batum che non hanno giustificazioni e meritano una punizione esemplare. Davvero un pessimo modo per chiudere l'Olimpiadi.
Veronica Campbell-Brown (atletica): Per una volta, la Giamaica che sta dominando il panorama della velocità mondiale è uscita da una gara senza la medaglia dal metallo più pregiato. Nella gara femminile dei 200 metri in tanti si aspettavano una grande gara dalla Campbell-Brown, campionessa giamaicana nella specialità e già due volte campionessa olimpica su questa distanza. A sorpresa, invece, per la sprinter è arrivato un deludente quarto posto, che l'ha relegata ai piedi del podio e ha cancellato le sue speranze di un tris olimpico. E' vero che negli ultimi anni le sue prestazioni erano un po' in calo, e che in pista c'erano tante rivali agguerrite, una su tutte la vincitrice e specialista americana Allyson Felix, ma finire addirittura senza medaglia è stato davvero deludente per una campionessa come lei. Una delusione insomma, dopo il terzo posto quasi a sorpresa nei 100 metri, che non sono mai stati la sua distanza. Vedremo se nella staffetta 4x100 riuscirà a riscattarsi e a prendersi il primo oro di queste Olimpiadi.
Dayron Robles (atletica): E' probabile che qualcuno andrà a gettare del sale sui blocchi di partenza dei 110 ostacoli: dopo il clamoroso e sfortunato infortunio del campione cinese Liu Xiang, caduto un attimo dopo lo start e costretto ad abbandonare la pista su una gamba sola, ieri è stato il turno della medaglia d'oro di Pechino, Dayron Robles. Il cubano, reduce da una stagione discreta anche se non positiva come in passato, puntava su questa gara per provare a tornare tra i migliori della disciplina, dopo alcune prestazioni non all'altezza in passato e soprattutto la discussa squalifica dei Mondiali dello scorso anno, quando aveva ostacolato Liu Xiang. La vittoria sembrava comunque una chimera, viste le grandi prestazioni degli americani Merritt e Richardson, ma con l'uscita di scena del rivale cinese le speranze di ottenere almeno un podio e onorare l'oro di quattro anni fa c'erano. Invece, Robles non è riuscito a terminare la gara, si è fermato poco dopo la metà per un infortunio muscolare alla coscia, e così ha chiuso nel modo peggiore la sua esperienza in queste Olimpiadi. Da oggi in poi, potrebbero autorizzare tutti i partecipanti a questa gara a portarsi un talismano sui blocchi: visti i tanti infortuni e gli errori, potrebbe tornare utile...

mercoledì 8 agosto 2012

PUNTO OLIMPICO N. 11

Immagine tratta da rosmarinonews.it
Giornata poco positiva per i colori azzurri in queste Olimpiadi di Londra 2012, che per una volta non hanno portato a casa altre medaglie. Vediamo chi sono stati i migliori e i peggiori di oggi.
I MIGLIORI
Josefa Idem (canoa): Credo che siano finiti gli aggettivi per descrivere questa fantastica atleta: con le gare disputate oggi, ha ufficialmente preso parte a ben 8 edizioni consecutive dei Giochi Olimpici, le prime due con la Germania Ovest, le altre con i colori azzurri. Nel 1984, a Los Angeles, aveva appena vent'anni, oggi va per i quarantotto, e gareggia contro atlete che potrebbero tranquillamente essere sue figlie. Eppure, nonostante l'avanzare degli anni, nel K1 500 metri continua a spiegare a tante avversarie come si fa a vincere: un'eliminatoria in scioltezza, senza forzare troppo, una semifinale a tutta forza, imponendosi con il suo ritmo e strappando l'ennesima finale olimpica della carriera. Giovedì mattina tornerà nuovamente in acqua, per giocarsi ancora una volta una medaglia e riscrivere la storia, dopo aver già vinto un oro, due argenti e due bronzi olimpici. E anche se non dovesse arrivare un podio, nessuno potrebbe rimproverare niente a questa fantastica atleta, perché arrivare così in alto a quest'età è già una strepitosa vittoria. Semplicemente immensa, infinita Josefa, un vero esempio di voglia e di tenacia.
Vanessa Ferrari (ginnastica): Merita di essere tra le note positive di oggi, come meritava decisamente di ottenere una medaglia e di ricevere un rispetto maggiore per quanto fatto in questi anni. Esplosa alla vigilia delle Olimpiadi di Pechino, in cui era stata la più giovane tra le atlete azzurre, aveva incontrato molte difficoltà in seguito ad un infortunio, non riuscendo in quell'edizione dei Giochi a dare il massimo. Era andata avanti, nonostante alcune difficoltà e altri problemi fisici, era tornata alla forma migliore e si era presentata a Londra con serie ambizioni di medaglia. Dopo un'ottima prova nella competizione a squadre, si era guadagnata la finale con il terzo punteggio complessivo, il che legittimava le sue velleità di podio. Purtroppo, in finale è arrivata la crudele beffa del quarto posto, benché sia giunta a pari punti con la russa Mustafina: in questi casi, infatti, prevale il voto dell'esecuzione, che è stato più alto per la russa. Una vera delusione, che la povera Vanessa non meritava.
Chris Hoy (ciclismo): Dalla disciplina che ha regalato più soddisfazioni ai padroni di casa, il ciclismo su pista, è arrivato un altro oro per la squadra britannica, e questo sa veramente di leggenda; perché con questo successo, oltre ad essere arrivata la settima vittoria inglese in dieci competizioni su pista in queste Olimpiadi, un uomo è entrato definitivamente nella storia dello sport. Con il trionfo di oggi, Sir Chris Hoy è diventato l'atleta inglese con il maggior numero di ori olimpici, ben sei, superando il fenomeno del canottaggio Steve Redgrave, che si fermò a cinque successi, e raggiungendo Bradley Wiggins al primo posto tra i britannici più medagliati di sempre. Oggi, nel keirin, ha compiuto molto probabilmente l'ultima impresa della sua strepitosa carriera: in una gara durissima contro il tedesco Levy, è stato in testa fin dall'inizio, ha subito il sorpasso dell'avversario nell'ultimo giro, ma ha avuto la forza di reagire e riportarsi davanti, tagliando per primo il traguardo. Il modo migliore per concludere la sua esperienza da atleta, ed entrare ancora di più nella leggenda dello sport olimpico e mondiale.
Ilya Zakharov (tuffi): Il sogno della Cina, che sperava di vincere per la prima volta la medaglia d'oro in tutte le gare di tuffi di questa Olimpiade, si è infranto davanti alla classe e alla bravura di questo giovane atleta russo. Classe 1991, Zakharov è un atleta emergente nella disciplina, che si è imposto per la prima volta sulla scena agli Europei del 2010 e ai Mondiali del 2011, conquistando complessivamente quattro medaglie, tutte d'argento, come se gli mancasse ancora qualcosa per arrivare al successo. Quest'anno, il salto di qualità è stato compiuto definitivamente: dopo l'argento nella piattaforma 3 metri sincro, infatti, il russo si è presentato con grande sicurezza alla prova individuale, sfidando lo strapotere del campione cinese He e del suo connazionale Qin fin dalle eliminatorie, concluse al primo posto. Dopo il secondo posto in semifinale, Zakharov si è preso la rivincita nella finale, conclusa con punteggi altissimi, tanti 10 nella parte finale della gara, e un ultimo tuffo praticamente fantastico, da oltre 100 punti. La medaglia d'oro oggi è meritatamente sua, con buona pace dei cinesi.
I PEGGIORI
Liu Xiang (atletica): L'uomo che quattro anni fa aveva fatto piangere quasi un miliardo e mezzo di persone oggi è riuscito nell'impresa di fare altrettanto. A Pechino, tutti attendevano con ansia la prestazione dell'ostacolista padrone di casa, già campione olimpico quattro anni prima e serio candidato per il bis. Invece, un infortunio al tendine d'Achille costrinse Liu a dare forfait davanti al suo pubblico, che si trovò davanti ad un vero e proprio dramma nazionale. Quest'anno era arrivato a Londra per rifarsi da quella cocente delusione, per battere tutti i rivali e dimostrare che il più forte è ancora lui. Invece la maledizione olimpica si è ripetuta: nelle qualificazioni, il cinese ha centrato in pieno il primo ostacolo, crollando a terra e dicendo subito addio ai suoi sogni di rivalsa. Una vera beffa per lui, che nella caduta si è anche infortunato seriamente, ed è stato costretto a finire la gara su una gamba sola, ricevendo poi il sostegno di tutti i suoi avversari e l'applauso dell'intero stadio, che ha capito il suo dramma e l'ha comunque incoraggiato. Il suo bacio all'ultimo ostacolo è sembrato un saluto non solo all'Olimpiade, ma alle gare in genere: vedremo se ci ripenserà.
Adam Krikorian (pallanuoto): Per qualche minuto, l'allenatore americano della squadra femminile di pallanuoto deve essersela vista davvero brutta: per un suo errore, infatti, le sue ragazze hanno rischiato seriamente di veder sfuggire i loro sogni di vittoria. Nella semifinale tra Stati Uniti e Australia, a poco più di un minuto dalla fine di una partita dura e tirata, le americane si sono portate in vantaggio, e hanno cercato di resistere a tutti gli attacchi delle australiane. A un secondo dalla fine, con il pallone uscito dal campo, l'allenatore americano chiede time out, convinto che il possesso sia per la sua squadra. Invece gli arbitri assegnano la palla all'Australia, e per regolamento, siccome non si può chiedere una sospensione se non si è in possesso del pallone, concedono un rigore contro le americane, che riporta il punteggio in parità. Una vera e propria ingenuità da parte di Krikorian, allenatore molto esperto, che per una volta è stato tradito dall'emozione e ha rischiato di compromettere tutto. Per fortuna le sue ragazze si sono imposte dopo i supplementari, scacciando i cattivi pensieri dalla testa del loro allenatore.
I giudici (ginnastica): Diciamola tutta: assistere ogni volta a dispute perché i giudici hanno favorito un atleta a danno di un altro ci ha stufati, è qualcosa che stride terribilmente con lo spirito sportivo dei Giochi Olimpici. Oggi si sono verificati due episodi paradossali, al limite del ridicolo, che gettano nuove ombre sul sistema dei punteggi e dei giudizi nella ginnastica. Prima l'americana Raisman, giunta quarta nella trave, ha ottenuto il terzo posto a danno della rumena Podor dopo un ricorso, perché il suo punteggio di partenza era stato calcolato male. Poi proprio la Podor, sfavorita e forse danneggiata in precedenza, ha ricevuto una valutazione forse eccessiva nel corpo libero a danno della nostra Vanessa Ferrari, penalizzata invece più del giusto e costretta ad un amarissimo quarto posto. Bisogna rivedere qualcosa in questo genere di competizioni, lo dicevamo per i tuffi e lo ripetiamo oggi: il giudizio umano è estremamente soggettivo, per questo bisognerebbe forse fare ricorso alla moviola per chiarirsi di più le idee e rivedere alcune scelte magari affrettate. A ciò si aggiungono le regole da cambiare: possibile che se due atlete giungono a pari punti viene premiato il giudizio sull'esecuzione rispetto al punteggio di partenza? E' normale che chi porta un esercizio più semplice ha più possibilità di fare bene. Un ex-aequo in questi casi non potrebbe essere la scelta migliore?
L'Italvolley (pallavolo): La vera delusione della giornata, stavolta senza giustificazioni di sorta, viene dalle nostre pallavoliste, che per l'ennesima volta interrompono ai quarti di finale il loro cammino nelle Olimpiadi. Dopo la vittoria nella Coppa del Mondo dello scorso anno, la squadra di Barbolini sembrava finalmente pronta a dare la caccia all'unico titolo che le mancava, ovvero l'oro olimpico. Le premesse c'erano tutto, il gruppo era forte e molto esperto, con un buon mix di atlete giovani e promettenti e di veterane probabilmente all'ultima competizione in Nazionale. Invece, dopo aver disputato una fase a gironi più che positiva, con tre vittorie e una sola sconfitta al tie-break contro la temibile Russia, l'Italia si è sciolta contro la Corea del Sud, avversaria dura ma di certo non imbattibile. Come ad Atene 2004 e a Pechino 2008, alle azzurre è mancata la tranquillità, la capacità di gestire il momento importante e il peso di una sfida a eliminazione diretta. Poca incisività in attacco, errori talvolta banali e imprecisione in fase di ricezione, cambi dalla panchina che non hanno cambiato la gara: dopo il primo set vinto, le ragazze si sono man mano spente, consegnando alle coreane il pass per le semifinali. Ancora una volta, per l'ennesima volta, la loro avventura olimpica è finita male e decisamente troppo presto.

lunedì 6 agosto 2012

PUNTO OLIMPICO N. 10

Immagine tratta da mondoallarovescia.com
Inizia oggi l'ultima settimana dei Giochi Olimpici di Londra 2012. Vediamo chi abbiamo scelto come migliori e peggiori di questa giornata.
I MIGLIORI
Niccolò Campriani (tiro a segno): Dopo l'argento nella carabina 10 metri, ad un soffio dalla vittoria, e l'ottavo e ultimo posto nella carabina 50 metri a terra, che non è mai stata la sua specialità, qualcuno aveva storto il naso, dicendo che questo ragazzo stava deludendo le attese e che non aveva fatto vedere tutto ciò ci cui era capace. Oggi Niccolò ha dato una prova di forza incredibile, ha stravinto l'oro nella carabina 50 metri tre posizioni, facendo segnare il record olimpico sia nelle qualificazioni che nella finale. Con la calma di un vero veterano, il tiratore toscano ha preso un vantaggio enorme nella prima parte della competizione, limitandosi poi a gestirlo e a controllare i tentativi di rimonta degli avversari. Due medaglie di metallo preziosissimo, primo tiratore italiano a riuscire nell'impresa dai tempi di Roberto Di Donna ad Atlanta 1996. Venticinque anni, il volto di un ragazzino, la testa di un veterano, l'abilità di un campione. Una delle immagini più belle della nostra Olimpiade.
Matteo Morandi (ginnastica): L'aveva detto più volte: la medaglia olimpica era l'unica cosa che gli mancava per considerare completa la sua carriera. Quella di oggi era la sua terza occasione, dopo le finale agli anelli disputate nel 2004 e 2008; nella prima occasione, si era inchinato davanti al suo amico e idolo, il signore degli anelli Yuri Chechi, nella seconda non si era dimostrato all'altezza e aveva chiuso con un deludente sesto posto. Oggi non ha steccato, dopo aver ottenuto il secondo punteggio nelle qualificazioni ha confermato le sue doti con un esercizio molto positivo, che gli è valso un bronzo meritatissimo. Ha avuto una leggerissima indecisione nell'atterraggio finale, che forse gli ha impedito di vincere la medaglia d'argento, ma per il ginnasta lombardo essere sul podio è già un grandissimo risultato. Ora può davvero dire di essersi tolto tutte le soddisfazioni che voleva.
Massimo Fabbrizi (tiro a volo): Al completamento di una giornata quasi perfetta per i colori azzurri, mancava solo un tipo di medaglia, quella d'argento. L'ha ottenuta questo carabiniere di San Benedetto del Tronto, meno noto del suo compagno di tiro, il veterano Giovanni Pelliello, ma fresco campione del Mondo nel trap sia nell'individuale che a squadre. Oggi aveva iniziato benino, con qualche errore di troppo ma ottenendo senza eccessive difficoltà la finale, nella quale poi si è esaltato e ha tirato fuori il meglio di sé. Due soli errori, una gran serie di centri che gli ha permesso di scavalcare tutti e giocarsi l'oro con il croato Cernogoraz, l'unico in grado di tenere il suo ritmo. Ha sbagliato nei tiri di spareggio, cedendo il primo posto al suo avversario, ma è rimasta comunque la grandissima soddisfazione per un argento conquistato alla sua prima partecipazione alle Olimpiadi. Lui stesso ha riconosciuto la bontà del suo risultato, ricordando i grandi sacrifici e la soddisfazione per essere arrivato fino a qui: un atteggiamento da vero atleta olimpico.
Felix Sanchez (atletica): In un'atletica che produce ogni anno nuovi campioni, giovani e affamati di vittorie, merita di essere raccontata la storia di questo veterano della pista. Dominicano, trentacinque anni quasi compiuti, era stato un autentico dominatore dei 400 ostacoli, vincendo 43 gare consecutive di specialità tra il 2001 e il 2004, compresi i Mondiali del 2001 (contro il nostro Fabrizio Mori) e del 2003 e le Olimpiadi di Atene, in cui aveva regalato il primo oro olimpico al suo Paese. Dopo alcuni infortuni e un netto calo, aveva fallito a Pechino 2008, anche a causa di un lutto familiare, e da allora la sua carriera sembrava avviata alla fine. Oggi ha stupito tutti, ancora una volta, ha piazzato la zampata vincente contro i giovani leoni Tinsley e Culson, ed è tornato il campione olimpico otto anni dopo. Ha dedicato il successo alla sua famiglia e alla sua nonna scomparsa, dicendo che la pioggia che cadeva in quel momento erano proprio le lacrime di lei, che lo seguiva dal cielo. Una pagina di poesia, degna dei Giochi Olimpici.
I PEGGIORI
Alex Schwazer (marcia): La maglia nera della giornata spetta a lui, e non ci sono discussioni. Campione olimpico nella 50 chilometri di marcia a Pechino, uomo-simbolo dell'atletica italiana, atteso da tutti come una delle possibili medaglie di questa spedizione, ma soprattutto ragazzo modello per molti, esempio a cui ispirarsi per tanti giovani sportivi azzurri. La notizia della sua positività al doping è un vero e proprio fulmine a ciel sereno, una mazzata durissima che rovina l'immagine dello sport italiano e cancella tutto ciò che questo atleta aveva fatto di buono negli anni passati. Chi si macchia di illecito e ricorre a sostanze dopanti perde sempre, in partenza, perché dimostra che non è abbastanza forte e sicuro di vincere da solo, tradisce chi ha fiducia in lui, chi per anni e anni lavora e si impegna per ottenere il massimo risultato in maniera pulita. Ha ammesso le sue colpe, ma questo non basta e non può assolutamente bastare, il CONI deve prendere provvedimenti e fare in modo che delusioni simili non si verifichino più.
La squadra maschile (pallavolo): Niente da fare per i nostri ragazzi, che ancora una volta finiscono dietro la lavagna dei cattivi. La sconfitta sorprendente della Polonia, battuta questa mattina dall'Australia, aveva dato ai nostri una grandissima occasione di ottenere il primo posto nel girone e ottenere un quarto di finale più abbordabile: bisognava battere la Bulgaria, evitando di arrivare fino al quinto set. Purtroppo però, dopo un buon inizio di gara e un primo set in cui l'Italia ha dato il meglio di sé, perdendo solo ai vantaggi, è arrivata una netta sconfitta, con gli altri due parziali persi senza grandi sussulti. Un brutto colpo per la squadra di Berruto, che si troverà così costretta ad affrontare nei quarti i temibili Stati Unici, campioni olimpici uscenti e superfavoriti per ripetersi. Servirà una gara perfetta a livello tecnico e mentale, servirà il cuore che solo i veri campioni sanno tirare fuori nei momenti difficili: tutte qualità che i nostri, finora, non hanno mostrato di possedere.
Michael Diamond (tiro a volo): Veterano del tiro al piattello, specialista del trap, in cui ha già vinto due ori olimpici ad Atlanta 1996 e a Sidney 2000, oggi il quarantenne australiano sembrava pronto a scrivere una nuova pagina di sport. Dopo essere apparso sottotono ad Atene 2004, ed essersi accontentato del quarto posto a Pechino 2008, era partito a mille nelle qualificazioni, centrando un incredibile 125/125, che gli era valso il record olimpico, e candidandosi seriamente alla terza medaglia d'oro della sua carriera. Nella finale, però, è accaduto l'imprevedibile: non solo Diamond ha interrotto la sua serie di centri perfetti, ma con cinque errori ha subito la rimonta dei suoi avversari, finendo dietro al nostro Fabbrizi e al croato Cernogoraz e dovendosi giocare il bronzo con il kuwaitiano Al Deehani. Nello spareggio si è completato il pomeriggio orribile dell'australiano, che ha commesso un altro errore ed è quindi finito, clamorosamente, al quarto posto e con un'amara medaglia di legno. Da leggenda a fallimento: nello sport, si sa, il passo è sempre breve.
Yelena Isinbayeva (atletica): Per anni è stata la regina indiscussa, o vista l'origine sarebbe meglio dire la Zarina, nel salto con l'asta. Oro olimpico ad Atene e Pechino, due volte campionessa mondiale, detentrice del record del Mondo nella specialità, che ha migliorato per la bellezza di diciassette volte, fenomeno indiscusso dell'atletica, ricercata da sponsor e pubblicità, una vera donna da copertina. Negli ultimi anni era sembrata in calo, i cattivi risultati ai Mondiali del 2009 e soprattutto nel recente 2011 avevano dimostrato che non era più imbattibile come un tempo, ma tutti si aspettavano che l'atmosfera olimpica avrebbe risvegliato la campionessa in letargo. Invece Yelena non è tornata ai livelli che tutti aspettavano, è sembrata più incerta e macchinosa in fase di rincorsa, e il banale errore a 4 metri e 55 mostrava già che qualcosa non andava. Alla fine si è fermata al terzo posto, battuta dall'americana Suhr e dalla cubana Silva, e ha detto addio ad una storica tripletta d'oro. Anche i più grandi tra i re, prima o poi, sono costretti ad abdicare.

PUNTO OLIMPICO N. 9

Immagine tratta da ibtimes.co.uk
Siamo arrivati alla nona giornata di questi Giochi Olimpici di Londra 2012, tante competizioni si sono concluse oggi e oltre metà del programma olimpico è stato svolto. Vediamo quali sono i personaggi che oggi si sono messi in evidenza in positivo e in negativo.
I MIGLIORI
Valeria Straneo (atletica): Un ottavo posto in una gara non vale sicuramente una medaglia, ma quando viene ottenuto a trentasei anni dopo una carriera da perfetta sconosciuta merita sicuramente una citazione. Madre di due bambini, laureata in lingue, la maratoneta di Alessandria ha vissuto un periodo non felicissimo nel 2010, quando ha subito l'asportazione della milza per una sferocistosi. Da allora però Valeria ha iniziato la sua incredibile storia, ha realizzato il primato italiano ad aprile 2012 nella maratona di Rotterdam e si è guadagnata un posto in queste Olimpiadi. Oggi contro le africane non c'era nulla da fare, lei ha disputato una gara giudiziosa e grintosa, prendendosi un meritato ottavo posto, prima delle azzurre. Le sue "compagne" hanno storto il naso alla sua presenza, accusandola di doping per le sostanze che assume come terapia post operatoria, lei non ha battuto ciglio ed è andata avanti per la sua strada, come sempre.
Andy Murray (tennis): Quella di oggi doveva essere la giornata della consacrazione di Roger Federer, è stato invece il momento di gloria per il tennista britannico, che quando perde è scozzese di nascita e quando vince è inglese di formazione. Un mese dopo la dura sconfitta contro il campione svizzero a Wimbledon, si è preso una grande rivincita sulla stessa superficie, dominando questa finale dall'inizio alla fine, non concedendo nemmeno un set all'avversario e prendendosi un oro che sa di storia. Accusato tante volte di essere un giocatore incompleto, incapace di gestire la pressione nei momenti che contano davvero, oggi ha fatto vedere a tutti che la sua definitiva maturazione, se non è ancora arrivata, è quanto meno molto prossima. Ora lo attendono gli U.S. Open per dimostrare che il brutto anatroccolo si è trasformato finalmente in un bel cigno.
La squadra maschile (scherma): Dopo le ragazze, applausi a scena aperta anche per la squadra maschile di fioretto, che era chiamata a dimostrare qualcosa dopo aver fallito nell'individuale e non si è fatta trovare impreparata. Un oro vinto con merito da Andrea Baldini, che riscatta l'Olimpiadi persa 4 anni fa per un presunto caso di doping, Andrea Cassarà, numero 1 del ranking mondiale di specialità non per caso, Giorgio Avola, chiamato in causa dopo essere partito riserva e dimostratosi prontissimo, e Valerio Aspromonte, che forse ha sentito un po' troppo la pressione nella gara d'esordio e ha assistito al trionfo da spettatore. Un successo importante per Stefano Cerioni, allenatore del fioretto maschile e femminile, che è stato la mente di questa grande spedizione, che ha fruttato all'Italia tre ori, un argento e un bronzo, più di un terzo delle medaglie vinte finora. Chapeau.
Usain Bolt (atletica): Il campione è in crisi, si diceva prima di questa finale. Il successo lo ha appagato, non è in forma, non sarà più l'atleta di Pechino. La squalifica ai Mondiali 2011 sembrava un segnale ulteriore che qualcosa si era rotto, che l'uomo più veloce del Mondo non era più imbattibile. Poi è partito lo sparo, e Usain Bolt è tornato quello di sempre, una freccia nera che vola più veloce del vento e nessuno riesce a raggiungere e tanto meno superare; 9.36, record olimpico e seconda prestazione mondiale di tutti i tempi con una temperatura bassa e poco favorevole, concorrenza spazzata via e secondo oro consecutivo nei 100 metri, unico a riuscirci insieme a Carl Lewis. L'americano però ci riuscì dopo la squalifica per doping di Ben Johnson, Bolt invece non ha avuto bisogno di alcun aiuto, ha fatto tutto da solo, e oggi come quattro anni fa le prime pagine mondiali sono tutte per lui.
I PEGGIORI
Roger Federer (tennis): Oggi sull'erba di Wimbledon tutti erano pronti a sentire la frase: "Game, set, match, history!" Il campione svizzero, sette volte vincitore sull'erba londinese, l'ultima proprio un mese fa, partiva con i favori del pronostico per vincere l'oro olimpico ed entrare nella leggenda. L'assenza del suo grande rivale Rafa Nadal e l'eliminazione in semifinale di Nole Djokovic sembravano averlo favorito, e tutti già parlavano del suo ennesimo successo. Invece Re Roger per una volta ha dovuto cedere lo scettro, complice una partita non all'altezza contro un avversario che, al contrario, si è esaltato e ha dato davvero il meglio di sé. Il match-maratona in semifinale contro Del Potro ha sicuramente influito, ma la sensazione è che oggi per Federer non ci fosse proprio nulla da fare. Peccato, questa era l'ultima occasione per lo svizzero per assicurarsi la medaglia d'oro olimpica, vista l'età non più verde e la concorrenza sempre più spietata dei giovani campioni emergenti.
Il Setterosa (pallanuoto): Otto anni fa la gioia per l'oro olimpico, oggi l'amarezza per un'eliminazione netta, senza grandi discussioni, anche se contro delle avversarie sicuramente molto forti e tra le candidate alla vittoria. Le azzurre ce l'hanno messa tutta, hanno provato a gettare il cuore oltre l'ostacolo e a regalare a tutti ancora una volta un sogno olimpico. Non c'è stato niente da fare, dopo una grande partenza le nostre hanno subito il ritorno delle americane e alla fine si sono arrese alla loro netta superiorità, dicendo addio ai sogni di medaglia. Oggi si poteva fare poco meglio, gli errori sono stati commessi in girone, con una sola vittoria contro le britanniche e due nette sconfitte contro russe e australiane che hanno compromesso il cammino del Setterosa. Dopo la vittoria agli Europei di quest'anno ci aspettavamo di più, urge continuare il rinnovamento e ripartire con maggiori certezze e più determinazione.
I giudici (tuffi): Chiariamolo subito, oggi la nostra Cagnotto non ha disputato la sua miglior gara di sempre, ha commesso alcuni piccoli errori che le hanno tolto punti preziosi per la corsa verso una medaglia. Detto questo, abbiamo delle enormi perplessità per quello che stanno facendo i giudici dei tuffi in queste Olimpiadi. Nella finale del trampolino 3 metri sincro, in tanti hanno criticato i punteggi assegnati alle atlete canadesi, non penalizzate a sufficienza nel loro ultimo tuffo nonostante un errore evidente, e alla fine terze davanti alle nostre Cagnotto e Dallapé per soli due punti. Oggi la storia si è tristemente ripetuta, con una beffa ancora più crudele: la nostra Tania ha perso il bronzo per appena venti centesimi di punto, con un ultimo tuffo semi perfetto che a detta di molti non ha ricevuto la giusta valutazione. Quattro anni di duro lavoro non possono essere decisi in modo tanto crudele per una decisione così arbitraria e personale, occorre cambiare qualcosa perché così, francamente, si rischia solo di far perdere credibilità ad una disciplina fantastica, che merita i migliori palcoscenici del Mondo.
Asafa Powell (atletica): Sicuramente non era lui l'uomo più atteso questa sera, e vista la concorrenza sempre più agguerrita degli ultimi anni era difficile pensare che il giamaicano avrebbe potuto competere per la vittoria finale. Detto questo, vedere il velocista quasi trentenne ancora una volta a terra dopo l'arrivo, con le lacrime agli occhi per la delusione, mette una certa tristezza. La sua carriera sembra quella di un eterno incompiuto: primatista del Mondo dei 100 metri dal 2005 al 2007, spesso ritenuto il favorito per la vittoria, ma mai in grado di piazzare la zampata giusta nel momento decisivo. Quinto ad Atene 2004 e Pechino 2008, due bronzi ai Mondiali 2007 e 2009, ha conquistato l'oro olimpico e mondiale solo nella staffetta 4x100, troppo poco per un atleta con il suo potenziale.Oggi è finito amaramente all'ultimo posto, penalizzato da un infortunio, ma era già abbondantemente fuori dalla lotta per le medaglie. Un modo davvero triste di concludere quella che molto probabilmente è stata la sua ultima Olimpiade.

domenica 5 agosto 2012

PUNTO OLIMPICO N. 8

Immagine tratta da pocket-lint.com
Siamo arrivati all'ottava giornata di questi bellissimi Giochi Olimpici di Londra 2012. Vediamo chi sono stati  migliori e i peggiori di oggi.
I MIGLIORI
Jessica Rossi (tiro a volo): Un cognome che in Italia è assolutamente comune per una ragazza che di normale non ha niente. Vent'anni appena, ma una freddezza da assoluta veterana e la sicurezza di chi conosce i propri mezzi e le proprie possibilità. Una gara a dir poco perfetta nel trap per Jessica, che straccia un record dopo l'altro, chiude con 99 piattelli rotti su 100 e si prende un oro strameritato. Una predestinata del tiro, visto che fin da quando aveva diciassette anni ha incominciato a vincere e a far vedere a tutti le sue qualità: prima campionessa italiana, poi europea e mondiale, una vera e propria scalata al successo. Questo oro olimpico è la definitiva consacrazione, la dimostrazione del suo talento cristallino, e la dedica ai terremotati dell'Emilia dimostra che questa ragazza, nonostante la fama improvvisa, ha ancora i piedi ben saldi per terra.
Serena Williams (tennis): L'avevamo detto: in bocca al lupo a chi se la troverà di fronte, perché ne avrà veramente bisogno. Non c'è stato niente da fare, lo stato di grazia dell'americana è davvero incredibile: finale dominata contro la Sharapova, l'unica che sembrava in grado di poterla impensierire, un 6-0 6-1 che non ammette repliche. In totale, sono 17 i game persi in tutto il torneo dalla Williams, che è tornata ai livelli di qualche anno fa, quando insieme alla sorella Venus monopolizzava le finali degli Slam di tennis, trasformandole in sfide tutte in famiglia. Con l'oro conquistato oggi, Serena centra l'ultimo successo che le mancava ed entra ufficialmente nella leggenda del tennis mondiale, visto che l'unica tennista in grado di realizzare un simile en-plain di successi è stata Steffi Graf negli anni Ottanta. Una vera leggenda, complimenti davvero.
Oscar Pistorius (atletica): Si può entrare nella storia in mille modi, talvolta bisogna vincere titoli e gare e fare record su record, in altri casi invece basta solo partecipare. Questa mattina, a Pistorius è bastato essere al via delle batterie dei 400 metri per scrivere un nuovo, importante capitolo di sport. Privo di entrambe le gambe, che gli sono state amputate dal ginocchio in giù a nemmeno un anno per una malformazione, il sudafricano ha iniziato da tempo una lunga battaglia contro la IAAF per partecipare alle gare insieme ai normodotati. A Pechino 2008 non ci arrivò per non aver ottenuto i tempi minimi di qualificazione, stavolta invece il suo sogno è diventato realtà. Alla sua prima gara ha ottenuto un brillante secondo posto, che gli vale l'accesso in semifinale, ma soprattutto ha ricevuto l'ovazione e i complimenti di tutto lo stadio, per il coraggio e la tenacia dimostrata nell'inseguire il suo sogno. Comunque vada a finire, lui la sua Olimpiade l'ha già vinta.
Gregorio Paltrinieri (nuoto): Citazione di merito per questo ragazzo che a breve compirà 18 anni. Esploso nei recenti Europei di nuoto in Ungheria, dove ha conquistato l'argento negli 800 stile e l'oro nei 1500 stile, aveva ottenuto il pass olimpico, e già per questo aveva fatto molto. Poi, quanto tutti i suoi colleghi in vasca hanno inesorabilmente fallito, tutte le speranze azzurre di ottenere una medaglia ed evitare un clamoroso "zero" sono rimaste sulle sue giovani spalle. Ha concluso la finale dei 1500 metri al quinto posto, un po' condizionato da un problema alla spalla accusato in mattinata, ma non ha cercato alibi, si è preso le sue responsabilità e ha dato appuntamenti a tutti alle prossime occasioni, perché il futuro dovrà appartenere a lui e alla sua generazione. In una spedizione condizionata da polemiche, tante chiacchiere e pochissimi risultati, il suo sorriso e la sua voglia di divertirsi e competere nonostante tutto sono forse la fotografia più bella.
I PEGGIORI
Pau Gasol (basket): E' da anni il simbolo della Spagna vincente, uno dei cestisti europei più forti di tutti i tempi, due volte campione NBA con i Los Angeles Lakers e d'Europa con i suoi compagni iberici, e ha vinto anche i Mondiali del 2006 e un argento olimpico nel 2008. Su di lui sono riposte molte delle speranze di una squadra che, per il potenziale atletico a disposizione, sembra l'unica in grado di competere con Team USA per la medaglia d'oro. Purtroppo oggi il centro spagnolo si è reso protagonista in negativo nella sconfitta della sua Spagna contro la Russia: nell'ultimo minuto di gioco, con il punteggio in parità, prima ha lasciato solo Mozgov che è andato a schiacciare, poi ha mancato uno dei due liberi che probabilmente avrebbero mandato la gara al supplementare. Niente è perduto ovviamente, siamo solo al girone, ma così gli spagnoli rischiano seriamente di dover affrontare gli USA già nelle semifinali, compromettendo le speranze di ottenere l'oro. Pau e compagni sono chiamati ad una pronta reazione e a non commettere più errori, se vogliono tenere vivi i loro sogni di vittoria.
La squadra femminile (scherma): Nello sport che ci sta riservando le maggiori soddisfazioni, vale a dire la scherma, oggi è arrivata la prima vera delusione: le ragazze della spada, che già non avevano brillato molto nel singolare, sono state eliminate subito nella prova a squadra, abbandonando i sogni di ottenere una medaglia. Contro gli Stati Uniti, non proprio le avversarie più dure da affrontare, le nostre hanno iniziato abbastanza bene, poi hanno preso un parziale importante nella seconda parte dell'incontro, che non sono più riuscite a recuperare. Negativa soprattutto la prova di Nadia Del Carretto e Rossella Fiamingo, dominate dalle rispettive avversarie, con la sola Mara Navarria a cercare di tenere in piedi la sfida. Giornata conclusa con un deludente settimo posto, e con la sensazione che bisognerà lavorare parecchio per creare una squadra vincente e affiatata.
Francesca Dallapé (tuffi): Dopo la delusione per la medaglia persa di un soffio nei 3 metri sincro, la tuffatrice azzurra sperava di rifarsi nella gara individuale, anche se era la prima volta che vi prendeva parte in un'Olimpiade. Le eliminatorie sono state superate con discreta tranquillità, ma purtroppo nelle semifinali Francesca non è riuscita a migliorare le sue prestazioni, e ha concluso la gara con un amaro quindicesimo posto che le è valso l'eliminazione. Un vero peccato per lei, condizionata da un paio di tuffi non perfetti, soprattutto il secondo e il quarto, che le hanno impedito di ottenere i punti che sperava e l'hanno costretta a gareggiare sempre al limite per sperare di ottenere il dodicesimo posto, che invece non è arrivato. Mentre la sua compagna e amica Tania Cagnotto si presenterà in finale con il secondo posto parziale, a lei rimarrà solo l'opportunità di assistere e tifare dalle tribune, con la consapevolezza di aver perso definitivamente le speranze di una medaglia olimpica.
La squadra maschile (pallavolo): Non ci si lasci ingannare dal risultato finale e dalla grande rimonta italiana: andare sotto di due set contro l'Australia è una notizia tutt'altro che positiva per la formazione azzurra, perché la formazione avversaria era una delle più deboli del girone, e perdere punti contro squadre di basso livello non aiuta ad avere fiducia in vista delle partite a eliminazione diretta. I ragazzi di Berruto sono sembrati deconcentrati, troppo molli a inizio gara, poco incisivi in ricezione e imprecisi in attacco, mentre gli australiani si caricavano a ogni punto e strappavano i primi set con grinta e determinazione. Con le spalle al muro, gli italiani hanno iniziato finalmente a giocare e hanno ribaltato il risultato, vincendo un tie-break sofferto e tirando un gran sospiro di sollievo. La qualificazione al turno successivo non è in discussione, ma serve qualcosa di meglio per sperare di arrivare in zona medaglie, e i nostri avversari negli scontri a eliminazione diretta di sicuro non ci faranno regali.

venerdì 3 agosto 2012

PUNTO OLIMPICO N. 7

Immagine tratta da citelighter.com
Come di consueto, vediamo chi sono stati i migliori e i peggiori in questa settima giornata di gare nei Giochi Olimpici di Londra 2012.
I MIGLIORI
Yuri Floriani (atletica): Nella giornata che ha visto l'inizio delle gare di atletica e prestazioni in chiaroscuro dei nostri azzurri, merita una citazione la storia di questo atleta trentino, specializzato nei 3000 siepi. Quasi 31 anni, Yuri è alla sua prima Olimpiade nonostante l'età non più giovanissima, ma oggi ha corso con la voglia e la determinazione di un ragazzino, conquistando il pass per la finale di domenica con buona facilità e sfoderando un grande sorriso a fine gara. E' la gioia di chi sa di avere un'occasione unica nella vita, perché in passato per varie vicissitudini, tra cui il trasferimento a Palermo per stare vicino alla sua donna e mettere su famiglia, sacrificando varie occasioni per mettersi in luce nel suo sport. A Londra c'è arrivato, si è presentato ai nastri di partenza con lo spirito di un ventenne, e almeno per oggi è riuscito a fare egregiamente la sua parte con una prestazione più che buona. Domenica tiferemo per lui, per vedere come finirà la sua splendida storia.
Juan Martin Del Potro (tennis): Per una volta, la copertina non la merita il vincitore Roger Federer, bensì il "vinto" Del Potro, se così si può definire un atleta in grado di tenere testa per oltre quattro ore a uno dei più grandi tennisti di sempre, per di più sulla sua superficie preferita, l'erba di Wimbledon. Dopo la vittoria agli U.S. Open nel 2009, proprio contro Federer, l'argentino si era un po' perso per colpa di alcuni guai fisici, che gli avevano impedito di ripetersi ai suoi massimi livelli. Oggi è sembrato quello di tre anni fa, un lottatore incrollabile in grado di tirare fuori giocate e colpi fantastici, in grado di tenere testa validamente al numero 1 del Mondo e di metterlo in seria difficoltà. Alla fine la classe superiore di Re Roger ha fatto la differenza, ma Del Potro è uscito dal campo tra gli applausi, dopo aver disputato insieme all'avversario quello che è già stato definito "il match dell'anno". Vedremo se nella finale per il bronzo e nel finale di stagione riuscirà a confermare il suo splendido tennis.
Aldo Montano (scherma): Se la sciabola maschile è arrivata al bronzo al termine di questa giornata, lo deve soprattutto alla fantastica prova dello schermidore livornese nei Quarti contro la Bielorussia. Nettamente sotto all'inizio dell'attacco, con l'avversario a una stoccata dalla vittoria, Aldo ha dimenticato gli acciacchi fisici ed è tornato quello di Atene 2004, infilando una serie incredibile di stoccate e ottenendo il pass per le semifinali. In difficoltà contro i veloci coreani, provato per la forma fisica non eccelsa dopo il recente infortunio, Montano è tornato a fare la sua parte insieme ai compagni Luigi Tarantino, Diego Occhiuzzi e Luigi Samele (in pedana al posto di Tarantino nella finalina), conquistando l'oro come quattro anni fa a Pechino. Oggi come allora, nel momento di massima difficoltà il livornese ha tirato fuori tutta la sua grinta ed è tornato il campione che tutti conosciamo.
La squadra americana (nuoto): In una sola serata, vecchie e giovani stelle del nuoto americano hanno fatto vedere tutta la forza del movimento a stelle e strisce. Prima è scesa in vasca Melissa Franklin, diciassettenne da Pasadena, che ha dominato i 200 metri dorso stracciando il record del Mondo, il tutto dopo aver già vinto l'oro nei 100 dorso e nella staffetta 4x200 stile e il bronzo nella 4x100 stile. Poi è toccato a sua maestà Michael Phelps, che si è preso il suo ventunesimo oro nei 100 farfalla, tenendo dietro giovani rivali come il sudafricano Le Clos e entrando ancora di più nella leggenda del nuoto. Infine, la quindicenne Katie Ledecky ha stupito tutti, dominando dall'inizio alla fine gli 800 stile e sfiorando a lungo il record del Mondo. Insomma, un perfetto mix di campioni esperti ma ancora affamati di vittorie e di giovani promesse pronte a imporsi nel panorama mondiale. Qualcuno in Italia prenda esempio...
I PEGGIORI
Simona La Mantia (atletica): Tra le ombre della giornata azzurra c'è sicuramente l'eliminazione dell'atleta palermitana, che nelle qualificazioni del salto triplo fallisce nettamente la misura d'accesso alla finale e viene eliminata con la diciassettesima misura complessiva. Simona soffriva un po' per un piccolo infortunio all'anca patito di recente, e il vento ha sicuramente influito sulla sua prestazione, ma da lei, argento europeo due anni fa a Madrid e a suo dire in grado di competere con le migliori del Mondo nella specialità ci aspettavamo qualcosa di meglio. Un vero peccato per lei, la sua Olimpiade è già arrivata alla conclusione, e a ventinove anni è difficile pensare che per lei possa ripresentarsi una seconda occasione a Rio De Janeiro, anche se nello sport non bisogna mai dire mai.
Il Brasile femminile (calcio): Quando pensi al calcio, il primo Paese che ti viene subito in mente è il Brasile, sia in campo maschile che in campo femminile. Le verdeoro si presentavano a queste Olimpiade dopo due amari secondi posti ad Atene e a Pechino, e speravano di compiere definitivamente il salto di qualità e ottenere il primo oro olimpico per il loro Paese in questa disciplina che dovrebbe essere il loro terreno di caccia. Invece è arrivata un'incredibile sconfitta nei Quarti di Finale, un secco 0-2 contro le giapponesi, che pur essendo campionesse del Mondo in carica non sembravano un avversario insuperabile per le carioca. Per la capitana Marta, Pallone d'Oro femminile nel 2010, e per le sue compagne, il cammino verso la gloria si è interrotto nel più brutto dei modi, e per l'ennesima volta il Brasile deve rimandare l'appuntamento con l'oro nel calcio femminile.
Rebecca Adlington (nuoto): Alla vigilia di questi Giochi era unanimemente considerata la speranza britannica nel nuoto. Oro olimpico nei 400 e negli 800 stile a Pechino 2008, quando si era dimostrata una delle rivali più ostiche per la nostra Pellegrini, era considerata la favorita su queste distanze, e il pubblico di casa si aspettava di vederla cantare l'inno sul gradino più alto del podio. Nei 400 le cose non sono andate benissimo, con un bronzo strappato con qualche difficoltà alla fine di una gara difficile e molto tirata, ma gli 800 sembravano decisamente la sua gara. Invece, l'inglese si è trovata davanti l'incredibile quindicenne Ledecky, che con il suo ritmo forsennato ha dominato la gara, e ha pagato gli sforzi per starle dietro cedendo il secondo posto alla spagnola Belmonte. Altro bronzo per lei quindi, inglesi ammutoliti in piscina per qualche minuto, e sogni di gloria rimandati alla prossima Olimpiadi, avversarie permettendo ovviamente...
Novak Djokovic (tennis): Il 2011 era stato il suo anno d'oro, con una serie impressionante di successi e le vittorie all'Australian Open, a Wimbledon e agli U.S. Open. Il serbo era diventato il numero 1 del Mondo, sembrava in dominio assoluto contro il suo rivale Nadal, come confermava la vittoria nella finale-maratona degli Australian Open 2012. Da allora, però, qualcosa si è inceppato nella testa di Nole, che ha perso la brillantezza dei mesi precedenti e con essa la sua sicurezza. Tre sconfitte consecutive in finale contro Nadal tra Montecarlo, Roma e il Roland Garros, poi l'eliminazione in semifinale a Wimbledon contro Federer, che ha significato l'addio al numero 1 dell'ATP. Oggi è arrivata un'altra sconfitta, in semifinale alle Olimpiadi contro l'idolo di casa Murray, che significa addio sogni di medaglia d'oro, perché anche nel doppio il tennista serbo è stato eliminato. E' un grande tennista, ma deve trovare la forza per confermarsi a questi livelli e dimostrare che l'anno scorso non ha vinto per caso.