domenica 12 agosto 2012

PUNTO OLIMPICO N. 15

Immagine tratta da santabanta.com
Siamo arrivati alla penultima giornata di queste Olimpiadi di Londra 2012. Arrivano le ultime medaglie, le ultime gioie e gli ultimi dolori per tutti gli atleti di questi splendidi Giochi. Vediamo chi merita di entrare tra i buoni ed i cattivi di oggi.
I MIGLIORI
Oribe Peralta (calcio): In quello che doveva essere il pomeriggio di Thiago Silva, Pato, Leandro Damiao, Hulk, Neymar e compagnia, a conquistarsi tutte le copertine è invece quest'attaccante messicano, autore della doppietta che decide la finale del Torneo Olimpico di calcio. Una carriera che si potrebbe definire discreta, che l'ha visto arrivare in Europa appena ventenne e giocare in Inghilterra, Germania e Spagna con risultati abbastanza soddisfacenti. A ventotto anni è arrivata per lui l'occasione della vita, visto che i rifiuti di Luis Hernandez e Carlos Vela gli offrivano la possibilità di partecipare ai Giochi Olimpici come terzo fuori quota della squadra messicana. Peralta non si è fatto pregare, ha risposto presente quando i compagni lo cercavano in area di rigore, segnando complessivamente quattro reti, anche se la doppietta di oggi al Brasile sarà sicuramente un ricordo speciale per lui. Sfruttando le disattenzioni della difesa carioca, ha contribuito a portare la sua squadra sul gradino più alto del podio, coronando un sogno per tutto il movimento giovanile messicano, che continua a sfornare talenti in grande quantità.
Mohammed Farah (atletica): E' sicuramente lui il simbolo dell'atletica britannica in queste Olimpiadi, il personaggio che meglio rappresenta la voglia di vittoria e di affermazione di tutto un Paese. Somalo di nascita, ma inglese di formazione, visto che si è trasferito in Europa ad otto anni, si era già messo in luce negli ultimi anni sulle lunghe distanze, conquistando tre ori europei e un oro e un argento mondiale nei 5000 e nei 10000 metri. Arrivato ai Giochi di casa come uno dei favoriti, ha saputo mantenere le premesse nei 10000, conquistando l'oro senza grandi discussioni, e si è preparato con tranquillità ai 5000, cercando la vittoria che l'avrebbe consegnato alla storia. Stasera ha corso con una grandissima sicurezza, si è portato in testa al gruppo piuttosto presto, e dopo aver studiato le mosse degli avversari ha piazzato lo sprint decisivo verso l'oro, che è puntualmente arrivato. Una soddisfazione speciale per questo ragazzo, perché è stato proprio lui, africano di nascita, a sottrarre al Continente Nero il dominio in questa doppia specialità e a riconsegnarlo all'Europa dopo tantissimi anni. Applausi meritati per un grande atleta e per uno splendido uomo.
Carlo Molfetta (taekwondo): Una medaglia che sa veramente di impresa, conquistata con sudore e punto dopo punto, soffrendo e rimontando più volte contro avversari che sembravano imbattibili e alla fine si sono dovuti arrendere tutti. Dopo due sfortunate esperienze con le Olimpiadi, la prima chiusa al primo turno ad Atene, la seconda non disputata a Pechino per infortunio, Carlo si presentava a Londra a ventotto anni con tanta voglia di rivalsa e dopo una cura "ingrassante": visto che nei -80 chili la federazione aveva scelto Sarmiento, lui per competere nella categoria +80 chili ha aumentato notevolmente il suo peso, basti pensare che nel 2004 gareggiava per i -68. Ha sconfitto nei quarti, in un finale rocambolesco e al Golden Point, il cinese Liu, dopo aver seriamente rischiato di perdere, poi ha superato in semifinale il fortissimo maliano Keita, anche qui con un finale sofferto ma vincente. Nella sfida per l'oro, contro il gabonese Obame, è partito molto male, sotto 6-1, ha rimontato con calma fino al 6-6, e dopo che il tempo supplementare è finito in parità è stato premiato dai giudici per la maggiore combattività e dichiarato campione olimpico. Una grande soddisfazione per lui e per il taekwondo italiano, che così porta a casa il primo oro della sua storia alle Olimpiadi.
Clemente Russo (pugilato): L'abbiamo detto e lo ribadiamo sempre: un secondo posto equivale a un argento vinto, mai ad un oro perso. Sapevamo che il match di oggi sarebbe stato molto difficile per Clemente, perché l'ucraino Usyk è il campione mondiale dei pesi massimi e può contare sul suo gran fisico per mettere in difficoltà chiunque. Dopo la grande rimonta contro l'azero Mammadov speravamo che "Tatanka" ne avesse ancora per fare un'altra impresa, sovvertire il pronostico e vincere l'oro che da tempo stava aspettando. Il sogno è durato lo spazio della prima ripresa, vinta proprio da Russo, poi Usyk ha iniziato a colpire e far male, ha rimontato e ribaltato la situazione fino a vincere con merito. Peccato per Clemente, ma fa piacere sentire le sue dichiarazioni nel dopo gara: a Pechino era deluso, amareggiato per l'argento, quasi lo rifiutava, stavolta invece lo accetta con soddisfazione nonostante la grande rabbia per aver mancato ancora il podio più alto. Cercherà di rifarsi a Rio, e intanto almeno un oro per noi l'ha già vinto: quello per la miglior capigliatura, visto l'improponibile taglio di Usyk (nemmeno da podio...)
I PEGGIORI
Olga Kaniskina (marcia): Arrivare a pochi metri dal traguardo e da uno storico bis olimpico e vederselo sfuggire proprio sul più bello. E' quello che è accaduto questa mattina alla marciatrice russa, che si era presentata a Londra con il titolo di campionessa olimpica in carica nella 20 chilometri di marcia e dopo aver vinto anche due ori mondiali e uno europeo prima di arrivare qui. Fin dall'inizio della gara, la Kaniskina sembrava decisa a far vedere a tutti la sua classe e la sua abilità superiore, visto che si era portata subito in testa ed aveva impresso un gran ritmo alla sfida. Sperava di scrollarsi di dosso le avversarie e di andare a vincere la gara in solitaria, invece si è trovata a fare i conti con una sua connazionale, l'appena ventenne Elena Lashmanova, che le ha tenuto testa e l'ha beffata negli ultimi 300 metri, quando l'ha superata e battuta sul traguardo per soli sette secondi. E' sfumato così il sogno di vincere il secondo oro olimpico consecutivo, ma per Olga ci sarà sicuramente tempo di rifarsi, visto che ha appena ventisette anni e tutta la voglia di combattere le sue giovani concorrenti.
Il Brasile Olimpico (calcio): Probabilmente, la prossima volta che i verdeoro si presenteranno ai Giochi Olimpici, al posto dell'allenatore porteranno con sé uno stregone, per cercare di sfatare quella che è a tutti gli effetti la loro maledizione più grande. Da quando esiste il calcio alle Olimpiadi, infatti, i brasiliani non sono mai riusciti a salire sul gradino più alto del podio, né con gli uomini né con le donne. Quello di oggi è il terzo argento dei carioca, dopo quelli di Los Angeles 1984 e Seul 1988, ma questo fa malissimo, perché ottenuto con una squadra che era decisamente la più competitiva, con un incredibile mix di giovani talenti in fase di maturazione e campioni affermati nel panorama mondiale. Finale giocata malissimo, con due gol regalati ai messicani, il primo dopo nemmeno un minuto di gioco, e un tentativo di rimonta a dir poco sterile, che ha rischiato di concretizzarsi troppo tardi, e in maniera immeritata. Leziosi e imprecisi, lenti e rilassati come se si trattasse di un'amichevole, i brasiliani si sono arresi ad una squadra che doveva essere ampiamente battibile per loro, confermando quella maledizione che, forse, solo i Giochi casalinghi di Rio riusciranno a cancellare.
Le statunitensi (pallavolo): Parlando di incompiute, non si può non citare la squadra americana di volley femminile, da anni abbuonata ad ottenere grandi piazzamenti ma mai in grado di cogliere vittorie significative tra Mondiali ed Olimpiadi. In particolare, nei tornei a cinque cerchi le statunitensi si erano dovute accontentare già due volte dell'argento, in casa nel 1984 e a Pechino quattro anni fa, e si presentavano a Londra forti di tre vittorie consecutive al World Grand Prix e di un ottimo secondo posto alla Coppa del Mondo 2011. In finale, a contendere l'oro alle varie Berg, Tom, Larson e Hooker c'era il Brasile campione uscente, ma già battuto in girone con un secco 3-1, il che faceva ben sperare i tifosi a stelle e strisce. Invece, dopo un primo parziale vinto con facilità, le americane si sono lentamente sciolte, cedendo i successivi tre set alle verdeoro e arrendendosi al terzo argento nei Giochi Olimpici. Un'altra beffa, ma meritata, perché le americane hanno giocato con tante campionesse e puntando sul talento, ma il Brasile ha giocato di squadra e ha vinto con grinta e cuore.
I cinesi (tuffi): Sono anni che sognano qualcosa di importante, per certi versi di storico: vincere la medaglia d'oro in tutte le gare di tuffi di una singola Olimpiade. Gli asiatici a partire dagli anni Novanta hanno fatto di questa disciplina una loro specialità, si sono affermati a livello mondiale, e cercano questo record storico per certificare la loro supremazia. Ai recenti Mondiali casalinghi del 2011 c'erano riusciti, portando a casa 10 medaglie d'oro su 10, a Londra ce n'erano in palio 8, e l'impresa sembrava davvero possibile. Purtroppo per loro, però, hanno trovato sulla loro strada degli avversari formidabili, per niente decisi a lasciarli vincere senza lottare: prima il russo Zakharov nel trampolino 3 metri, oggi l'americano Boudia nella piattaforma 10 metri, hanno costretto i cinesi a fermarsi a quota 6 ori, rimandando ancora l'appuntamento con la storia. Quattro anni fa il mitico en-plain fu solo sfiorato, e perso all'ultimo tuffo quando l'australiano Mitcham nella piattaforma approfittò di un errore dell'avversario Zhou per scavalcarlo in classifica. Stavolta i cinesi non possono rimpiangersi molto, hanno fatto ottime gare, semplicemente hanno trovato rivali che si sono dimostrati alla loro altezza.

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