lunedì 6 agosto 2012

PUNTO OLIMPICO N. 10

Immagine tratta da mondoallarovescia.com
Inizia oggi l'ultima settimana dei Giochi Olimpici di Londra 2012. Vediamo chi abbiamo scelto come migliori e peggiori di questa giornata.
I MIGLIORI
Niccolò Campriani (tiro a segno): Dopo l'argento nella carabina 10 metri, ad un soffio dalla vittoria, e l'ottavo e ultimo posto nella carabina 50 metri a terra, che non è mai stata la sua specialità, qualcuno aveva storto il naso, dicendo che questo ragazzo stava deludendo le attese e che non aveva fatto vedere tutto ciò ci cui era capace. Oggi Niccolò ha dato una prova di forza incredibile, ha stravinto l'oro nella carabina 50 metri tre posizioni, facendo segnare il record olimpico sia nelle qualificazioni che nella finale. Con la calma di un vero veterano, il tiratore toscano ha preso un vantaggio enorme nella prima parte della competizione, limitandosi poi a gestirlo e a controllare i tentativi di rimonta degli avversari. Due medaglie di metallo preziosissimo, primo tiratore italiano a riuscire nell'impresa dai tempi di Roberto Di Donna ad Atlanta 1996. Venticinque anni, il volto di un ragazzino, la testa di un veterano, l'abilità di un campione. Una delle immagini più belle della nostra Olimpiade.
Matteo Morandi (ginnastica): L'aveva detto più volte: la medaglia olimpica era l'unica cosa che gli mancava per considerare completa la sua carriera. Quella di oggi era la sua terza occasione, dopo le finale agli anelli disputate nel 2004 e 2008; nella prima occasione, si era inchinato davanti al suo amico e idolo, il signore degli anelli Yuri Chechi, nella seconda non si era dimostrato all'altezza e aveva chiuso con un deludente sesto posto. Oggi non ha steccato, dopo aver ottenuto il secondo punteggio nelle qualificazioni ha confermato le sue doti con un esercizio molto positivo, che gli è valso un bronzo meritatissimo. Ha avuto una leggerissima indecisione nell'atterraggio finale, che forse gli ha impedito di vincere la medaglia d'argento, ma per il ginnasta lombardo essere sul podio è già un grandissimo risultato. Ora può davvero dire di essersi tolto tutte le soddisfazioni che voleva.
Massimo Fabbrizi (tiro a volo): Al completamento di una giornata quasi perfetta per i colori azzurri, mancava solo un tipo di medaglia, quella d'argento. L'ha ottenuta questo carabiniere di San Benedetto del Tronto, meno noto del suo compagno di tiro, il veterano Giovanni Pelliello, ma fresco campione del Mondo nel trap sia nell'individuale che a squadre. Oggi aveva iniziato benino, con qualche errore di troppo ma ottenendo senza eccessive difficoltà la finale, nella quale poi si è esaltato e ha tirato fuori il meglio di sé. Due soli errori, una gran serie di centri che gli ha permesso di scavalcare tutti e giocarsi l'oro con il croato Cernogoraz, l'unico in grado di tenere il suo ritmo. Ha sbagliato nei tiri di spareggio, cedendo il primo posto al suo avversario, ma è rimasta comunque la grandissima soddisfazione per un argento conquistato alla sua prima partecipazione alle Olimpiadi. Lui stesso ha riconosciuto la bontà del suo risultato, ricordando i grandi sacrifici e la soddisfazione per essere arrivato fino a qui: un atteggiamento da vero atleta olimpico.
Felix Sanchez (atletica): In un'atletica che produce ogni anno nuovi campioni, giovani e affamati di vittorie, merita di essere raccontata la storia di questo veterano della pista. Dominicano, trentacinque anni quasi compiuti, era stato un autentico dominatore dei 400 ostacoli, vincendo 43 gare consecutive di specialità tra il 2001 e il 2004, compresi i Mondiali del 2001 (contro il nostro Fabrizio Mori) e del 2003 e le Olimpiadi di Atene, in cui aveva regalato il primo oro olimpico al suo Paese. Dopo alcuni infortuni e un netto calo, aveva fallito a Pechino 2008, anche a causa di un lutto familiare, e da allora la sua carriera sembrava avviata alla fine. Oggi ha stupito tutti, ancora una volta, ha piazzato la zampata vincente contro i giovani leoni Tinsley e Culson, ed è tornato il campione olimpico otto anni dopo. Ha dedicato il successo alla sua famiglia e alla sua nonna scomparsa, dicendo che la pioggia che cadeva in quel momento erano proprio le lacrime di lei, che lo seguiva dal cielo. Una pagina di poesia, degna dei Giochi Olimpici.
I PEGGIORI
Alex Schwazer (marcia): La maglia nera della giornata spetta a lui, e non ci sono discussioni. Campione olimpico nella 50 chilometri di marcia a Pechino, uomo-simbolo dell'atletica italiana, atteso da tutti come una delle possibili medaglie di questa spedizione, ma soprattutto ragazzo modello per molti, esempio a cui ispirarsi per tanti giovani sportivi azzurri. La notizia della sua positività al doping è un vero e proprio fulmine a ciel sereno, una mazzata durissima che rovina l'immagine dello sport italiano e cancella tutto ciò che questo atleta aveva fatto di buono negli anni passati. Chi si macchia di illecito e ricorre a sostanze dopanti perde sempre, in partenza, perché dimostra che non è abbastanza forte e sicuro di vincere da solo, tradisce chi ha fiducia in lui, chi per anni e anni lavora e si impegna per ottenere il massimo risultato in maniera pulita. Ha ammesso le sue colpe, ma questo non basta e non può assolutamente bastare, il CONI deve prendere provvedimenti e fare in modo che delusioni simili non si verifichino più.
La squadra maschile (pallavolo): Niente da fare per i nostri ragazzi, che ancora una volta finiscono dietro la lavagna dei cattivi. La sconfitta sorprendente della Polonia, battuta questa mattina dall'Australia, aveva dato ai nostri una grandissima occasione di ottenere il primo posto nel girone e ottenere un quarto di finale più abbordabile: bisognava battere la Bulgaria, evitando di arrivare fino al quinto set. Purtroppo però, dopo un buon inizio di gara e un primo set in cui l'Italia ha dato il meglio di sé, perdendo solo ai vantaggi, è arrivata una netta sconfitta, con gli altri due parziali persi senza grandi sussulti. Un brutto colpo per la squadra di Berruto, che si troverà così costretta ad affrontare nei quarti i temibili Stati Unici, campioni olimpici uscenti e superfavoriti per ripetersi. Servirà una gara perfetta a livello tecnico e mentale, servirà il cuore che solo i veri campioni sanno tirare fuori nei momenti difficili: tutte qualità che i nostri, finora, non hanno mostrato di possedere.
Michael Diamond (tiro a volo): Veterano del tiro al piattello, specialista del trap, in cui ha già vinto due ori olimpici ad Atlanta 1996 e a Sidney 2000, oggi il quarantenne australiano sembrava pronto a scrivere una nuova pagina di sport. Dopo essere apparso sottotono ad Atene 2004, ed essersi accontentato del quarto posto a Pechino 2008, era partito a mille nelle qualificazioni, centrando un incredibile 125/125, che gli era valso il record olimpico, e candidandosi seriamente alla terza medaglia d'oro della sua carriera. Nella finale, però, è accaduto l'imprevedibile: non solo Diamond ha interrotto la sua serie di centri perfetti, ma con cinque errori ha subito la rimonta dei suoi avversari, finendo dietro al nostro Fabbrizi e al croato Cernogoraz e dovendosi giocare il bronzo con il kuwaitiano Al Deehani. Nello spareggio si è completato il pomeriggio orribile dell'australiano, che ha commesso un altro errore ed è quindi finito, clamorosamente, al quarto posto e con un'amara medaglia di legno. Da leggenda a fallimento: nello sport, si sa, il passo è sempre breve.
Yelena Isinbayeva (atletica): Per anni è stata la regina indiscussa, o vista l'origine sarebbe meglio dire la Zarina, nel salto con l'asta. Oro olimpico ad Atene e Pechino, due volte campionessa mondiale, detentrice del record del Mondo nella specialità, che ha migliorato per la bellezza di diciassette volte, fenomeno indiscusso dell'atletica, ricercata da sponsor e pubblicità, una vera donna da copertina. Negli ultimi anni era sembrata in calo, i cattivi risultati ai Mondiali del 2009 e soprattutto nel recente 2011 avevano dimostrato che non era più imbattibile come un tempo, ma tutti si aspettavano che l'atmosfera olimpica avrebbe risvegliato la campionessa in letargo. Invece Yelena non è tornata ai livelli che tutti aspettavano, è sembrata più incerta e macchinosa in fase di rincorsa, e il banale errore a 4 metri e 55 mostrava già che qualcosa non andava. Alla fine si è fermata al terzo posto, battuta dall'americana Suhr e dalla cubana Silva, e ha detto addio ad una storica tripletta d'oro. Anche i più grandi tra i re, prima o poi, sono costretti ad abdicare.

Nessun commento:

Posta un commento

Che ne pensi?