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lunedì 8 luglio 2013

WIMBLEDON 2013: LA FINE DI UNA MALEDIZIONE

Immagine tratta da dailymail.co.uk
Chissà cosa avrà pensato ieri pomeriggio da lassù Fred Perry, quando finalmente ha capito che dopo 77 anni non sarà più il britannico più nominato dai suoi conterranei durante la prima settimana di luglio. Dal suo successo contro il tedesco Von Cramm, nell'ormai lontano 1936, nessun suddito di Sua Maestà era più riuscito a imporsi sull'erba di Wimbledon. Ci avevano provato in molti, ma nessuno si era neanche avvicinato al successo, mentre giocatori di tutto il Mondo arrivavano al successo e ricevevano i meritati applausi del popolo di casa. Per i britannici l'attesa è stata lunga e snervante, per oltre 70 anni nessuno di loro è mai andato oltre le semifinali del torneo, e il centrale di Wimbledon a tratti sembrava davvero stregato.
Almeno fino a ieri pomeriggio, quando Andy Murray ha finalmente spezzato la maledizione. Il tennista, scozzese di nascita (e ogni volta che perdeva) ma britannico di formazione, si è imposto con merito in tre set contro il numero 1 del mondo Novak Djokovic, concludendo un torneo che lo ha visto grande protagonista e lo porta finalmente tra i grandi di questo sport. Da tempo accusato di non saper reggere la pressione dei momenti importanti, Murray ha invece mostrato una clamorosa solidità mentale, riuscendo spesso ad uscire da situazioni difficili con freddezza e senza mai perdere il controllo del match. Emblematico il game decisivo della finale, con lo scozzese avanti 40-0 con tre match point, rimontato e quattro volte sul punto di subire il break da Djokovic, ma sempre in grado di non disunirsi e alla fine vittorioso. E' stata anche la grande rivincita di Andy, che solo un anno fa era stato dolorosamente sconfitto in finale a Wimbledon da Federer, ma paradossalmente è stato proprio quello il momento della svolta. Il britannico ha reagito subito dopo, prendendosi l'oro olimpico, sempre sull'erba inglese e proprio contro Federer, poi ha ottenuto il primo successo negli Slam vincendo gli U.S. Open contro Djokovic. Da lì il suo pensiero è andato solo e soprattutto a Wimbledon, saltando il Roland Garros per infortunio ha potuto concentrare allenamento e forze sul torneo di casa, e così si è realizzata la sua impresa. Merito anche del suo allenatore, l'ex campione ceco Ivan Lendl, che pure ha vissuto Wimbledon come un'autentica maledizione, visto che è l'unico torneo dello Slam che non ha mai vinto, perdendo due volte in finale. In qualche modo, Murray ha vinto il titolo anche per lui, come ha dichiarato lui stesso con le lacrime agli occhi a fine match, rendendo merito al suo maestro.
Anche in campo femminile si è assistito alla trasformazione di un brutto anatroccolo in un bel cigno, anche se in questo caso il risultato è stato molto meno atteso. A spuntarla è stata Marion Bartoli, francese di quasi ventinove anni, che si è aggiudicata lo Slam senza perdere nemmeno un set e superando in finale la tedesca Lisicki, rivelatasi troppo acerba ed emotiva per questo grande appuntamento. Quella della transalpina è la vittoria della più classica delle antidive: non appariscente né bella come la Sharapova, sovrappeso anche per scelta del padre-allenatore (diceva che era meglio per lei così non sarebbe stata distratta dai ragazzi...), quasi sgraziata e macchinosa con il suo servizio elaborato e la sua presa bimane sulla racchetta. Eppure la Bartoli, già finalista perdente nel 2007 contro Venus Williams, ha preparato alla perfezione l'appuntamento e si è presa la vittoria finale con merito, mostrandosi sempre solida nelle risposte e nel suo gioco. Anche dietro questo successo c'è la mano di una campionessa, ovvero Amelie Mauresmo, vincitrice in Inghilterra nel 2006 e consulente della connazionale dopo il Roland Garros per permetterle di fare quel salto di qualità che è finalmente arrivato. Curiosamente, la Bartoli ha vinto senza mai affrontare una top ten né un'atleta a lei superiore nel ranking. 
Questa è stata un'altra curiosità di questa edizione di Wimbledon: l'ecatombe delle teste di serie, in campo maschile e soprattutto femminile. Tra gli uomini, due campioni come Federer e Nadal sono stati eliminati già nella prima settimana, rispettivamente al secondo e al primo turno, dall'ucraino Stakhovsky e dal belga Darcis, non proprio due fenomeni della racchetta. Ancora più incredibile quello che è successo tra le donne, con la caduta in serie di Sharapova, Azarenka (entrambe al secondo turno) e soprattutto Serena Williams, numero 1 femminile e vincitrice quest'anno a Parigi ma sconfitta al quarto turno dalla Lisicki. Male purtroppo anche la nostra Sara Errani, che è stata eliminata già al primo turno, ma in generale la spedizione azzurra può dirsi soddisfatta. Per la prima volta nella storia, quattro italiani (Seppi tra gli uomini, Pennetta, Knapp e Vinci tra le donne) hanno raggiunto il quarto turno di Wimbledon, anche se poi hanno perso tutti senza ottenere neppure un set. Il doppio non ha portato grandi risultati, con il duo Errani-Vinci che si è confermato allergico all'erba, uscendo sconfitto già al terzo turno. La più grande soddisfazione per l'Italia però è arrivata dal torneo juniores, dove il diciassettenne Gianluigi Quinzi ha vinto il titolo, confermandosi uno dei migliori prospetti a livello giovanile. Prima di lui, solo Diego Nargiso nel 1987 aveva ottenuto un simile riconoscimento, anche se poi la sua carriera non aveva rispettato le attese. Ci auguriamo che per il giovane Quinzi le cose vadano meglio, e che dopo tanti anni di attesa torni finalmente a brillare una stella azzurra nel tennis maschile. Del resto, come i britannici hanno insegnato, l'attesa può essere lunga e difficile, ma quando poi la vittoria arriva, il suo sapore è ancora più dolce.

lunedì 28 gennaio 2013

TENNIS: CONFERME E NOVITA' DALL'AUSTRALIA

Immagine tratta da reportweb.it
Il 2013 del grande tennis comincia come sempre dall'Australia, e regala agli appassionati di tutto il mondo molte certezze e qualche interessante novità per questa stagione. La sicurezza più grande di tutte nel panorama maschile di questo momento viene dalla Serbia, e si chiama Novak Djokovic. Il numero 1 del Mondo si conferma tale sul cemento australiano, tornando al successo in un torneo dello Slam dopo un anno esatto e cominciando al meglio l'anno dopo le delusioni della scorsa stagione (sconfitto in finale al Roland Garros da Nadal e agli U.S. Open da Murray, fuori in semifinale a Wimbledon e medaglia di legno alle Olimpiadi). Per il serbo l'Australian Open è un torneo fortunato, visto che per lui è la sua quarta vittoria qui, terza consecutiva, e la sesta in assoluto nei tornei del Grande Slam. Il suo successo è stato autoritario, netto, a conclusione di una competizione che l'ha visto davvero in difficoltà solo nel quarto turno, quando ha piegato la resistenza di Wawrinka solo al quinto set, poi ha sempre dominato ogni incontri, su tutti la semifinale con Ferrer, a cui ha lasciato solo cinque games in totale. In finale, Nole si è trovato ad affrontare colui che è il suo rivale principale, in questo momento e forse anche in futuro visti gli infortuni di Nadal e il calo di Federer: Andy Murray. Lo scozzese dimostra di essere molto cresciuto nella scorsa stagione, beneficiando dei successi alle Olimpiadi e allo U.S. Open (proprio contro Djokovic) e della guida di Ivan Lendl, ma ha ancora qualcosa da migliorare, soprattutto a livello caratteriale. Dopo aver superato Federer in una durissima semifinale, Murray aveva dato l'impressione di poter vincere anche contro il serbo, mettendolo in difficoltà soprattutto nei primi due set, che si sono divisi al tie-break. Poi però, il calo fisico del britannico e la maggiore solidità mentale di Nole, che riesce a non perdere la concentrazione neanche quando un match sembra ormai andato, hanno deciso la sfida e consegnato a Djokovic il successo finale.
Se in campo maschile sembra chiaro quali saranno i protagonisti degli Slam del futuro, tra le donne regna una sempre maggiore incertezza, e anche il livello tecnico sembra risentire della mancanza di una vera dominatrice. Il torneo se l'è aggiudicato colei che è formalmente al vertice della classifica WTA, ovvero la bielorussa Viktoria Azarenka, al secondo successo in un torneo dello Slam (l'altro proprio in Australia la scorsa stagione), che così consolida il suo ruolo di numero 1 al Mondo, anche se sembra ancora lontana dal diventare una vera campionessa. In finale, ha sudato sette camicie per piegare la coriacea cinese Li Na, alla seconda sconfitta in finale in Australia ma capace di disputare un grandissimo torneo, con un paio di infortuni durante la finale che forse hanno condizionato l'esito della sfida. Deludono due grandi favorite della vigilia, l'americana Serena Williams, piegata nei quarti dalla giovane connazionale Sloane Stephens, e la russa Maria Sharapova, che sembrava in grado di dominare il torneo ma in semifinale ha ceduto di schianto proprio contro la Li. La sensazione, già nell'aria prima di questa finale e ancora più evidente ora, è che nel mondo femminile manchi un'atleta in grado di fare la differenza su qualunque tipo di superficie o senza la giusta forma fisica. Serena Williams sembra l'unica eccezione, visto che l'americana quando sta bene è praticamente imbattibile per tutte le avversarie, ma anche per lei come per Federer l'età comincia a chiedere il suo pegno. A parte lei, solo la Sharapova sembra spiccare un po' sulle altre in quanto a classe, ma paga una discontinuità piuttosto evidente, visto che ha trionfato in quattro Slam in 10 anni, e non ne ha mai vinti due nella stessa stagione.
Detto dei principali protagonisti del torneo, non possiamo dimenticare di soffermarci sui nostri rappresentanti italiani, che oltre alle solite ombre hanno fatto vedere qualcosa di molto interessante. Il titolo principale è ovviamente per la fantastica coppia Sara Errani - Roberta Vinci, che conferma quanto di buono aveva fatto vedere l'anno scorso vincendo il torneo femminile di doppio, il terzo per loro in uno Slam dopo Roland Garros e U.S. Open della scorsa stagione. Per le due azzurre è una grandissima soddisfazione, ottenuta dopo aver eliminato avversarie durissime come le sorelle Williams nei quarti di finale, e sconfiggendo poi le padrone di casa Bardy-Dallacqua nell'atto conclusivo. Le ragazze vivono il momento migliore della loro carriera, sono ormai al numero 1 del mondo nelle classifiche di doppio, e adesso puntano gli occhi verso Wimbledon, il torneo più prestigioso, l'unico che ormai manca nella loro bacheca. Sempre nel doppio, ottima prova anche da parte degli azzurri Simone Bolelli e Fabio Fognini, che si sono arresi solo in semifinale ai temibili gemelli americani Bryan, concludendo alla grande un torneo al di sopra di ogni più rosea aspettativa, visto che non erano nemmeno teste di serie. Nei singolari, le cose sono andate meno bene, visto che quasi tutti gli atleti italiani si sono fermati già al primo turno, sia in campo maschile che femminile. Il migliore è stato Andreas Seppi, in grado di arrivare fino al quarto turno prima di cedere contro il francese Chardy, che con questo risultato è entrato per la prima volta nei top 20 del circuito maschile. Tra le donne, Roberta Vinci è stata l'unica a fare un po' di strada, prima di cedere al terzo turno contro la russa Vesnina e di concentrarsi vittoriosamente sul doppio.
Ora il circuito mondiale di tennis si prepara a cambiare superfici, con l'arrivo della primavera il cemento lascerà spazio alla terra rossa, e gli appuntamenti più importanti saranno Roma e, soprattutto, il Roland Garros di Parigi. L'attesa maggiore però è rivolta al ritorno in campo di Rafa Nadal, assente ormai da Wimbledon dello scorso anno, e in forse per il prosieguo della carriera dopo i continui problemi alle ginocchia. Se ha davvero recuperato al 100%, lo spagnolo rimane il numero 1 sulla terra e in Francia, dove ha trionfato sette volte negli ultimi otto anni, ma in caso contrario la lotta al titolo sarà apertissima. Prepariamoci dunque ad una grande stagione di tennis, perché quello che è accaduto in Australia è stato solo un assaggio.

lunedì 6 agosto 2012

PUNTO OLIMPICO N. 9

Immagine tratta da ibtimes.co.uk
Siamo arrivati alla nona giornata di questi Giochi Olimpici di Londra 2012, tante competizioni si sono concluse oggi e oltre metà del programma olimpico è stato svolto. Vediamo quali sono i personaggi che oggi si sono messi in evidenza in positivo e in negativo.
I MIGLIORI
Valeria Straneo (atletica): Un ottavo posto in una gara non vale sicuramente una medaglia, ma quando viene ottenuto a trentasei anni dopo una carriera da perfetta sconosciuta merita sicuramente una citazione. Madre di due bambini, laureata in lingue, la maratoneta di Alessandria ha vissuto un periodo non felicissimo nel 2010, quando ha subito l'asportazione della milza per una sferocistosi. Da allora però Valeria ha iniziato la sua incredibile storia, ha realizzato il primato italiano ad aprile 2012 nella maratona di Rotterdam e si è guadagnata un posto in queste Olimpiadi. Oggi contro le africane non c'era nulla da fare, lei ha disputato una gara giudiziosa e grintosa, prendendosi un meritato ottavo posto, prima delle azzurre. Le sue "compagne" hanno storto il naso alla sua presenza, accusandola di doping per le sostanze che assume come terapia post operatoria, lei non ha battuto ciglio ed è andata avanti per la sua strada, come sempre.
Andy Murray (tennis): Quella di oggi doveva essere la giornata della consacrazione di Roger Federer, è stato invece il momento di gloria per il tennista britannico, che quando perde è scozzese di nascita e quando vince è inglese di formazione. Un mese dopo la dura sconfitta contro il campione svizzero a Wimbledon, si è preso una grande rivincita sulla stessa superficie, dominando questa finale dall'inizio alla fine, non concedendo nemmeno un set all'avversario e prendendosi un oro che sa di storia. Accusato tante volte di essere un giocatore incompleto, incapace di gestire la pressione nei momenti che contano davvero, oggi ha fatto vedere a tutti che la sua definitiva maturazione, se non è ancora arrivata, è quanto meno molto prossima. Ora lo attendono gli U.S. Open per dimostrare che il brutto anatroccolo si è trasformato finalmente in un bel cigno.
La squadra maschile (scherma): Dopo le ragazze, applausi a scena aperta anche per la squadra maschile di fioretto, che era chiamata a dimostrare qualcosa dopo aver fallito nell'individuale e non si è fatta trovare impreparata. Un oro vinto con merito da Andrea Baldini, che riscatta l'Olimpiadi persa 4 anni fa per un presunto caso di doping, Andrea Cassarà, numero 1 del ranking mondiale di specialità non per caso, Giorgio Avola, chiamato in causa dopo essere partito riserva e dimostratosi prontissimo, e Valerio Aspromonte, che forse ha sentito un po' troppo la pressione nella gara d'esordio e ha assistito al trionfo da spettatore. Un successo importante per Stefano Cerioni, allenatore del fioretto maschile e femminile, che è stato la mente di questa grande spedizione, che ha fruttato all'Italia tre ori, un argento e un bronzo, più di un terzo delle medaglie vinte finora. Chapeau.
Usain Bolt (atletica): Il campione è in crisi, si diceva prima di questa finale. Il successo lo ha appagato, non è in forma, non sarà più l'atleta di Pechino. La squalifica ai Mondiali 2011 sembrava un segnale ulteriore che qualcosa si era rotto, che l'uomo più veloce del Mondo non era più imbattibile. Poi è partito lo sparo, e Usain Bolt è tornato quello di sempre, una freccia nera che vola più veloce del vento e nessuno riesce a raggiungere e tanto meno superare; 9.36, record olimpico e seconda prestazione mondiale di tutti i tempi con una temperatura bassa e poco favorevole, concorrenza spazzata via e secondo oro consecutivo nei 100 metri, unico a riuscirci insieme a Carl Lewis. L'americano però ci riuscì dopo la squalifica per doping di Ben Johnson, Bolt invece non ha avuto bisogno di alcun aiuto, ha fatto tutto da solo, e oggi come quattro anni fa le prime pagine mondiali sono tutte per lui.
I PEGGIORI
Roger Federer (tennis): Oggi sull'erba di Wimbledon tutti erano pronti a sentire la frase: "Game, set, match, history!" Il campione svizzero, sette volte vincitore sull'erba londinese, l'ultima proprio un mese fa, partiva con i favori del pronostico per vincere l'oro olimpico ed entrare nella leggenda. L'assenza del suo grande rivale Rafa Nadal e l'eliminazione in semifinale di Nole Djokovic sembravano averlo favorito, e tutti già parlavano del suo ennesimo successo. Invece Re Roger per una volta ha dovuto cedere lo scettro, complice una partita non all'altezza contro un avversario che, al contrario, si è esaltato e ha dato davvero il meglio di sé. Il match-maratona in semifinale contro Del Potro ha sicuramente influito, ma la sensazione è che oggi per Federer non ci fosse proprio nulla da fare. Peccato, questa era l'ultima occasione per lo svizzero per assicurarsi la medaglia d'oro olimpica, vista l'età non più verde e la concorrenza sempre più spietata dei giovani campioni emergenti.
Il Setterosa (pallanuoto): Otto anni fa la gioia per l'oro olimpico, oggi l'amarezza per un'eliminazione netta, senza grandi discussioni, anche se contro delle avversarie sicuramente molto forti e tra le candidate alla vittoria. Le azzurre ce l'hanno messa tutta, hanno provato a gettare il cuore oltre l'ostacolo e a regalare a tutti ancora una volta un sogno olimpico. Non c'è stato niente da fare, dopo una grande partenza le nostre hanno subito il ritorno delle americane e alla fine si sono arrese alla loro netta superiorità, dicendo addio ai sogni di medaglia. Oggi si poteva fare poco meglio, gli errori sono stati commessi in girone, con una sola vittoria contro le britanniche e due nette sconfitte contro russe e australiane che hanno compromesso il cammino del Setterosa. Dopo la vittoria agli Europei di quest'anno ci aspettavamo di più, urge continuare il rinnovamento e ripartire con maggiori certezze e più determinazione.
I giudici (tuffi): Chiariamolo subito, oggi la nostra Cagnotto non ha disputato la sua miglior gara di sempre, ha commesso alcuni piccoli errori che le hanno tolto punti preziosi per la corsa verso una medaglia. Detto questo, abbiamo delle enormi perplessità per quello che stanno facendo i giudici dei tuffi in queste Olimpiadi. Nella finale del trampolino 3 metri sincro, in tanti hanno criticato i punteggi assegnati alle atlete canadesi, non penalizzate a sufficienza nel loro ultimo tuffo nonostante un errore evidente, e alla fine terze davanti alle nostre Cagnotto e Dallapé per soli due punti. Oggi la storia si è tristemente ripetuta, con una beffa ancora più crudele: la nostra Tania ha perso il bronzo per appena venti centesimi di punto, con un ultimo tuffo semi perfetto che a detta di molti non ha ricevuto la giusta valutazione. Quattro anni di duro lavoro non possono essere decisi in modo tanto crudele per una decisione così arbitraria e personale, occorre cambiare qualcosa perché così, francamente, si rischia solo di far perdere credibilità ad una disciplina fantastica, che merita i migliori palcoscenici del Mondo.
Asafa Powell (atletica): Sicuramente non era lui l'uomo più atteso questa sera, e vista la concorrenza sempre più agguerrita degli ultimi anni era difficile pensare che il giamaicano avrebbe potuto competere per la vittoria finale. Detto questo, vedere il velocista quasi trentenne ancora una volta a terra dopo l'arrivo, con le lacrime agli occhi per la delusione, mette una certa tristezza. La sua carriera sembra quella di un eterno incompiuto: primatista del Mondo dei 100 metri dal 2005 al 2007, spesso ritenuto il favorito per la vittoria, ma mai in grado di piazzare la zampata giusta nel momento decisivo. Quinto ad Atene 2004 e Pechino 2008, due bronzi ai Mondiali 2007 e 2009, ha conquistato l'oro olimpico e mondiale solo nella staffetta 4x100, troppo poco per un atleta con il suo potenziale.Oggi è finito amaramente all'ultimo posto, penalizzato da un infortunio, ma era già abbondantemente fuori dalla lotta per le medaglie. Un modo davvero triste di concludere quella che molto probabilmente è stata la sua ultima Olimpiade.

domenica 8 luglio 2012

IL RE E LA REGINA DI WIMBLEDON

Immagine tratta da bleacherreport.com

Dalla sua prima edizione nel lontano 1877, il torneo di tennis di Wimbledon è sempre stato considerato il più prestigioso evento nella storia di questo nobile sport. Sull'erba londinese, generazioni di campioni e di giovani promesse si sono affrontate per decenni, scrivendo pagine memorabili e regalando momenti indimenticabili alle migliaia di appassionati che, sul campo centrale o davanti alla televisione, seguono con attenzione questo prestigioso torneo. Vincere a Wimbledon vuol dire entrare direttamente nella leggenda del tennis, far parte di un club di élite a cui solo i migliori hanno accesso, e ottenere più successi negli anni quantifica la grandezza e la bravura dell'atleta che vi riesce. Nelle ultime stagioni, sia in campo maschile che femminile, molti si sono succeduti nell'albo dei vincitori, ma pochissimi sono davvero entrati a far parte della storia del torneo: di certo ce l'hanno fatta Roger Federer e Serena Williams, che quest'anno hanno aggiunto un altro trionfo alla loro carriera leggendaria.
Con il successo di oggi, lo svizzero Federer ha raggiunto un mito come Pete Sampras a quota 7 vittorie nel torneo, un vero record da quando esiste l'era Open. Dopo la prima affermazione nel 2003, Roger aveva inanellato una serie di 7 finali consecutive, con ben 6 vittorie; solo Rafa Nadal, il suo rivale più agguerrito, era riuscito a batterlo nel 2008, al termine di un match durissimo e molto equilibrato. Poi, nelle ultime stagioni, il calo atletico dello svizzero e la crescita dei suoi avversari l'aveva tenuto lontano dal successo, e molti pensavano che la sua carriera fosse ormai avviata lungo il viale del tramonto. In questa stagione, invece, Federer ha fatto vedere a tutti che la sua classe e il suo talento sono intatti, insieme alla sua fame di vittorie, e con una forma fisica ritrovata è tornato pienamente competitivo. A Wimbledon ha sconfitto Novak Djokovic in semifinale e Andy Murray in finale, spezzando il sogno dei britannici che speravano di riveder trionfare un loro atleta dopo 76 anni. Ha vinto con pieno merito, regalando agli spettatori momenti di tennis davvero spettacolare, crescendo sempre di più nel corso dei match, e dimostrando che il centrale di Wimbledon è sempre casa sua, nonostante i 30 anni abbondanti. Con questa vittoria, e grazie all'eliminazione precoce di Nadal, Roger tornerà ad essere nuovamente il numero 1 del Mondo, riprendendosi lo scettro di Re che per oltre due anni aveva lasciato ad altri. I suoi numeri sono impressionanti, ma lo è ancora di più il modo in cui continua ad esaltare le folle e a vincere trofei, nonostante l'avvento di avversari sempre più giovani e agguerriti; la classe però non muore mai, e Re Roger oggi lo ha dimostrato a tutti.
In campo femminile, cambia spesso il nome della tennista vincitrice, ma il cognome rimane molte volte lo stesso: Williams. Con la vittoria di ieri, Serena ha raggiunto la sorella Venus a quota 5 successi, a 10 anni dalla sua prima affermazione londinese, e le due si sono anche tolte la soddisfazione di vincere la finale del doppio femminile, arrivando anche in questo caso al quinto trionfo. Tra le tenniste in attività, le statunitensi sono le uniche ad aver trionfato per più di una volta a Wimbledon, e dal 2000 ad oggi una di loro ha preso parte alla finale in ben 11 occasioni su 13, compresi tre scontri tutti in famiglia. Anche per Serena, come per Roger, gli anni passano ma la classe rimane intatta, e con essa il suo strapotere fisico, a cui si aggiunge una sempre maggiore abilità nella tattica di gioco. In successione, la Williams ha eliminato alcune delle migliori tenniste del momento, come la ceca Kvitova campionessa uscente, la bielorussa Azarenka in semifinale e la polacca Radwanska in finale. Per l'americana non ci sarà il ritorno al vertice della classifica femminile (dovrà accontentarsi della quarta posizione), ma è sicuramente un successo che conferma la grandezza e la classe di Serena, e che la porta al terzo posto nei successi a Wimbledon nell'era Open, dietro solo a due leggende come Martina Navratilova e Steffi Graf, che hanno vinto 9 e 7 volte. 
Per due fenomeni come Serena Williams e Roger Federer, insomma, c'è già un posto d'onore tra i più grandi di sempre nella storia di questo torneo e di questo sport, ancora di più dopo la grande impresa sull’erba londinese, in quello che è ormai diventato il loro regno.