Visualizzazione post con etichetta nigeria. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta nigeria. Mostra tutti i post

lunedì 24 giugno 2013

CONFEDERATIONS CUP 2013: PAGELLE SETTIMA GIORNATA

Immagine tratta da sport.sky.it
Con gli incontri tra Spagna e Nigeria e tra Uruguay e Tahiti si chiude ufficialmente la prima fase di questa Confederations Cup e vengono definite le semifinali: la prima sarà tutta sudamericana tra Brasile e Uruguay, la seconda vedrà i nostri azzurri di fronte alla Spagna. Vediamo qual è il nostro giudizio su queste ultime partite del gruppo B.
SPAGNA
Tattica: Dopo la passeggiata con robusto turnover contro Tahiti, Del Bosque ripropone la formazione che considera quella titolare, cambiando solo il portiere. Non convince molto la fiducia a Soldado, ma nel complesso la Spagna soffre poco e chiude con autorità questo primo girone e si prepara al match contro gli azzurri.
Il migliore: Si gioca a lungo la palma del migliore con Sua Maestà Iniesta, e alla fine il secondo gol personale consegna la vittoria a Jordi Alba. Irresistibile a sinistra, fa l'ala più che il terzino a tratti, e taglia con facilità la difesa nigeriana. Una doppietta prestigiosa e una conferma a livelli sempre più alti. Voto 7,5.
Il peggiore: Con l'Uruguay era andato a segno giocando bene, stavolta Soldado stecca clamorosamente la sua occasione. Preferito a due bomber come Torres e Villa, forse soffre troppo la pressione e fallisce almeno due gol, abbattendosi sempre di più nel corso della gara e rassegnandosi probabilmente alla panchina. Voto 5.
NIGERIA
Tattica: Il tecnico Keshi dice di credere nei miracoli, così non cambia modulo e prova a giocarsela contro i quotati spagnoli. Le fasce funzionano meglio ma l'attacco è troppo leggero e impreciso, inoltre la difesa si rivela perforabile e poco attenta sui fuorigioco. Africani eliminati, ma con buoni prospetti per il futuro.
Il migliore: Al cospetto di due signori come Xavi e Iniesta, Mba non mostra nessun timore e gioca una partita di grande personalità. Riesce a farsi vedere più volte nel primo tempo, soprattutto con percussioni centrali, poi cede la stanchezza e lascia il campo, ma lo fa a testa alta. Voto 6,5.
Il peggiore: I compagni lottano e cercano di creare qualcosa, ma Ideye Brown fa di tutto per mandare all'aria i loro sforzi. Terribilmente impreciso e indeciso nel momento decisivo, vanifica i suoi movimenti tenendo sempre il pallone un attimo di troppo e facendosi recuperare dagli avversari. Voto 5.
Curiosità: Con la rete di oggi, Fernando Torres diventa il terzo miglior marcatore di sempre nella storia della Confederations Cup con 8 reti, una in meno del brasiliano Ronaldinho e del messicano Blanco. Per lui cinque gol in questa competizione e tre nella precedente, tutte contro la Nuova Zelanda.
URUGUAY
Tattica: Mancava solo l'aritmetica alla qualificazione, così Tabarez opta per un turnover massiccio e risparmia i suoi titolari in vista del durissimo incrocio col Brasile. Partita facile ma che lascia qualche strascico, come la prova opaca di Ramirez e il mancato utilizzo di Cavani: ritrovare il gol non avrebbe giovato al centravanti?
Il migliore: Un paio di stagioni fa sembrava un fenomeno pronto ad esplodere, poi infortuni e brutte prestazioni lo hanno limitato. Oggi Abel Hernandez torna prepotentemente alla ribalta, segnando quattro reti e mettendo in mostra tutto il repertorio di un attaccante. Il futuro può essere ancora suo. Voto 8.
Il peggiore: L'avversario è il più morbido del girone, eppure Scotti riesce nell'impresa di lasciare il segno in negativo in pochi minuti. Prima si fa parare un rigore dal portiere tahitiano, poi rimedia un'espulsione ingenua e più che evitabile lasciando i suoi in 10 per tutto il secondo tempo. Davvero una pessima serata per lui. Voto 4,5.
TAHITI
Tattica: Al terzo e ultimo incontro di quello che è stato un vero e proprio sogno, il tecnico di Tahiti mantiene il suo modulo difensivo e sceglie il terzo portiere in tre incontri. La sconfitta arriva, ed è ancora una volta molto pesante, ma gli applausi e l'affetto del pubblico sono tutti per gli isolani, vera favola del torneo.
Il migliore: Raccoglie otto palloni in fondo al sacco, eppure Meriel probabilmente esce dal campo più soddisfatto di tutti. Non ha grandi colpe sulle reti subite, grandi invece sono i suoi meriti sul rigore parato a Scotti, anche se rischia di trasformare il gesto in una clamorosa e a quel punto immeritata autorete. Voto 6,5.
Il peggiore: Già contro la Spagna si era meritato la poco onorevole palma di peggiore in campo. Ludivion non riesce a far meglio contro l'Uruguay, anzi fa anche peggio aggiungendo ai tanti errori tecnici e di piazzamento un'espulsione che gli fa chiudere in modo pessimo questa Confederations Cup. Voto 4.
Curiosità: Oltre che per i gol subiti, Tahiti sarà ricordata anche per un altro curioso primato: dei 23 giocatori in rosa, quattro sono parenti. Si tratta dei fratelli Jonathan, Alvin e Lorenzo Tehau e del loro cugino Teaonui Tehau. Dei quattro, Jonathan è stato l'unico sempre titolare, mentre Teaonui ha giocato meno di tutti, circa 40 minuti.

venerdì 21 giugno 2013

CONFEDERATIONS CUP 2013: PAGELLE QUINTA GIORNATA

Immagine tratta da cronacaoggi.it
Si completa anche la seconda giornata del gruppo B, con la sfida tra i campioni spagnoli e i modesti tahitiani e il match ben più combattuto tra Nigeria e Uruguay. Questo è il nostro giudizio.
SPAGNA
Tattica: In vista di impegni ben più difficili, il tecnico Del Bosque decide di rivoluzionare la squadra inserendo 10 "riserve", anche se la formazione schierata farebbe ugualmente paura a molti. Partita facile facile, occasione buona per questi giocatori per mettersi in mostra e cercare di stravolgere le gerarchie.
Il migliore: Un poker per riscattare qualche annata troppo altalenante e con più ombre che luci. Fernando Torres torna il mattatore di qualche anno fa, facendo a fette con irrisoria facilità la difesa avversaria e mostrando che il fiuto del gol non l'ha perso. Mezzo voto in meno per il rigore sbagliato. Voto 7,5.
Il peggiore: Difficile indicare un peggiore in campo dopo una partita vinta 10 a 0. Diciamo che ci si aspettava qualcosa in più da Cazorla, reduce da una bella stagione nell'Arsenal. L'esterno spagnolo si limita al compitino senza mai eccellere e prende anche un giallo evitabile per proteste. Fa il compitino e nulla più. Voto 6.
TAHITI
Tattica: Contro i Campioni del Mondo e d'Europa in carica, il tecnico Etaeta ripropone una difesa a cinque e una sola punta, puntando a prenderne il meno possibile. Fare fuorigioco a metà campo si rivela un vero e proprio suicidio, ma nonostante la goleada subita la sua squadra riceve applausi e simpatia dal Maracanà.
Il migliore: Se proprio dobbiamo salvare qualcuno nella disastrosa prova dei tahitiani, indichiamo il giocatore con maggior tasso tecnico, ovvero Vahirua. E' l'unico che prova a creare qualcosa e ad inventare per i compagni, ma non trova assistenza e finisce per sparire nel secondo tempo. Voto 6.
Il peggiore: Tutta la linea difensiva si è dimostrata ancora una volta imbarazzante, e più di tutti ci è sembrato in difficoltà Ludivion. Impreciso oltre misura sull'uso del fuorigioco, saltato spesso e con facilità irrisoria dagli attaccanti spagnoli, non ricorderà questa partita come la migliore della sua carriera. Voto 4,5.
Curiosità: La partita di oggi entra di diritto nella storia della Confederations Cup, perché fa registrare il maggior scarto tra due squadre e contemporaneamente eguaglia il record di gol segnati in una singola partita, realizzato da Brasile e Arabia Saudita nelle semifinali del 1999 (8-2 in favore dei carioca).
URUGUAY
Tattica: Dopo la sconfitta contro la Spagna all'esordio, Tabarez decide di cambiare modulo, schiera la difesa a 3 e inserisce Forlan aumentando il peso offensivo della squadra. Soffre un po' la corsa dei nigeriani, e gli avanti non rendono come vorrebbe, ma alla fine ottiene una vittoria meritata che vale di fatto la semifinale.
Il migliore: Nel giorno della sua centesima partita in Nazionale, Forlan si rivela l'uomo decisivo realizzando il gol che di fatto qualifica l'Uruguay al turno successivo. A questo unisce una prestazione fatta di movimento e grande presenza in attacco ma anche in fase di copertura. Passano gli anni, la classe resta. Voto 7.
Il peggiore: A vederlo in campo, sembra che sia rimasto a Napoli e abbia mandato in Brasile il gemello scarso. Cavani non riesce proprio a sbloccarsi in questa Confederations, fallisce gol che in altri contesti segnerebbe ad occhi chiusi, e in generale appare nervoso e poco sicuro. Irriconoscibile. Voto 5.
NIGERIA
Tattica: Rispetto alla sfida facile con Tahiti, mister Keshi mantiene lo stesso modulo con due esterni offensivi e un centrocampo a tre, cambiando solo alcuni uomini. La sua squadra però pecca tremendamente di qualità in mezzo al campo e in attacco fatica a rendersi pericolosa contro la solida difesa uruguaiana.
Il migliore: Il gol e tanto altro al servizio della squadra. John Obi Mikel non porta il numero 10 per caso, anche se la tecnica non è quella di un fantasista di sicuro è il giocatore di maggior talento tra gli africani. Lotta e cerca di costruire le azioni pericolose della sua formazione, ma non trova il giusto sostegno. Voto 6,5.
Il peggiore: Già con la modesta Tahiti aveva mostrato qualche limite, contro l'Uruguay è stato il giocatore più in difficoltà. Ambrose non è mai a suo agio, soffre terribilmente la presenza di Forlan e Rodriguez dalle sue parti e non riesce mai a coprire in modo adeguato, rivelandosi l'anello debole della difesa. Voto 5.
Curiosità: La rete realizzata contro l'Uruguay è una vera e propria rarità per John Obi Mikel, che non ha mai avuto il vizio del gol. Pensate che in Nazionale è appena il quarto in 50 partite, mentre nel Chelsea non ha mai segnato in campionato, limitandosi a due segnature in FA Cup nel lontano 2006-07.

martedì 18 giugno 2013

CONFEDERATIONS CUP 2013: PAGELLE TERZA GIORNATA

Immagine tratta da mondopallone.it
Le partite del gruppo B chiudono ufficialmente la prima giornata di questa Confederations Cup 2013. In campo il big match tra Spagna e Uruguay e il meno allettante scontro tra Nigeria e Tahiti. Questo è il nostro giudizio sulle due partite.
SPAGNA
Tattica: Il modulo della Spagna, ormai, è sempre lo stesso da sette anni ad oggi: palla bassa, tanti tocchi di palla per controllare il ritmo e poi improvvise accelerazioni per colpire. Con Soldado si torna ad impiegare una vera punta centrale, il tasso tecnico superiore fa la differenza, in una vittoria molto più netta del risultato.
Il migliore: Non è un caso che sia stato proprio lui a regalare alle Furie Rosse il loro primo titolo mondiale. Iniesta se è in serata è il miglior centrocampista del Mondo, contro i mediani uruguayani fa quello che vuole, è in tutte le azioni pericolose e sfiora anche la marcatura personale. Dominante. Voto 7,5.
Il peggiore: Come si fa a trovare un peggiore in una partita così? Dovendo fare un nome, diciamo Arbeloa, ma senza particolari demeriti per il terzino del Real. Diciamo che paga la minore attività rispetto al compagno di reparto Jordi Alba, ma la sufficienza la merita ugualmente. Voto 6.
URUGUAY
Tattica: Contro i maestri del palleggio spagnoli, Tabarez si affida alla grinta dei suoi giocatori e ad un 4-4-2 che dovrebbe sfruttare l'estro di Ramirez e Rodriguez. Non va come sperava, proprio sulle fasce i suoi vengono dominati in lungo e in largo, rischiando un passivo ben più pesante dell'1-2 finale.
Il migliore: Il voto di sufficienza viene ottenuto solo per lo splendido gol realizzato nel finale. Suarez è senza dubbio il giocatore di maggior classe dell'Uruguay alla pari con Cavani, e lo dimostra sfruttando uno dei pochi palloni utili. La riscossa della squadra deve partire da lui. Voto 6.
Il peggiore: Tutto il centrocampo della Celeste naufraga amaramente, il simbolo forse delle difficoltà è Gargano, sballottato a destra e sinistra dal palleggio spagnolo. Impreciso, incapace di opporsi all'avversario, esce dalla gara frastornato e stremato. Sottotono insomma, come tutta la squadra. Voto 4,5.
Curiosità: Con la rete di ieri, Suarez è arrivato a quota 33 centri con la maglia dell'Uruguay, eguagliando il primato che appartiene al suo compagno di squadra Forlan. La differenza sono le presenze e l'età: 99 per Forlan, 34 anni, contro le 65 di Suarez, che di anni invece ne ha appena 26.
NIGERIA
Tattica: Contro un avversario non certo irresistibile, gli africani optano per un modulo spregiudicato, con due esterni molto offensivi a sostegno dell'unica punta e una spinta continua sulle fasce. Partita facile facile, qualche amnesia difensiva di troppo, che contro Spagna e Uruguay non saranno permesse.
Il migliore: La tripletta rende merito alla prestazione di Oduamadi, che fa letteralmente a fette la difesa tahitiana, non certo impenetrabile di suo. Veloce e tecnico, l'esterno di scuola Milan può usare questa vetrina per compiere il definitivo salto di qualità e, magari, guadagnarsi la fiducia di Allegri. Voto 7,5.
Il peggiore: Diciamoci la verità, concedere un gol ai modesti tahitiani è segno di scarsa concentrazione e di qualche imprecisione. La difesa nigeriana non è certo perfetta, in particolare Omeruo soffre tutta la gara i modesti attaccanti avversari. Continuando così contro Cavani e Soldado saranno dolori... Voto 5.
TAHITI
Tattica: Difficile parlare di tattica per la Nazionale oceanica, che cerca soprattutto di divertirsi e disputare con dignità il torneo. Difesa a cinque, quattro centrocampisti e una sola punta, con pochi giocatori di livello accettabile. La goleada arriva lo stesso, ma la soddisfazione del gol segnato è uno spot per il calcio.
Il migliore: E' grazie ad un suo gol che Tahiti per la prima volta nella sua storia disputa un torneo calcistico importante. Chong Hue ha deciso la finale di Coppa d'Oceania del 2012, è un attaccante con buoni movimenti e nel primo tempo sfiora anche il gol. E' lui il migliore dei suoi a conti fatti. Voto 6.
Il peggiore: Difficile giudicare una prova imbarazzante come quella della difesa tahitiana, alla fine la somma di errori consegna al portiere Samin la poco invidiabile palma di peggiore in campo. Incredibile la papera sul terzo gol, commette molte altre imprecisioni e non da mai segni di sicurezza ai compagni. Voto 4.
Curiosità: Questa è solo la prima partita di Vahirua con la sua Nazionale. Trentatré anni, una vita passata giocando in Francia, aveva sempre rifiutato le convocazioni per risparmiarsi i lunghi e faticosi viaggi transoceanici. Un'occasione come la Confederations Cup, però, non poteva certo farsela scappare.

lunedì 21 gennaio 2013

OLAJUWON, 50 ANNI DA "SOGNO"

Immagine tratta da bleacherreport.com
"Abbiamo incontrato tante persone che non credevano in noi, durante il nostro cammino. Ho una cosa da dire a queste persone: non sottovalutate mai il cuore di un campione!" Con queste parole, l'allora allenatore degli Houston Rockets salutava il titolo vinto nelle Finali Nba 1995 dalla sua squadra, una delle imprese più grandi di sempre nella storia del basket americano. Il campione di cui parlava, l'uomo-simbolo del suo team, era un atleta di oltre due metri, proveniente dall'Africa Nera, che da anni faceva sognare tutta Houston, e che oggi è conosciuto come uno dei migliori centri di sempre nella storia della Nba. Stiamo parlando di Hakeem Olajuwon, detto Hakeem The Dream (il Sogno).
Nato a Lagos, capitale della Nigeria, Hakeem ha la fortuna di vivere in una famiglia piuttosto benestante, il che gli permette di studiare e di dedicarsi con grande passione allo sport, anche se all'inizio il basket non è tra le sue discipline preferite. Gioca a calcio, fa il portiere, ma cresce talmente tanto da non riuscire a starci più in una porta, e la sua seconda passione è la pallamano, con cui partecipa ad alcuni tornei a livello nazionale. Durante uno di questi, la squadra di basket gli chiede il favore di giocare per loro, vista la stazza e il fisico notevole, anche se lui non ha mai preso in mano una palla a spicchi. Accetta, disputa un discreto torneo, e durante queste partite viene notato da un allenatore americano che lavorava in Africa, il quale lo segnala a vari college in patria. Hakeem non si lascia sfuggire l'occasione, s'imbarca per l'America per valutare la scelta migliore, ma a New York soffre tremendamente il freddo della Grande Mela, così va senza pensarci troppo a Houston, Texas, dove il clima è migliore. In questa città, il nigeriano trascorrerà vent'anni della sua carriera da sportivo, cucendosi addosso la maglia dei Rockets.
Al college, Olajuwon si allena senza sosta con pesi e palestra per migliorarsi fisicamente, e al campetto affina la sua tecnica come cestista, diventando in breve una stella a livello liceale. In coppia con un certo Clyde Drexler, altro grande giocatore degli anni 80-90, trascina la sua squadra a tre Final Four Ncaa consecutive, e anche se non riesce a vincere il titolo è comunque l'Mvp (miglior giocatore) nel 1983. Maturo per il grande passo, nel 1984 è pronto per il draft Nba, conscio che sarà scelto da una tra Houston e Portland, scelte che lo soddisfano ampiamente: nel primo caso rimarrebbe a casa, nel secondo raggiungerebbe Drexler, il suo vecchio amico. Vince Houston, Hakeem è la prima scelta di un draft che vede al terzo posto un certo Michael Jordan, e tra gli altri anche Charles Barkley e John Stockton. A Houston forma una coppia micidiale con l'altro centro Ralph Sampson, e già al suo secondo anno in Nba ha l'occasione di giocare una Finale per il titolo, dopo aver eliminato i Lakers di Magic Johnson e Kareem Abdul Jabbar. Gli avversari però sono i Boston Celtics di Larry Bird, che si rivelano decisamente troppo forti e vincono la serie con facilità, così Houston viene etichettata come una squadra bella e brava durante la stagione, ma troppo timida e imprecisa nei momenti decisivi.
Hakeem cerca l'occasione per rifarsi, e negli anni successivi continua a migliorare sempre di più, ma purtroppo per lui la squadra non lo ripaga, viene battuta sempre molto presto nei playoff, e la situazione è sempre più frustrante. Nell'estate del 1992, dopo una delle stagioni peggiori di sempre di Houston, il nigeriano arriva più volte ad un passo dall'addio, ma alla fine viene convinto a restare, e questa sarà la svolta della sua carriera. In panchina arriva Rudy Tomjanovich, ex giocatore e vice allenatore della squadra, il gruppo intorno ad Olajuwon cresce e l'innesto di alcuni giovani dal college migliora ulteriormente le cose. Dopo una stagione di transizione, nel 1994 finalmente Houston torna nelle Finali Nba, e per la prima volta vince il titolo dopo una durissima battaglia contro i New York Knicks. Olajuwon si confronta con un altro grande centro dell'epoca, Patrick Ewing, e vince la sfida dopo sette durissime partite; in quella che è forse la sua miglior stagione di sempre, è Mvp della stagione regolare, difensore dell'anno e Mvp delle Finali. Dopo tanti anni difficili, finalmente il nigeriano assapora la gloria che merita, ma il meglio per lui deve ancora venire.
L'anno seguente, Houston parte bene come campione uscente, ma durante la stagione qualcosa si rompe negli equilibri della squadra, e le possibilità di ripetersi sembrano pari allo 0. Con uno scambio di mercato, arriva in squadra Drexler, vecchio compagno di Hakeem al college, e anche grazie a lui arriva la qualificazione ai playoff, ma la squadra ha solo il sesto posto complessivo, e non sembra avere speranze contro le altre corazzate Nba. Al primo turno, Houston batte gli Utah Jazz di Stockton e Karl Malone in cinque, durissime partite, al secondo elimina i Phoenix Suns di Charles Barkley in sette sfide, rimontando da un 3-1 che sembrava una sentenza. Nelle Finali a Ovest, Olajuwon affronta i San Antonio Spurs del centro David Robinson, miglior giocatore dell'anno, e stimolato dalla sfida dimostra tutta la sua superiorità sul rivale, trascinando la squadra alla vittoria dopo sei match con oltre 35 punti di media a partita. In Finale Nba, si trova davanti i giovani Orlando Magic e la loro stella, il centro emergente Shaquille O'Neal, che a fine carriera designerà Olajuwon come il miglior centro mai affrontato. La sfida, che sembra equilibrata, si rivela senza storia, Houston vince 4-0 ed è Campione Nba per il secondo anno consecutivo, firmando una delle imprese più grandi di sempre nella storia del basket americano, con Hakeem ancora una volta Mvp delle Finali. Tomjanovich, come detto, esalta il suo giocatore, invitando i tanti che lo avevano sottovalutato a rispettare il cuore di un campione.
Dopo l'apice, arriva l'inevitabile declino per Hakeem e per la sua squadra, logorata dagli anni e dagli infortuni. Olajuwon gioca ancora per cinque anni a Houston, ma non riesce più ad esprimersi ai massimi livelli per i tanti acciacchi che lo condizionano dopo mille battaglie, prova a cambiare aria nel 2000 trasferendosi a Toronto, ma dopo una sola stagione capisce che è il momento di dire basta, e lascia il basket. Solo come giocatore, però, perché da allora è sempre rimasto nell'ambiente della palla a spicchi, diventando un ottimo allenatore per tanti centri, come Yao Ming, Amar'e Stoudemire e recentemente Dwight Howard. Anche Kobe Bryant e Lebron James si sono rivolti a lui per imparare nuovi movimenti e migliorare il loro gioco vicino a canestro. Oggi, Olajuwon festeggia 50 anni, primo di quella grande generazione di campioni che sono nati nel 1963 (tra gli altri, Michael Jordan, Charles Barkley e Karl Malone) e che hanno dominato gli anni 80 e 90 del basket a livello mondiale. Centro dalla tecnica e dalle capacità incredibili, considerato uno dei giocatori più forti e più completi di sempre nel suo ruolo, The Dream continua ancora oggi ad ispirare centinaia di giovani che si avvicinano per la prima volta al mondo del basket, e che rivedono con occhi ammirati le sue battaglie contro gli altri grandi campioni della Nba. Più di tutti, rimane forte il messaggio che lui e il suo allenatore diedero al mondo in quell'indimenticabile primavera del 1995: non sottovalutate mai il cuore di un campione.