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domenica 5 gennaio 2014

ADDIO EUSEBIO, PANTERA NERA DEL GOL

Immagine tratta da ilpuliciclone.wordpress.com
Il suo nome ispirava terrore ai portieri e ai difensori degli anni Sessanta. I tifosi del Milan, soprattutto quelli meno giovani, ricordano ancora la rete che poteva rovinare loro la festa nella storica partita di Wembley del 1963, in quell'Inghilterra e contro quegli italiani che gli avrebbero riservato più di un'amarezza. Per gli esperti di calcio era "la Pantera Nera" per via delle sue movenze feline e per la sua ferocia sotto porta, oltre che per il colore della sua pelle. Nel suo Paese, il Portogallo, era considerato un eroe nazionale, un simbolo dello sport e non solo. Per tutti era, semplicemente, Eusebio, uno dei più forti attaccanti nella storia del calcio, uno di quei giocatori che davvero nascono una volta ogni tanto.
La sua storia comincia lontano dalle terre lusitane, nella colonia africana del Mozambico, dove nasce nel 1942. Quasi per uno scherzo del destino, la sua carriera si incrocia presto con il calcio italiano, perché il primo allenatore a scoprire il suo talento è Ugo Amoretti, ex portiere di Juventus, Genoa e della Nazionale, che è andato ad allenare in Africa. Segnala il giovane talento a diversi club della penisola, ma nessuno si convince ad investire su questo ragazzino, protetto per di più da una madre che non vuole lasciarlo andar via così giovane. Ha più fortuna il brasiliano Bauer, anche lui ex calciatore, che lo vede durante una tournée della sua squadra in Mozambico e lo raccomanda caldamente al suo vecchio allenatore al San Paolo, l'ungherese Bela Guttman, che adesso siede sulla panchina del Benfica. L'affare si fa, il ragazzo si trasferisce diciottenne in Portogallo, e molto presto entra nei ranghi della prima squadra, perché un simile talento ha bisogno davvero di poco per esplodere. Assiste alla conquista della prima Coppa dei Campioni del Benfica nel 1961, ai danni del Barcellona, l'anno dopo è invece in campo nella finale contro il Real Madrid di Puskas, Gento e Di Stefano, una delle squadre più forti e temute di sempre. Con il punteggio in parità, firma una doppietta con un rigore e una punizione, regalando ai portoghesi la seconda Coppa consecutiva. Ad appena vent'anni è già uno dei giocatori più famosi e importanti del calcio europeo e mondiale.
La sua carriera prosegue con la maglia delle Aquile di Lisbona per quindici anni, scanditi dal numero impressionante di reti che mette a segno in tutti i modi, fino ad arrivare all'incredibile numero di 473 centri in 440 match complessivi con la maglia biancorossa. In Portogallo vince tutto quello che c'è da vincere, il titolo è suo per 11 volte, in 5 occasioni si prende anche la Coppa Nazionale, tutta la Nazione è ai piedi della Pantera Nera, il killer dell'area di rigore, tecnico e acrobatico, nato per segnare, il Mondo stesso lo paragona a Pelé, ritenendolo quasi alla pari con l'asso brasiliano. L'Europa però non gli riserva altre soddisfazioni, di fatto la Coppa Campioni del '62 è il suo primo e unico trofeo continentale. Nel 1963, a Wembley, ha l'occasione di portare la sua squadra ad uno storico tris, ma si trova di fronte il Milan di Rocco, Altafini, Trapattoni e di un altro giovanissimo talento, Gianni Rivera. Segna lui per primo, ma nel secondo tempo la doppietta di Altafini ribalta la partita, e per i portoghesi arriva la sconfitta, per certi versi inattesa. E' la prima volta che l'Italia lo fa piangere, ma non sarà l'ultima, perché due anni dopo è l'altra squadra di Milano, la grande Inter di Herrera, a infrangere nuovamente i suoi sogni di gloria. Nel 1968 disputa la quarta e ultima Finale di Coppa dei Campioni della sua storia, e ancora una volta esce sconfitto dal campo, battuto ai supplementari dal forte Manchester United di George Best, Bobby Charlton e Stiles. 
Proprio contro questi ultimi, due anni prima, era uscito in lacrime dal campo di Wembley. E' il 1966, e per la prima volta il Portogallo partecipa ad una Coppa del Mondo, ospitata in quell'occasione dall'Inghilterra. Eusebio è già famoso, ma dopo questo torneo entra nella leggenda, perché porta i suoi ad un incredibile terzo posto, miglior risultato di sempre ai Mondiali per i lusitani. In girone sconfigge con una doppietta il Brasile di Pelé, ai quarti ribalta con quattro reti l'iniziale 0-3 contro la sorprendente Corea del Nord, che ha fatto fuori l'Italia in girone. In semifinale l'Inghilterra padrone di casa interrompe i suoi sogni di gloria, l'implacabile Stiles lo marca per tutta la partita, lui riesce a procurarsi e segnare il rigore dell'inutile 2-1, ma non basta a vincere la partita, e ancora una volta deve lasciare il campo in lacrime. Quella Coppa del Mondo è l'unico trofeo internazionale disputato con il suo Portogallo, che non riesce più a ripetersi nonostante i suoi gol ed il suo impegno. Eusebio lascia la Nazionale nel 1973 con 41 centri realizzati, un record battuto in tempi recenti solo dal Carneade Pauleta e dal ben più illustre Cristiano Ronaldo. Prima di lui, i lusitani non esistevano nella geografia del calcio, con lui hanno iniziato la crescita che li ha portati ad essere tra le più forti Nazioni d'Europa. 
Ormai a fine carriera, la Pantera Nera ha vinto tutto in Europa, compreso il Pallone d'Oro nel '65 (primo giocatore di colore fino a Gullit nel 1987) e due Scarpe d'Oro come miglior bomber continentale nel '68 e '73. Così decide di girare le Americhe per qualche anno, giocando e segnando per diversi club tra Stati Uniti, Messico e Canada, prima di appendere definitivamente le scarpette al chiodo. Dopo il ritiro sarà il mentore e il punto di riferimento per tanti giovani calciatori portoghesi, la chioccia della Generazione d'Oro dei Figo, Couto, Futre e Rui Costa, e poi di quel Cristiano Ronaldo che è a tutti gli effetti il suo miglior erede. Ha pianto con la Nazionale per la finale persa in casa contro la sorprendente Grecia ad Euro 2004, era sempre con la squadra nell'estate 2012 in Polonia, quando è stato colpito da un ictus che lo ha duramente minato nel fisico. Stamattina si è spento a causa di un arresto cardiaco, a quasi 72 anni, lasciando un enorme vuoto e tanto dolore nel suo amato Portogallo e nel cuore di tutti gli appassionati di calcio, perché una leggenda come lui difficilmente tornerà a calcare un campo di calcio. Addio Pantera Nera, ci mancherai.

domenica 30 dicembre 2012

GORDON BANKS, 75 ANNI NELLA LEGGENDA

Immagine tratta da linkiesta.it
7 giugno 1970, Guadalajara, Messico. Si sta disputando la seconda partita del terzo gruppo della Coppa "Jules Rimet" (dall'anno seguente Coppa del Mondo), che vede di fronte l'Inghilterra di Moore e Bobby Charlton, campione uscente, e il Brasile dei fenomeni Pelé, Jairzinho, Rivelino e Tostao. Sono passati appena dieci minuti dal fischio d'inizio, i Sudamericani stanno attaccando senza sosta, il capitano Carlos Alberto imposta un'azione sulla destra, serve l'ala Jairzinho che salta il marcatore Cooper e dal fondo crossa al centro per Pelé, che brucia sul tempo il marcatore Wright e schiaccia la palla nell'angolo di testa. Lo stadio grida "Goal!", il centravanti è già pronto a esultare, ma all'ultimo istante una mano respinge il pallone proprio sulla linea di porta, alzandolo oltre la traversa. L'autore di quella prodezza si chiama Gordon Banks, uno dei più grandi portieri nella storia del calcio, di certo il più amato dagli inglesi, e oggi festeggia 75 anni.
Come per molti ragazzi della sua epoca, anche per Banks il calcio all'inizio è una semplice passione da alternare con le dure ore di lavoro: portiere fin da giovane, gioca in una squadra di minatori quando lascia la scuola e inizia a lavorare, come portatore di carbone prima, e muratore poi. Per caso, viene notato da un osservatore del Chesterfield, squadra di seconda categoria inglese, che gli offre uno stage di tirocinio e, a seguito delle sue buone prestazioni, lo inserisce prima nella squadra giovanile, e poi in quella delle riserve. Dopo il servizio militare in Germania, durante il quale vince un torneo amatoriale con il suo reggimento, Banks riceve il primo contratto da professionista nel Chesterfield, con cui arriva in finale di Coppa d'Inghilterra giovanile, persa contro il fortissimo Manchester United, e debutta in prima squadra nel 1958, nella Terza Divisione del calcio inglese.
Nell'estate del 1959, il Leicester decide di puntare su di lui e lo porta in Prima Divisione, facendolo esordire in campionato quasi subito e consegnandogli la maglia da titolare già nella seconda parte della stagione. Con il suo nuovo club, Banks disputa due finali di Coppa d'Inghilterra (1961 e 1963), entrambe perse, e altre due di Coppa di Lega, con una vittoria nel 1964 e una sconfitta l'anno seguente, e si afferma lentamente come uno dei portieri più forti d'Inghilterra. Già nel giro della Nazionale dal 1962, quando viene convocato per i Mondiali in Cile come terzo portiere, ottiene la fiducia del nuovo tecnico Alf Ramsey, che vuole puntare su di lui per costruire una squadra vincente in vista del Mondiale casalingo. Banks esordisce in Nazionale nel 1963, in una sconfitta casalinga contro la Scozia, e da allora è sempre considerato il titolare nel ruolo del portiere, scelta confermata dalle sue prestazioni in continua crescita. Nel 1966, durante il Mondiale disputato in casa, l'Inghilterra riesce nell'impresa di laurearsi per la prima, e finora unica volta nella storia, Campione del Mondo. Banks si distingue soprattutto nella seconda parte del torneo, disputando due buone partite in semifinale contro il Portogallo di Eusebio e nella finalissima contro la Germania Ovest di Haller, Seeler e Beckenbauer. In tutto il torneo, gli inglesi subiscono appena tre reti, e Banks è uno degli eroi di questo grande trionfo sportivo, che quattro anni più tardi gli varrà il titolo di baronetto.
Dopo il Mondiale, il portiere è tuttavia costretto a cambiare club, perché nelle giovanili del Leicester si mette in mostra un ragazzo, Peter Shilton, su cui il club intende investire molto per il futuro. Banks passa allo Stoke, con cui vince un'altra Coppa di Lega, e intanto continua a difendere egregiamente i pali della sua Nazionale. Negli Europei del 1968, l'Inghilterra si deve accontentare del terzo posto, sconfitta in semifinale dalla sorprendente Jugoslavia, e due anni dopo arriva in Messico per difendere il titolo conquistato in casa quattro anni prima. Durante il girone, è protagonista dello straordinario intervento che abbiamo descritto all'inizio, quando manda il pallone in angolo con un colpo di reni incredibile, tanto da meritarsi i complimenti di Bobby Moore e, dopo la rabbia iniziale, dello stesso Pelé, che dirà in seguito: "In quel momento ho odiato Banks più di ogni altro calciatore, non potevo crederci. Ma quando è passata l'ira, ho dovuto applaudirlo con tutto il cuore. Era la più grande parata che io avessi mai visto." Per la cronaca, il Brasile vincerà comunque la partita con un gol di Jairzinho, ma sarà l'unica rete subita da Banks, imbattuto nelle altre due gare del gruppo. Prima dell'attesa sfida dei quarti di finale, la rivincita della finale del 1966 tra Germania Ovest e Inghilterra, un problema intestinale blocca Banks e lo costringe ad assistere alla partita dall'albergo. Gli inglesi vanno in vantaggio per 2-0, ma un errore del portiere di riserva Bonetti ridà speranza ai tedeschi, che pareggiano e vincono nei supplementari. Il tecnico Ramsey commenterà con rammarico: "Di tutti i giocatori che potevamo perdere, abbiamo perso proprio lui."
La carriera di Banks dura solo un altro paio di anni dopo i Mondiali messicani: nell'ottobre del 1972, mentre torna a casa dopo un allenamento, ha un piccolo incidente con la sua auto. All'inizio non sembra niente di grave, invece il colpo subito danneggia il suo occhio destro, compromettendo così la sua visione bioculare e rivelandosi un ostacolo insormontabile per permettergli di giocare ancora ad alti livelli. Il portiere è costretto a lasciare il club e la Nazionale, con cui ha giocato 73 partite, l'ultima disputata in Scozia, contro la stessa avversaria con cui aveva debuttato, e lo sostituisce proprio quel Peter Shilton che aveva preso il suo posto nel Leicester. Dopo il ritiro forzato, Banks si dedica al ruolo di talent scout e di allenatore per club minori, ritorna anche in porta in alcune occasioni, in Inghilterra e negli Stati Uniti, ma ormai si tratta di prestazioni sporadiche, ben lontane dai suoi anni d'oro.
La sua fama è rimasta inalterata in tutti questi anni, i britannici ancora lo considerano il miglior portiere inglese  di tutti i tempi, e di recente l'IFFHS (Istituto Internazionale di Storia e Statistica del Calcio) l'ha nominato secondo miglior portiere della storia, dietro solo al mitico Lev Jasin e davanti ad un altro mostro sacro come Dino Zoff. Al di là delle statistiche e delle classifiche di esperti e tifosi, rimarrà sempre famoso per la sua straordinaria agilità, per i riflessi e per la concentrazione con cui riusciva a compiere interventi che molti ritenevano impossibili. Proprio come in quel pomeriggio a Guadalajara, quando si superò davanti agli occhi del mondo intero, in quella che è forse la parata più bella nella storia del calcio.