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domenica 20 ottobre 2013

IL GRAN PREMIO PIU' PAZZO DEL MONDO

Immagine tratta da antoniogenna.com
Se non ci fosse di mezzo la sicurezza, argomento sul quale non è mai giusto né bello scherzare, si potrebbe dire che gli organizzatori della Moto Gp hanno trovato il modo per rinnovare e ravvivare l'interesse per questo sport. Il famigerato flag-to-flag, il cambio obbligatorio della moto a metà gara per risolvere il problema del deterioramento eccessivo degli pneumatici ha avuto l'effetto non solo di rimischiare le carte della contesa in pista, ma anche di riaprire un Mondiale che proprio oggi poteva chiudersi. 
Tutto accade nel giro di due giri, il 9 e il 10, durante i quali tutti i piloti compiono il "rito" del cambio moto, tranne uno: Marc Marquez. Il ventenne spagnolo, che arrivava in Australia con il sogno di chiudere trionfalmente la prima stagione nella classe regina con il titolo, è vittima della disattenzione del suo muretto, che lo fa rimanere in pista un giro di troppo, così che il cambio avviene in ritardo rispetto al regolamento e l'unico rimedio possibile è la bandiera nera. Gara finita per lui, 0 nella classifica punti, e con Lorenzo che alla stessa voce ne segna 25 il distacco in classifica è più che dimezzato, da 43 a 18. Con due gare da disputare, il maiorchino campione uscente ha nuova linfa e nuove speranze di riconfermarsi il migliore e di ribaltare una situazione che sembrava disperata. A completare la giornata orribile della Honda, arriva la penalità inflitta a Pedrosa per aver superato il limite di velocità nell'ingresso ai box, con conseguente posizione restituita a Marquez e possibile vittoria gettata via. Ride l'altra casa giapponese, la Yamaha, che ingolosita vorrebbe addirittura il secondo posto per Valentino Rossi, arrivato terzo al traguardo: secondo loro Pedrosa doveva ridare la posizione a lui, non allo squalificato Marquez, anche se la segnalazione è arrivata prima della bandiera nera esposta al giovane leader del Mondiale. Proteste ingiustificate, dunque, ma un primo e un terzo posto che danno morale e rilanciano un team che si sta dimostrando meno competitivo, con una moto inferiore a quella degli avversari, ma con un leader come Lorenzo che sembra nascondere molti dei problemi tecnici con la sua guida e il suo incredibile spirito combattivo. Discorso dunque ampiamente riaperto e appuntamento a Motegi per il nuovo capitolo di questa stagione 2013, che potrebbe chiudersi del tutto o vivere nuovi, clamorosi sviluppi.
Detto della gara, ci permettiamo di fare un appunto a quanto successo oggi. Questo Gran Premio d'Australia sarà a lungo ricordato come uno dei più pazzi e disorganizzati nella storia del Motomondiale, e ha ribadito un altro concetto fondamentale: i pit stop sono molto interessanti nella Formula 1, ma con le moto c'entrano poco o nulla. Vedere questi piloti che rientrano di corsa, saltano giù di sella come canguri e ripartono rischiando di scontrarsi non si può definire spettacolo, è un rischio inutile e di cui non si sente assolutamente il bisogno. Siamo abituati a vedere gare iniziate e concluse con la stessa moto, senza rientro ai box o cambi obbligati, preferiremmo che le cose rimanessero così. Anche l'organizzazione è stata piuttosto scadente, se è vero che oltre a Marquez altri due piloti hanno sbagliato i tempi del rientro ai box, segno che la regola non è stata spiegata come si deve, creando ulteriore confusione nei team. La tirata d'orecchie maggiore va però alla Bridgestone, rea di aver messo a disposizione gomme troppo fragili, che hanno costretto gli organizzatori a dividere in due il Gran Premio e poi ad accorciarne la durata per ridurre i rischi. Se a queste polemiche aggiungiamo quelle provocate dalla Pirelli in questa stagione di Formula 1, possiamo dire che le case automobilistiche non ci stanno facendo una gran figura. Lo spettacolo, lo ripetiamo per l'ennesima volta, non può essere costruito sulla pelle dei piloti e a discapito della sicurezza, su questo in molti nelle stanze dei bottoni del mondo delle corse dovranno riflettere, possibilmente senza aspettare l'ennesimo incidente.

domenica 7 aprile 2013

SENZA ALCUN DUBBIO

Immagine tratta da sportmediaset.mediaset.it e modificata su befunky.com
I due anni con la Ducati non hanno scalfito nulla. Il talento, la voglia di vincere, di rischiare, l'istinto del sorpasso "alla Rossi".
34 anni e non sentirli. Evviva, il Dottore è risorto, e ha tirato fuori il coniglio dal cilindro dopo una qualifica incolore.
D'altronde se le pole position sono "solo" 59 a dispetto delle 105 vittorie, un motivo dovrà pur esserci.
La Ducati con Dovizioso arriva settima a 24 secondi. Il problema era rosso e non Rossi.
Bisognava andare da subito al 120%, dalla prima curva della prima gara, per cercare di restare al passo dei terribili ragazzini spagnoli. 
E per questo Rossi tira un lungo al secondo giro, per troppa foga di liberarsi di tutti e mettere nel mirino Lorenzo, e da un possibile 3° posto scivola al 7°, ma riesce a recuperare tutti: rimontona su Dovizioso, Bradl, Crutchlow, Pedrosa ed infine Marques. Chiude 2°.
Lorenzo martella dal semaforo e va a vincere con 6 secondi di vantaggio. Non lo vede mai nessuno. E' fenomenale ed è un cyborg con i nervi d'acciaio.
Marc Marquez a 20 anni firma il primo podio, chiudendo 3° una gara irriverente e senza paura, primo dei piloti Honda, dopo aver vinto il duello con Pedrosa, ed aver perso quello con il suo idolo Valentino Rossi. 
E Marquez nel dopogara parla di essersi reso conto perchè Rossi è Rossi. 
Vale ha la meglio sul giovane spagnolo grazie all'esperienza e al suo talento, ma la sensazione che il giovane catalano sia un predestinato è evidente.
Questa sensazione è evidente anche a Pedrosa, il brutto anatroccolo per eccellenza, oggi 4°, ai piedi del podio. All'ottava stagione sulla Honda ufficiale, il buon Dani si ritrova un fenomeno nel box accanto e già davanti in gara. Sarà una bruttissima gatta da pelare.
Rossi nel rimontone ha martellato giri record, sui tempi di Lorenzo. Uno spettacolo. Da occhi luccicanti.
Il Dottore è tornato. E' lui. Nessun dubbio. Ma per stare in scia a Lorenzo occorre stare al 120% dal primo turno di prove libere, non sbagliare nulla, mai.
Sarà durissima, ma ci sarà da divertirsi.

domenica 29 aprile 2012

Profondo rosso

Immagine tratta da gpone.com

“La realtà e la fantasia spesso si confondono come un cocktail di cui non riesci a distinguere i sapori!”.
La realtà, dopo solo due prove del motomondiale, è che la Ducati e Valentino Rossi proprio non vanno. La fantasia, è vedere Rossi vincere il mondiale numero dieci della sua carriera. Oggi per il centauro di Tavullia è fantasia anche salire sul podio.
Prima gara in Qatar, qualifiche grigie da dodicesima posizione e gara passiva conclusa al decimo posto.
Seconda gara in Spagna, pista di Jerez de la Frontera. Qui Vale ha vinto 6 volte ma nel motomondiale la storia su un circuito conta poco quando non hai due ruote, un motore e una voglia di lottare che ti spingono.
La realtà è dura. Possono due gare del motomondiale spegnere le speranze iridate della Ducati e di Valentino Rossi? Si. A malincuore.
“Tu credi di dire la verità e invece dici soltanto la tua versione della verità!”
Il pesarese non si è mai lamentato delle moto che ha guidato come in questi due anni con la Ducati. Continui accorgimenti tecnici, battute sottili hanno caratterizzato questa esperienza Rossi-rossa. Tra i due non è sbocciato l’amore sperato e il feeling non è mai stato a livello Rossi-Yamaha, forse l’unico amore del pilota italiano nella sua gloriosa carriera. È impensabile che un nove volte campione del mondo arrivi ultimo tra i quattro piloti ducati, guidando apparentemente la stessa moto. È impensabile prendere due secondi netti di ritardo nelle ultime qualifiche in Qatar dal tuo compagno di squadra Hayden, di certo non un mostro in velocità. È impensabile sudare per tutta la gara per la nona posizione con l’altro compagno di scuderia Barbera, non certo un mostro di esperienza. I dubbi sulla tenuta psico-fisica di Rossi son legittimi.
La Ducati è dura da guidare ma per Rossi sembra duro guidare.
“Tu hai già ucciso e sento che ucciderai ancora!”
Può essere letto così il Melandri pensiero di giornata. Lo sfogo del ravennate viene da lontano. 4 anni fa anche lui non riusciva a guidare la moto di Borgo Panigale. Criticato da tutti, Ducati compresa, è scappato dalla rossa e ora vive un’altra carriera sportiva in Superbike.  La desmosedici italiana, quindi, è abituata a fare vittime illustri. Una moto, un gioiello di elettronica, difficile da guidare per molti, tranne che per Casey Stoner. L’australiano in sella si trasformava in un razzo per tutti, su tutti i circuiti. Scattava ed era utopia raggiungerlo. L’unico sopravvissuto.
L’ultima dichiarazione, nel post gara del Qatar, proietta al 2013. “Ci sarà una rimescolata di piloti” segna già oggi il divorzio Ducati-Rossi, lasciando il posto ad un’altra vittima.