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mercoledì 30 luglio 2014

POGBA SR. E I SUOI FRATELLI

Immagine tratta da corrieredelmezzogiorno.it e modificata su befunky.com
Il Pescara ha preso Pogba.
Storia vera.
E non è neppure una gaffe di Tavecchio. E' il fratello maggiore dello juventino Paul, ruolo attaccante, classe '90, esperienze passate Wrexham e Crewe Alexandra, all'anagrafe Mathias Pogba.
In barba alla valorizzazione degli italiani, negli ultimi anni stiamo anche subendo l'invasione dei "fratelli di" giocatori stranieri che militano o hanno militato in passato nel nostro campionato.
Da quando il calcio è a colori, il primo esempio eclatante è stato Maradona. Diego, l'immenso 10 del Napoli, portò nell' 87/88 all'Ascoli il fratellino Hugo. Meteora a tutti gli effetti, il tempo di una figurina Panini e di 13 presenze incolori in bianconero. Un prosieguo di carriera tra Rayo, RapidVienna, Dep.Italia, Fukuoka, Avispa, Toronto e Consadole. Poi fu il turno della dinastia Laudrup, Michael numero 10 di Lazio e Juventus e Brian, che sbarcò in Italia nel 92-93 nella sfortunata annata della retrocessione della Fiorentina e si trasferì l'anno dopo al Milan. Numeri pessimi per una punta: 6 reti totali su 40 presenze. Abedì Pelè è una leggenda del calcio africano, e tra il '94 e il '96 passò per il Torino, due buone annate e bei ricordi lasciati ai tifosi granata. Non altrettanto si può dire del fratellino Kwame Ayew, transitato da Lecce tra il '93 e il '95. 7 reti in 34 apparizioni, e doppia retrocessione consecutiva A-C1.
Strano destino anche quello dell'Ancona. Ben 3 i fratelli d'arte stranieri accolti nelle due esperienze in Serie A dei marchigiani. Si comincia nel '92-'93 con El Raton Zarate (13 presenze e 2 gol), fratello e futuro agente del più celebre Mauro Zarate, ex Inter e Lazio, e si prosegue con Mads Jorgensen, firmato nel 2003, ma con 0 presenze stagionali, fratello dell'ex Udinese e Fiorentina, Martin Jorgensen. Sempre nella stessa stagione sbarca ad Ancona Luis Helguera, 13 presenze, e una discreta carriera di secondo piano in Italia con Udinese e Fiorentina prima e Vicenza poi. Fratello di Ivan Helguera, colonna del Real Madrid, con una fugace apparizione nella Roma di Zeman nel '97-'98 (9 gettoni).
Negli ultimi tempi son sbarcati Digao, fratello di Kakà, un difensore che riuscì, grazie ai buoni uffici familiari, a strappare un contratto pluriennale con il Milan (e passò anche per Rimini, Lecce e Crotone), Burdisso Guillermo, 2 presenze nella Roma del 2010/11, fratello di Nicolas (molti anni italiani tra Inter, Roma e ora Genoa), Nicholas Frey, da 10 anni terzino in Italia tra Legnano, Modena e attualmente Chievo, fratello di Sebastien, portiere di Inter, Verona, Parma, Fiorentina, Genoa, che attualmente sverna in Turchia.
Presenti nella lista anche gli insospettabili Rubinho (portiere di Genoa, Palermo, Livorno, Torino e ora Juventus), fratello di Ze Elias (promessa mai mantenuta tra Inter e Bologna) e la coppia Inacio Pià (ex Napoli, Torino e una decina di altri club italiani)-Joelson (che ha girovagato per anni tra B e C e ha pure 1 gol in A con la Reggina). 
E chiudiamo questo elenco con la saga dei centrocampisti finlandesi Eremenko. Alexei militò 35 volte tra 2004 e 2006 al Lecce, il fratello Roman, sempre in quegli anni 11 volte a Siena e 7 a Udine.
Insomma, è un'invasione di fratelli d'arte. Ma la maggior parte sono meteore, a fronte di uno buono c'è il rovescio della medaglia del fratello bidone. 
E' sempre stato così, con rare eccezioni di coppie di meteore.
Ci perdoni il Pescara e Mathias Pogba, ma una vaga idea su chi dei due sia quello forte e chi il bluff, ce la siamo già fatta.

lunedì 2 dicembre 2013

DA "DESAPARECIDO" A "RE LEONE"

Immagine tratta da sport.sky.it
Come ritrovarsi in casa un giocatore indesiderato, non richiesto e fuori forma, e scoprire dopo un paio di mesi di avere un estremo bisogno di lui. Ciò che sta accadendo in casa juventina con il centravanti Llorente è proprio questo: ignorato nei primi mesi di campionato, ora è decisamente lui il colpo del mercato bianconero, il giocatore giusto per tutte le esigenze e in tutte le partite. Un'evoluzione incredibile e per molti inattesa, quella del bomber basco, non se si guarda l'idea di gioco impostata da Conte e qualche episodio analogo del recente passato dei campioni d'Italia. 
Fin dalla sua prima stagione sulla panchina della Juve, infatti, il tecnico salentino ha sempre puntato su un attaccante di peso e di sostanza, magari non fenomenale sotto porta ma in grado con il suo fisico e le sue caratteristiche di dare profondità, far salire la squadra, e magari buttarla dentro con qualche giocata "sporca", stilisticamente non perfetta ma molto più efficace di dribbling e colpi di fantasia. Matri era l'esempio perfetto del centravanti voluto da Conte, che non a caso ha preso piuttosto male la sua cessione nell'estate, soprattutto per l'abnegazione e l'utilità che il ragazzo ha sempre dimostrato di possedere all'interno del gruppo, a prescindere dalle sue medie realizzative non sfavillanti. Titolare fisso nel primo scudetto della rinascita juventina, Matri si è poi dovuto giocare il posto giocatori simili a lui per stile di gioco e caratteristiche, come Quagliiarella e soprattutto Borriello, voluto proprio da Conte per dare una mano nelle fasi cruciali della corsa al titolo. Anche l'anno successivo, dopo una prima fase di stagione con il duo Vucinic-Giovinco titolare, la vera svolta tattica bianconera è arrivata con il reinserimento di Matri, che ha dato peso ad un attacco altrimenti fantasioso ma troppo leggero e, a tratti, inconcludente contro difese veloci e brave a non scoprirsi.
Llorente nel suo gioco è certamente simile a Matri per fisico e caratteristiche, ma con qualche netta differenza, di stazza ma soprattutto di tecnica. Lo spagnolo è più robusto, 10 centimetri e altrettanti chili in più dell'attaccante oggi al Milan, e unisce a questi vantaggi una capacità migliore di tenere il pallone, fare sponde veloci per i compagni e farsi trovare pronto sotto porta nei momenti importanti. E' anche più giovane di un anno, il che non guasta mai se si pensa in chiave futura, e conosce bene il palcoscenico europeo e internazionale, avendo disputato tre edizioni consecutive dell'Europa League con l'Athletic Bilbao (con tanto di finale persa nel 2012), ed essendosi aggiudicato con la Nazionale spagnola il titolo Mondiale nel 2010 ed Europeo nel 2012, pur giocando molto poco. Non è un fenomeno, ben inteso, ma conosce bene il ruolo del centravanti vecchia maniera, fisico e opportunista, e sa sfruttare bene le sue occasioni. Arrivato a costo zero perché in scadenza di contratto, a inizio stagione ha dovuto ambientarsi con il campionato italiano, e soprattutto ritrovare la forma migliore, visto che nella scorsa stagione aveva giocato poco per via del suo desiderio di lasciare il club basco per approdare alla Juventus. Superata la diffidenza iniziale dell'ambiente e di Conte, che non sembrava riuscire a trovargli posto nel suo attacco, si è giocato bene la sua prima chance da titolare, segnando la rete decisiva contro il Verona, e anche in Champions si è fatto notare quando ha realizzato due reti agli spagnoli del Real Madrid, una al Bernabeu ed una a Torino. Da quasi due mesi il posto accanto a Tevez è suo, senza più discussioni, e nelle ultime tre partite con il Napoli, a Livorno e in casa con l'Udinese ha segnato le reti decisive per sbloccare e successivamente vincere i match e consentire ai bianconeri di allungare in vetta al campionato.
Una bella rivincita per lui e un grosso smacco per i tanti critici che l'avevano definito inutile, fuori luogo, inadatto al nostro calcio, sopravvalutato. La sua sembrava in effetti la fotocopia delle esperienze di altri attaccanti arrivati alla Juve con buone aspettative, non come obiettivi di mercato dichiarati, e rivelatisi con il passare del tempo un flop di cui liberarsi in fretta. Se Borriello, nel 2012, si era gradualmente fatto apprezzare con un paio di gol importanti, anche se non sufficienti a garantirgli la permanenza in bianconero, la scorsa stagione le esperienze di Bendtner (nove partite pressoché anonime) e del suo sostituto Anelka (due scampoli di gara senza lasciare il segno) avevano deluso non poco le aspettativa di tecnico e dirigenza. E dire che Llorente era dato sul piede di partenza già prima dell'inizio del campionato, sponda Barcellona, e che dopo il primo mese in cui non aveva quasi messo piede in campo i giornali spagnolo lo davano per "desaparecido", dimenticato chissà dove da Conte e dal suo staff...
Ora il nuovo "Re Leone", come viene chiamato dai tifosi per la lunga chioma castana e la barba (non ce ne voglia il grande Batistuta, proprietario ad honorem di questo titolo...), è praticamente insostituibile, la sua utilità in campo è sotto gli occhi di tutti, e lo stesso Conte lo elogia e sembra disposto a tutto pur di non privarsi di lui, anche ad esentarlo dal turnover. Da "desaparecido" ad eroe e potenziale colpo di mercato, il passo per Llorente è stato davvero breve.