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mercoledì 10 settembre 2014

FAME, ZAZA E FANTOZZI

Immagine tratta da twitter.com e modificata su befunky.com
Non si subiva gol da due partite di fila da un anno. Non si vincevano due gare in sequenza da un anno. E' questo il biglietto di presentazione di Conte in Nazionale. 
Un doppio 2-0 con Olanda e Norvegia. Qualificazioni all'Europeo iniziate con il piede giusto.
La Nazionale messa ieri in campo è stata la nazionale della fame e non della fama. 
Ranocchia, Astori, Darmian, Florenzi, Giaccherini, DeSciglio, Immobile, Zaza hanno tutti questa caratteristica. Magari sono poco reclamizzati, ma in campo stanno dando il 110%.
Tecnicamente non è stata una grande Italia. A un certo punto, a inizio ripresa diciamo, si notava che mancava qualche piedino un po' più educato della media per i passaggi e gli stop.
Ma si è sopperito con Conte. Scacchiera tattica perfetta. La Norvegia non ha mai tirato in porta, la squadra si è chiusa benissimo. Difesa perfetta. Azzurri aggressivi, di corsa, di lotta.
Gli undici in campo hanno dato l'anima, e ognuno di loro nelle interviste ha sottolineato il merito dell'allenatore. Ponendo come punto di rottura con il passato l'"entrare in campo e sapere esattamente cosa fare". 
Questo era evidente, ogni giocatore aveva il suo compito, chiaro, in fase di possesso e in quella di non possesso.
Belli i movimenti di Zaza e Immobile, i veli, i suggerimenti, tutte mosse simil-Juve provate e riprovate allo sfinimento. 
Son sembrati due giocatoroni. Zaza in particolare, senza proclami e a testa bassa, ha sciorinato un repertorio sconosciuto ai più. 
Il centrocampo avrebbe bisogno di qualche calciatore più tecnico, ma allo stesso tempo dedito al sacrificio. Pasqual è sembrato più incisivo di DeSciglio, con il suo piedino sinistro super educato che in passato ha fatto la gioia di Luca Toni. Dal suo piede infatti è arrivato il cross per il raddoppio di Bonucci. Unica pecca del Capitano della Fiorentina sta nella carta d'identità, che segna 32 primavere. Ma per il resto è forse il miglior crossatore della nostra Serie A. E negli incursori di mediana, si accetteranno volentieri suggerimenti dal Campionato. 
E' chiara poi la scelta dell'unico regista, equivoco tattico che in passato aveva dato qualche problema a Prandelli, facendo stagnare il gioco troppo dietro tra i vari Pirlo, DeRossi, Montolivo e Verratti. Cercare di usare più di uno di questi registi alla volta, potrà essere la nuova sfida di Conte. Assieme magari a quella di Candreva sull'out di destra, per una versione più offensiva del 3-5-2. 
Uno stimolo in più, per cercare continuamente di migliorarsi.
Chiosa per il mite Tavecchio, coraggiosamente presentatosi in tenuta secondo tragico Fantozzi all'intervista Rai. Film del 1976. Tanto per mostrare la sua anima "giovane". Chapeau. 

domenica 29 settembre 2013

SILVIO PIOLA, I 100 ANNI DI UN MITO

Immagine tratta da wikipedia.org
Se fosse ancora con noi, oggi festeggerebbe i 100 anni di vita. E in un'occasione come questa, sarebbe bello poterlo intervistare e farsi raccontare qualche aneddoto sulla sua lunga carriera sportiva, iniziata e conclusa nella provincia piemontese, con in mezzo gli anni romani e pochi, brevi anni tra le grandi di Torino, in cerca di uno scudetto mai arrivato. Soprattutto, sarebbe bello chiedergli quali sono stati i suoi gol più importanti, tra i 274 realizzati in 21 stagioni di serie A (290 se si considerano quelli messi a segno nel campionato 1946, il primo del dopoguerra). Sarebbe davvero bello, insomma, avere ancora con noi Silvio Piola, uno dei più grandi centravanti nella storia del calcio, ma non potendolo fare ci "accontentiamo" di raccontare la sua storia.
Figlio della provincia vercellese, terra che tanto ha dato alla nascita del nostro campionato di calcio, il giovane Silvio è uno degli ultimi grandi prodotti di un vivaio ormai in fase calante, ma ancora capace di sfornare campioni. Calciatore fin dalla tenera età di 12 anni, assapora i campi della serie A con la maglia della Pro Vercelli già nel primo campionato a girone unico, nel 1930, quando è appena sedicenne. L'anno successivo, al suo primo campionato da titolare, ci mette poco a mettere a segno la sua prima rete ufficiale, tra l'altro contro quella Lazio che sarà a lungo la sua squadra. E' la prima di 51 marcature con i bianchi piemontesi, che ripongono in questo ragazzo tutte le speranze per una lunga permanenza nel massimo campionato. Purtroppo per Vercelli, però, sul calciatore mettono gli occhi il generale Vaccaro e Giovanni Marinelli, importanti esponenti del Partito Fascista, che lo vogliono a Roma per rinforzare la Lazio, squadra da loro sostenuta. I primi anni nella nuova realtà sono poco promettenti, i gol arrivano ma la formazione biancoceleste è poco competitiva, e Piola non riesce a cambiare la situazione nonostante l'impegno. Con alcuni importanti rinforzi, il gioco della Lazio migliora e per un po' le speranze di ottenere l'ambito scudetto emergono, ma è un fuoco di paglia. A parte un secondo posto nel 1937 alle spalle del Bologna, con Piola capocannoniere del torneo, i laziali non riescono a diventare la formazione in grado di spezzare il dominio delle squadre del Nord. L'inizio della Seconda Guerra Mondiale interrompe definitivamente questo sogno, e Silvio Piola ne approfitta per riavvicinarsi a casa, giocando il campionato del 1944 con il Torino Fiat in un torneo riservato all'Alta Italia e i due successivi nella Juventus. Sono gli ultimi anni in cui l'ormai esperto centravanti prova a coronare il sogno di vincere un campionato, sogno che resterà tale perché prima sono i sorprendenti Vigili del Fuoco di La Spezia e poi il Grande Torino a conquistare i titoli, lasciando a Piola l'amarezza di tanti piazzamenti. Con il giovane e scalpitante Giampiero Boniperti in fase di lancio, Silvio capisce che alla Juve non c'è più posto per lui, e cambia ancora aria, accettando l'offerta del Novara, che con lui punta a tornare grande. A 35 anni guida gli azzurri alla promozione in A, e con loro conquista la salvezza nelle stagioni successive, continuando a segnare su buoni ritmi nonostante l'età non più verde. L'ultima rete arriva nel febbraio del 1954, a 40 anni suonati, contro il Milan di Nordahl e Liedholm, l'ultima presenza un mese dopo contro l'Atalanta, poi arriva l'inevitabile e meritata pensione.
Se la carriera in serie A è ricca di gol ma avara di vittorie, ci pensa la maglia azzurra della Nazionale a consegnare a Piola i riconoscimenti che merita. Escluso dai convocati del vittorioso Mondiale 1934 a causa dell'agguerrita concorrenza tra gli attaccanti, esordisce l'anno successivo quasi per caso, chiamato a sostituire l'indisponibile Peppino Meazza. Titolare nella tana della temibile Austria, Silvio risponde con una strepitosa doppietta, che vale un successo importante e gli consegna ufficialmente la maglia numero 9, erede di un altro grande centravanti come il bolognese Angelo Schiavio. Onorato di vestire la divisa della Nazionale, Piola segna a raffica ed è uno dei grandi protagonisti del nostro bis Mondiale del 1938, in cui realizza 5 reti, di cui due nella vittoriosa finale contro l'Ungheria. Un altro momento di rilievo nella sua carriera azzurra fu la rete segnata nel pareggio 2-2 contro l'Inghilterra, in cui si aiutò con una mano, un gesto irriverente esaltato dal regime e divenuto celebre come la "manina di Piola." L'ultimo gol in Nazionale lo mette a segno nel 1946, l'ultima presenza arriva addirittura a oltre 38 anni, nel maggio del 1952, chiamato a sostenere il giovane gruppo azzurro dal suo vecchio compagno Meazza. Rimane a lungo il giocatore più anziano ad aver indossato la maglia dell'Italia (record superato da Dino Zoff nel 1980) ed è ancora oggi il terzo marcatore della Nazionale, con 30 centri in 34 partite, con una media di 0,88 che è la migliore in assoluto. Ancora più impressionanti sono i suoi record in serie A: 274 reti in 537 partite, 290 in 566 contando il torneo del 1946, miglior marcatore nella storia di Pro Vercelli, Novara e Lazio, primo realizzatore in assoluto nella storia del nostro campionato, con un record di sei centri in una singola partita nel 1933.
Per lunghi anni, Piola è rimasto un mito per molte generazioni di tifosi italiani, affascinati da questo personaggio a tratti leggendario, praticamente perfetto e in grado di segnare in ogni modo, di destro, di sinistro, di testa, da fuori area, sotto porta, su calcio di rigore. Fisicamente possente e robusto, veloce e furbo in area di rigore, Silvio è stato uno degli inventori del gioco spalle alla porta, con cui spesso disorientava i difensori avversari e si rendeva imprevedibile. Aiutato da una forma spesso ottimale, che lo ha preservato da infortuni seri e gli ha consentito di giocare a lungo, Piola si è dimostrato un centravanti temibile ed efficace anche con l'avanzare degli anni. Ulteriore sostegno gli derivava da una vita sempre sobria e morigerata, da perfetto antidivo, senza mai un eccesso con donne, fumo o alcol, in netto contrasto con tantissimi suoi colleghi, in primis il mondano Peppino Meazza, che con lui ha avuto un rapporto definito difficile da alcuni giornalisti (Brera in primis) e molto amichevole da altri. Il mondo del calcio non era la sua unica passione, soprattutto il lavoro di allenatore non lo attirò mai troppo, visto che le sue esperienze si riducono a quella di aiutante in campo del tecnico Czeizler nel disastroso Mondiale del 1954 e per due brevi parentesi di qualche anno in B con l'ambizioso Cagliari, coronate da scarsi risultati. Poco avvezzo alla tattica e alle parole e più avvezzo all'esperienza sul campo, Silvio Piola rimase per molto tempo nei ranghi della FIGC come osservatore e istruttore, ma lavorò sempre dietro le quinte, senza mai apparire troppo. Legato profondamente alla provincia piemontese da cui proveniva, si è spento nella sua casa di Gattinara nel 1996, poco dopo aver compiuto 83 anni, malato dall'Alzheimer. Oggi ricorre ufficialmente l'anniversario dei 100 anni della sua nascita, la FIGC ha onorato il suo ricordo già da qualche giorno, e Vercelli e Novara hanno intitolato a lui gli stadi delle rispettive squadre, con le cui maglie si è più volte fatto onore sul campo. Il nome di Silvio Piola è da sempre nell'Olimpo dei calciatori italiani, come uno dei più grandi miti della nostra passata gloria sportiva, come uno dei migliori attaccanti di sempre nella nostra storia, e come l'uomo che vinse un Mondiale ma non riuscì mai a vincere uno Scudetto. I miti, in fondo, nascono anche così.

giovedì 31 maggio 2012

TUTT'ALTRO CHE SFIGATELLI!

Immagine tratta da online-news.it


"Mi sento in imbarazzo a difendere 40-50 sfigatelli" (Cesare Prandelli).

Mi spiace, caro mister Prandelli, ma temo che stavolta non potrò essere d'accordo con lei. Condivido e sottoscrivo in pieno la decisione di istituire un codice etico per punire con l'esclusione chi non si dimostra degno di vestire la maglia azzurra. Condivido le sue parole contro il razzismo, quando dice che in caso di "buu" contro Balotelli tutta la squadra scenderà in campo per abbracciarlo. Posso essere più o meno d'accordo sulla scelta dei giocatori da portare all'Europeo e su quelli che vanno lasciati a casa. Ma sugli "sfigatelli", mi spiace per lei, ma temo che abbia fatto un grosso autogol, di quelli che fanno male.
Sì, perché in questo clima già estremamente teso e quasi irreale in cui si sta preparando l'avventura della Nazionale, l'ultima cosa che bisogna fare è cercare di sminuire quello che si sta rivelando a tutti gli effetti un sistema radicato e ben organizzato per truffare tutti coloro (dirigenti, società, giocatori onesti, e soprattutto tifosi) che credono ancora nell'onestà del calcio e nella sua bellezza. Non si può ridurre il tutto a due mele marce che cercano di arricchirsi sulle spalle degli altri, qui siamo di fronte a qualcosa di molto più grave, ad un cancro che va combattuto ed estirpato al più presto, perché il pallone nostrano ha bisogno di un urgente, radicale rinnovamento, se vuole riacquistare credibilità e visibilità tra la gente. Finché si parlava del coinvolgimento di squadre di serie C o al massimo di serie B, con tutto il rispetto, si poteva pensare a un problema grave, perché la truffa è comunque un reato grave a qualsiasi livello, ma circoscritto al calcio "minore", in cui magari una carriera non rende abbastanza e si è tentati ad usare mezzi meno leciti per fare altri soldi.
Adesso però i nomi cominciano a diventare importanti, e più si va avanti più esce allo scoperto un sistema articolato e complesso che coinvolgeva tantissime squadre, società e giocatori. Pur partendo dal presupposto che la colpevolezza dei calciatori coinvolti sia tutta da dimostrare, non possiamo negare che personaggi come Doni, Criscito, Bonucci, Conte, Signori, Mauri, Milanetto, Masiello e Sculli siano tutt'altro che secondari nel panorama della serie A, e definirli degli "sfigatelli" mi sembra quanto mai riduttivo e semplicistico. Abbiamo a che fare con l'allenatore Campione d'Italia, con l'ottavo marcatore di sempre nella storia della serie A, con il simbolo dell'Atalanta nell'ultimo decennio, con giocatori che hanno fatto parte di club importanti e che hanno anche indossato la maglia della Nazionale. Tra le squadre coinvolte, ci sono club storici del nostro calcio passato e presente come l'Atalanta, il Siena, il Novara, e altre che nelle ultime stagioni hanno animato da protagoniste la serie B come l'Albinoleffe e il Grosseto. Non stiamo parlando più di partite scapoli-ammogliati, ma dei due campionati più importanti del panorama calcistico italiano, quelli che hanno la maggiore visibilità e che generano un enorme traffico di affari. Se tutto ciò che si è detto fosse vero, allora avremmo la conferma che l'intero sistema-calcio italiano è rovinato e duramente compromesso, e che probabilmente non basteranno gli anni per dimenticare tutto, come dimostra quel triste precedente del 1980, che mai come oggi torna prepotentemente alla memoria.
Quindi mister Prandelli, per favore, faccia marcia indietro finché le è possibile: cambi idea, la smetta di pensare che si tratta "solo di 40-50 sfigatelli", e dia invece il giusto peso al problema. Si indigni, denunci tutto con più voce e veemenza possibili, perché questa è la sua, la vostra grande occasione per dare finalmente un segnale di svolta a tutti noi, appassionati e tifosi, che da anni attendiamo vanamente un ritorno a quello spirito puro, incontaminato, che ci ha fatti innamorare del pallone fin da bambini.