venerdì 12 luglio 2013

IL PATTO CON LA MOTO

Immagine tratta da sportmediaset.mediaset.it e modificata su befunky.com
Dopo la rovinosa caduta del venerdì di Assen ed il miracoloso 5° posto in gara a 24 ore dall'operazione alla clavicola, a Jorge Lorenzo stavolta non va bene.
Il maiorchino cade, sbatte forte, ed inclina la placca che gli era stata apposta per facilitare l'assorbimento della frattura scomposta patita in terra olandese.
Morale della favola: nuova operazione e stavolta stop obbligato da parte dei medici di almeno due gran premi. 
Questi piloti della MotoGp sono alle prese con delle vere e proprie belve da domare, scorbutiche, violente, come dei cavalli pazzi che non sai mai quando scodano o quando cercando di disarcionarti. Hanno una potenza mostruosa sotto il sedere. 
Qui al Sachsenring le cadute sono state frequenti e rovinose, oltre a Lorenzo, il "solito" Crutchlow e tutta la famiglia Ducati con Dovizioso, Hayden e Iannone.
Cadute da fiato sospeso, gettati a terra o in aria (come nel caso di Lorenzo) come fantocci, come manichini dei crash test.
E un secondo dopo la paura, il primo pensiero è che sia andata bene pure stavolta, ancora una volta.
Ma i piloti alla paura non ci pensano. La paura non esiste. Appena il polverone della caduta o della scivolata svanisce, si resetta e si cerca di salire subito in moto. Il prima possibile, interi o a metà, con punti ovunque, abrasioni e placche tra le scapole.
L'unico modo per non pensare alla paura e in qualche modo esorcizzarla è stringere i denti a fronte del dolore e risaltare in sella. Il prima possibile. Per correre subito.
La paura non esiste. La morte non esiste. E se esiste, non capita a chi corre in moto.
O capita agli altri.
I centauri sanno che esiste, ma coscientemente o incoscientemente la mettono in un piccolo angolo dei pensieri, come una luce fioca in lontananza. Sanno che c'è, ma fingono di no. E' il loro modo di esorcizzarla. E' il loro patto con la moto. E' un gioco pericoloso, il più pericoloso.
Il Sic in quella maledetta domenica malese, in caduta, pensò di restar un tutt'uno con la sua moto, magari per cercare di tenerla su, per domarla da quel suo imbizzarrirsi. 
Ma la mossa gli costò tutto. 
Chiamò il buio. 
Perchè anche per lui, la paura non esisteva. 
E la morte non esisteva.
E non è nè giusto nè sbagliato, è semplicemente così. Per tutti.

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