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domenica 11 gennaio 2015

LA CRITICA ROSSOBLU DELLA DOMENICA /18

Immagine tratta da unionesarda.it e modificata su befunky.com
Cagliari-Cesena 2-1 (11'Joao Pedro, 27'Donsah, 88'Brienza).
Pompieri in azione. Ok, si è vinto, finalmente e dopo una vita (9 partite), ma bisogna fare la tara sull'avversario.
Il dubbio viene dopo aver visto nel primo tempo Joao Pedro spadroneggiare sulla destra, sciorinando un repertorio tutto finte e tocchi di classe, sinora sconosciuto a queste latitudini. E si rafforza dopo una mossa di bacino di Dessena, sempre nella prima frazione, che manda per terra disorientato a centrocampo un avversario cesenate.
E diventa certezza dopo aver visto Longo nella ripresa liberarsi di un difensore romagnolo con un doppio passo e cominciare a fare finte a ripetizione, senza che gli avversari riuscissero a fermarlo.
Tre indizi fanno una prova: il Cesena è il minimo sindacale.
Il minimo sindacale per poter affermare di aver giocato una partita di Serie A. E si è pure sofferto sul finale. Di Carlo ha un giocatore buono a fine carriera, Brienza, e una manica di mestieranti per nulla adatti alla categoria: l'unica giocata dei bianconeri era sparacchiare la palla in avanti e vedere se poteva succedere qualcosa.
L'assenza di Conti continua a fare rima con le uniche vittorie in campionato: in tutte e 3 le occasioni il Capitano non era tra i titolari. Un caso?
Donsah è un diamante grezzo. A 18 anni è un motorino, corre come un pazzo, aggredisce, prova a rubar palla e punta sempre in avanti. La prima rete in Serie A è il giusto riconoscimento per l'ardore messo in campo tutte le volte che è stato chiamato a giocare. E' meglio di Dessena, sempre confusionario e solo di quantità, ed è da preferire a Crisetig quando quest'ultimo viene schierato mezzala.
Ekdal è stato schierato largo a sinistra nel 4-3-3, e ha disputato una gara straordinaria, dimostrando di essere il giocatore più forte e completo della rosa sarda. 
Le pecche odierne vengono dalla difesa, in blocco. Che poi, era l'unico reparto senza defezioni. E' apparsa poco sicura di fronte a un attacco di basso livello: Capuano e Rossettini costantemente in apprensione, Avelar e Balzano, e poi Pisano, spesso svagati sugli esterni avversari. Brkic è invece apparso molto tranquillo.
Dal mercato arrivano buone notizie: Gonzalez, veloce ed aggressivo, nonchè Capitano ai tempi uruguagi del Penarol può dare una mano a questa difesa balbettante, e Husbauer e Cop giungono in Sardegna da capocannonieri del campionato ceco e croato, e queste credenziali sono la giusta risposta alla difficoltà di realizzazione mostrata negli ultimi tempi.

venerdì 19 dicembre 2014

LA CRITICA ROSSOBLU DEL VENERDI' /16

Immagine tratta da cagliaricalcio.net e modificata su befunky.com
Cagliari-Juventus 1-3 (3'Tevez, 15'Vidal, 50'Llorente, 65'Rossettini).
Brutto segno uno Zeman che rinuncia al 4-3-3 per proporre il 4-4-2. Nell'ultima parentesi romana, quando provò il 3-5-2 in Coppa Italia contro la Fiorentina, da lì a poco fu esonerato.
Il Cagliari non è forte, e non ha il giusto atteggiamento mentale per affrontare la Juve con il suo (in teoria) arrembante 4-3-3 . E Zeman l'ha capito e ha schierato la squadra con 4 difensori centrali e 2 terzini, con il solo obiettivo di limitare gli avversari.
Mossa non andata a buon fine, il solito uno-due da knock out nel primo quarto d'ora consente alla Juventus di passeggiare bellamente a velocità di crociera.
Niente più di un allenamento è stata la morbida trasferta del Sant'Elia per gli uomini di Allegri. Cragno, duole dirlo, sta offrendo un rendimento non all'altezza della Serie A. Ieri ha avuto colpe evidenti su 2 dei 3 gol bianconeri. Non è un'eresia affermare che con un portiere decente il Cagliari avrebbe sicuramente qualche punto in più.
Nel secondo tempo tornando a schemi più conosciuti i rossoblu sono sembrati un pochino meglio: netta la differenza in numero di tocchi palla, di movimenti e di atteggiamento dei giovanissimi Donsah e Caio Rangel rispetto agli imbolsiti senatori.
Che metto sul banco degli imputati. Conti, Cossu, che giocano sempre, ma anche Dessena, Pisano e Murru: da loro sta mancando la svolta, non tanto per impegno e corsa, ma proprio come numero di tocchi palla, di movimenti e di atteggiamento.
Lo zoccolo duro non ha digerito la rivoluzione in termini di mentalità. E si gioca in maniera offensiva spingendosi avanti, ma con una mentalità impaurita, difensiva e provinciale. Insomma, il papocchio degli ultimi turni.
Sarà un caso che con Crisetig regista siano arrivati 8 punti in 5 partite (e le uniche due vittorie), mentre con Conti solo 4 pareggini e 11 sconfitte?
Dopo aver visto il Cagliari per 16 partite + 2 di Coppa, il miglior 4-3-3 da mettere in campo sarebbe: Colombi in porta, Balzano, Rossettini, Ceppitelli e Avelar in difesa, Donsah, Crisetig e Ekdal a centrocampo, Ibarbo, Sau e Caio Rangel in attacco. Con Cossu fuori, non perchè non corra o non ripieghi in difesa o non si impegni, ma semplicemente perchè è fuori ruolo, perchè non fa i tagli e i passaggi giusti per giocare in quel modo e perchè non sa tirare in porta. 
Ma una rivoluzione del genere vorrebbe dire mettere i senatori in panchina, tutti. Cosa che creerebbe una guerra interna. La scelta doveva essere fatta in estate, dando una squadra completamente nuova a Zeman, senza strascichi di mentalità o testimoni di stagioni precedenti in cui si vivacchiava di rendita. E invece si è optato per un minestrone per paura di rischiare troppo, e ci troviamo con questo ibrido zemaniano. Pieno di contraddizioni e senza coraggio. 
E chi pagherà? L'allenatore? La vecchia guardia? Ci si tufferà sul mercato, alimentando ancora il minestrone? Risolvere questa situazione sarà il primo duro banco di prova per Giulini e i suoi uomini. E bisogna sbrigarsi, perchè il 6 gennaio è già dietro l'angolo.

mercoledì 3 settembre 2014

LA CRITICA ROSSOBLU DEL MARTEDI' / 1

Immagine tratta da cagliaricalcio.net e modificata su befunky.com
E parte anche la critica rossoblu del martedì, slittata di un giorno per la chiusura del calciomercato. Sassuolo-Cagliari 1-1 (42' Zaza, 44' Sau).
- E' molto positivo il risultato. Non si è perso, si è riusciti a resistere e restare in partita nel primo tempo, dove le sbandate sono state piuttosto frequenti. Preparazione pesante e tre esordienti assoluti in Serie A (Colombi, Ceppitelli, Crisetig) a parziale scusante.
- Qualche sprazzo del gioco di Zeman c'è stato. Terzini che fluidificavano come non si vedevano da tempo in maglia cagliaritana, idee (rimaste solo tali) di scambi rapidi tra i piccoletti d'attacco, centrocampo aggressivo volto a recuperare palla e scaricarla velocemente in proiezione offensiva. Serve affinare l'intesa.
- La difesa alta ha ballato per un tempo, roba da spaventi ogni cinque minuti. E' mancata sicurezza, capacità di leggere bene le situazioni di gioco e coraggio di spazzare o metter in fallo laterale la sfera per non rischiare. Ceppitelli e Rossettini sono da rivedere. Il primo è andato benino, ma sono suoi i due errori che hanno concesso la rete a Zaza: ha prolungato all' indietro di testa la sfera sul rilancio di Pomini, lanciando l'azione del Sassuolo, e sul cross al centro ha perso la marcatura sull'ariete di Policoro. Poteva "sentire" l'avversario con la mano, con un po' di malizia, per non distanziarsi troppo da lui. Che, con lo spazio gentilmente concessogli, ha avuto tempo di coordinarsi e colpire al volo, siglando una rete molto bella.
- Colombi bene tra i pali, e da rivedere quando è uscito al limite dell'area. Anche qua il difetto sta nella sicurezza da acquisire. Esser sicuri nella lettura dell'azione e uscire senza balbettii o timidezze è fondamentale. Un'uscitaccia stava per consentire a Zaza la rete, poi annullata da Valeri. Ma tra i pali è sembrato un veterano. 
- Ave Avelar. Dopo due stagioni abuliche, nè carne nè pesce, e una semi-partenza a Leeds, finalmente piazza una partita convincente. Forse la migliore da quando è in Sardegna. Fluidifica come dovrebbe, tira, taglia in area, e riesce anche a difendere efficacemente. 
- Balzano a destra è un treno. Da una sua iniziativa è venuta la rete di Sau. Sembra più completo di Pisano: una piacevole scoperta. 
- Capitolo attacco: Sau si sblocca subito, senza dover fare chissà cosa. Cossu un po' spaesato e Farias ha sbagliato tutto ciò che poteva sbagliare. Da rivedere i movimenti, Ibarbo sarà fondamentale per eludere le marcature avversarie.
- Lode a Conti, che è uscito alla distanza, dimostrando fisico, classe e carisma. Ha dominato il centrocampo. Crisetig è un classe '93. La rete di Sau è nata da un suo recupero palla. Anche in Coppa Italia sul gol di Farias è stato decisivo nel pressing e nel passaggio. Il ragazzo si farà. Ha fisico, pressa bene e ha qualità. C'è ancora qualche imprecisione e mancanza di continuità nei '90, ma è un ottimo acquisto.

mercoledì 11 luglio 2012

TRENT'ANNI DOPO: 11 LUGLIO 1982

Video tratto da youtube.com

Ci sono immagini, frasi, giorni che rimangono per sempre nella memoria dei tifosi, scolpiti in maniera indelebile, come se il tempo non passasse mai e quello che si è vissuto tornasse ciclicamente a ripetersi. L'urlo di Marco Tardelli, autore del gol che da sempre più all'Italia la certezza della vittoria, la faccia soddisfatta del presidente Sandro Pertini, che si rivolge a chissà chi agitando l'indice e dicendo: "Non ci prendono più!", la voce entusiasta di Nando Martellini che al fischio finale grida: "Campioni del Mondo! Campioni del Mondo! Campioni del Mondo!", la storica fotografia dello scopone a 4 disputato il giorno dopo la partita sull'aereo del ritorno. Testimonianze, frammenti di memoria di una serata che il calcio e lo sport italiano non hanno mai dimenticato: esattamente trent'anni fa, l'11 luglio del 1982, la Nazionale azzurra vinceva i Mondiali di Calcio, 44 anni dopo l'ultima volta, e nella splendida cornice di Madrid scriveva una vera e propria pagina di storia.
Una squadra entrata nell'immaginario di tutti, solida e molto unita, magari non spettacolare ma in grado di unire tutta l'Italia, e di emozionare come mai prima di allora. Tante anime, caratteri forti e talenti puri, ognuno con il suo ruolo preciso in campo, tutti decisivi insieme sul campo. Il capitano, Zoff, una sicurezza tra i pali azzurri, primo italiano a superare 100 presenze in Nazionale, vincitore del Mondiale a 40 anni suonati, leader silenzioso e carismatico del gruppo. Il mastino Gentile, implacabile marcatore dei numeri 10 più forti del torneo, Maradona e Zico, annullati dalla sua grinta e dal suo gioco asfissiante, ruvido, sempre al limite e forse oltre. Il bel Cabrini, terzino con il fiuto del gol, che sbaglia un rigore in finale ma non cancella per questo una serie di grandi prestazioni. Gli altri difensori, Collovati e Bergomi, l'esperto e il ragazzino, insuperabili per i centravanti avversari. Il libero Scirea, esempio di classe e correttezza, che sarebbe entrato nella leggenda pochi anni dopo con la sua tragica scomparsa. I polmoni del gruppo, Marini e Oriali, che corrono per tutti, poco appariscenti ma fondamentali per il centrocampo. Tardelli, l'uomo della finale, un lottatore abile negli inserimenti che ama segnare gol pesanti. Antognoni, la luce azzurra in mezzo al campo con la sua fantasia, sfortunato in semifinale ma importantissimo fino ad allora. Conti, l'imprendibile ala azzurra, tanta classe e un dribbling fantastico che manda in crisi ogni avversario, un talento pari a quello dei fuoriclasse brasiliani. Causio, un fedelissimo del tecnico, che aggiunge esperienza al gruppo nonostante sia in calo rispetto al passato. Graziani, l'uomo di peso dell'attacco azzurro, in campo solo per 7 minuti nella finale, ma sempre prezioso. Altobelli, la punta di riserva, bravo a farsi trovare pronto quando serve e a chiudere definitivamente il discorso nella finale. E poi lui, Paolo Rossi, il Pablito nazionale, discusso e criticato all'inizio, decisivo nel castigare Brasile e Polonia, che rompe l'incantesimo anche in finale e diventa capocannoniere ed eroe. Senza dimenticare ovviamente gli altri azzurri, che pur non mettendo mai piede in campo hanno contribuito in maniera decisiva a creare l'armonia e la collaborazione nello spogliatoio italiano, e possono fregiarsi a buon diritto del titolo di Campioni del Mondo.
Ma più di tutti loro, più di ogni singolo, come detto, vale il gruppo, e vale soprattutto chi è stato il condottiero e il creatore di questa squadra: Enzo Bearzot. Friulano come Zoff, anche lui poco avvezzo alle chiacchiere e molto concentrato sui fatti, un leader all'interno dello spogliatoio ma anche una guida lucida e in grado di capire l'evoluzione del gioco. Al timone della Nazionale da molti anni, dopo il Mondiale bello e sfortunato del 1978 e il deludente Europeo del 1980, fa storcere il naso a molti critici con le sue scelte: richiama in squadra Rossi, reduce dalla squalifica per il calcio-scommesse, scommette su alcuni giovani come Bergomi, appena diciottenne, e preferisce il mite Selvaggi al bomber Pruzzo e all'estroso Beccalossi, che mal si adattano al suo gruppo. Il torneo inizia male, la squadra stenta e sfiora l'eliminazione nel girone, le critiche piovono sulla sua testa e lui impone il silenzio stampa. Quella chiusura sarà decisiva, rafforzerà ancora di più l'unione dei giocatori, darà a tutti la necessaria forza per diventare anche vincenti e completare quel percorso di crescita che molti di loro avevano iniziato in Argentina quattro anni prima, sempre sotto la sua guida. Battendo in successione Argentina, Brasile, Polonia e Germania Ovest, la sua Italia tornerà con merito sul tetto del Mondo, e il "Vecio" sarà portato in trionfo da tutti i suoi ragazzi, grati per ciò che ha loro insegnato. Fallirà in seguito, negli Europei del 1984 e soprattutto nei Mondiali 1986, ma niente potrà mai intaccare il ricordo e il merito per la storica impresa compiuta in Spagna, contro tutto e tutti.
Anche oggi, a trent'anni di distanza, tutto il Paese celebra con gioia quel momento di festa, i più anziani ricordano con nostalgia quel giorno, i giovani guardano con occhi estasiati le immagini di quella vittoria. Il ricordo è sempre più vivo e fresco, anche dopo il successo del 2006, che ha scritto un'altra pagina importante nella storia del calcio e dello sport italiano. Anche i ragazzi di Lippi sono entrati nel cuore dei milioni di tifosi azzurri, e proprio due giorni fa si è celebrato il sesto anniversario del loro trionfo a Parigi. Ma, nonostante questa vittoria recente, il ricordo del successo del 1982 è ancora vivo nel cuore di tutti, limpido e nitido dopo tanti anni. Perché quella vittoria rappresentò una rivincita per tutti, il ritorno alla vittoria per un Paese intero, dopo tanti anni di sconfitte non solo sportive. Un segnale di ripresa e di rinascita per tutta la Nazione, unica come mai prima di allora in quella magica notte di luglio, quando l'Italia intera unì la sua voce a quella del grande cronista Nando Martellini in quel grido storico e liberatorio:"Campioni del Mondo! Campioni del Mondo! Campioni del Mondo!"