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lunedì 12 gennaio 2015

GESTO TECNICO O SELFIE?

Immagine tratta da corrieredellosport.it e modificata su befunky.com
Il gesto tecnico è troppo trascurato nel mondo del pallone di oggi. Il calcio dei giorni nostri si serve di ciò che accade dentro al rettangolo di gioco, solo come pretesto per fomentare polemiche da bar o per far sguazzare i tifosi in improbabili sogni di mercato.
Bisognerebbe soffermarsi più sulle giocate, sulle tattiche, sul calcio "reale". Che ha uno spazio marginale e che, in gergo giornalistico, "tira" poco.
Andrebbe celebrata per tutta la settimana la rete del gigante della storia del calcio italiano Francesco Totti, così simile nella coordinazione alla più famosa rovesciata della storia, quella di Carlo Parola, immortalata da oltre 50 anni come simbolo delle figurine Panini.
Ma anche la rete dello spagnolo Joaquin, definita a ragione "alla Del Piero", perchè i gol belli riavvicinano i ragazzi al calcio, più di una cresta, una Bentley e ancor più dell'agente di turno che offre il suo protetto a tutte le squadre della Serie A a rotazione, trovando sempre una che ci casca.
E così la realizzazione di Pogba che doma un pallone rimpallante e lo spedisce in rete, con la coordinazione degna di un campione.
Questo è quello su cui dovremmo soffermarci, di cui dovremmo parlare e vedere e rivedere più di un fuorigioco non fischiato o fischiato che decide le partite da sempre, o un selfie sotto la Sud, che per quanto geniale possa essere, non sarà mai bello come il gol segnato dieci secondi prima, a 38 anni nel "suo" derby.
Il calcio è estetica, è bellezza, ma ha anche il suo "dark side", tutto fatto di polemiche, inciviltà, odio tra i tifosi e sparate di calciomercato. Ed è proprio il suo lato oscuro quello che solletica di più il voyeurismo del tifoso medio italiano. E il gesto tecnico passa in secondo piano, privilegiando il selfie. Purtroppo.

lunedì 24 marzo 2014

IL PIU' CLASSICO DEI CLASICOS

Immagine tratta da gazzetta.it
Spettacolo, polemiche, colpi da campione e sorprese. Il Clasico è da sempre La Partita in Spagna, attesa in patria e in tutto il mondo come uno degli eventi più importanti dell'annata calcistica. La sfida eterna, la rivalità mai sopita tra Barcellona e Real Madrid, rappresentanti in qualche modo delle due anime del Paese, non delude mai le attese, e anche in quest'occasione lo spettacolo è stato splendido per i tantissimi spettatori di tutto il globo.
Sorprese, dicevamo. Perché la vittoria del Barcellona, al termine di questo fantastico 4-3, è per diversi aspetti inattesa, visto il periodo difficile vissuto recentemente dagli uomini di Martino e, di contro, la brillantezza dei ragazzi di Ancelotti. Il Madrid arriva a giocarsi la sfida, in casa, da una posizione di assoluto vantaggio, con 4 punti in più dei rivali e la possibilità, in caso di successo, di escluderli definitivamente dalla corsa al titolo. Ma i blaugrana, che qualcuno definisce invecchiati, rilassati e soddisfatti dopo i tantissimi trionfi degli ultimi anni, nel momento della verità tirano fuori l'orgoglio e rispondono da campioni alla sfida dei blancos. La loro vittoria non è netta come accaduto in passato, le difficoltà degli ex "marziani" si vedono tutte, il Real con il suo pressing soprattutto all'inizio ha fatto passare brutti momenti alla retroguardia avversaria, e Mascherano ha giocato forse la sua peggior partita da centrale difensivo. Ne ha approfittato Benzema, inspiegabilmente in panchina all'andata, che ha segnato due reti da vero centravanti e ne ha sprecate almeno altre due ghiotte, dando al Real il primo e illusorio vantaggio. Conscio degli errori commessi nello scegliere la formazione all'andata (Ramos improbabile mediano e attacco "leggero" con Bale di punta), Ancelotti bilancia di più la squadra con Di Maria inserito in mediana con Modric e Xabi Alonso, e l'argentino lo ripaga con i due assist per le reti di Benzema. La sua strategia è chiara, ma ha un limite, perché se la prima linea del pressing viene saltata e il pallone arriva nella zona di Messi, per la retroguardia dei blancos sono dolori. A complicare tutto arriva poi la pessima giornata di Sergio Ramos, che a metà ripresa, con i suoi in vantaggio, stende in area Neymar lanciato a rete, ricevendo un rosso sacrosanto e lasciando in dieci fino a fine partita i suoi. Qui forse arriva l'unica pecca di Ancelotti, che toglie Benzema al posto di un Bale ancora una volta poco concreto, togliendo peso all'attacco ed esponendosi troppo agli attacci dei galvanizzati avversari.
Il confronto più atteso, quello tra i migliori giocatori del mondo, Messi e Cristiano Ronaldo, termina con la vittoria, netta e mai in discussione, del campione argentino. La Pulce, criticata anche lei per il recente periodo di scarsa forma e per voci e vicende esterne al campo, si riscopre campione al momento giusto, prendendosi di prepotenza la scena e ammutolendo ancora una volta il Bernabeu. Suo l'assist per il vantaggio di Iniesta, suo il pareggio a fine primo tempo dopo un errore non da lui in precedenza, suoi i due rigori nella ripresa che impattano e capovolgono definitivamente il risultato. Abile a farsi trovare pronto dai compagni, Messi sfrutta al massimo gli spazi che la difesa avversaria gli concede, agguanta Di Stefano in vetta ai migliori marcatori del Clasico, e da un messaggio a tutta la Liga: per il titolo lui e i suoi compagni ci sono ancora. Bene, o almeno meglio delle ultime uscite anche Neymar, che pur restando in involuzione gioca una discreta partita e soprattutto si procura il rigore con espulsione che indirizza di fatto la sfida. Le note dolenti per il Barça arrivano ancora dal reparto arretrato, con Mascherano come detto disastroso e tutta la linea difensiva impacciata e poco precisa contro il pressing feroce dei madrileni. Per una volta, però, i pregi dell'attacco sopperiscono ai difetti della difesa, e Martino si prende finalmente una rivincita dopo tante critiche e dopo esser stato definito inadatto alla panchina dei blaugrana.
In coda, non potevano mancare le solite polemiche contro l'arbitro. Ronaldo e compagni hanno attaccato pesantemente il signor Undiano Mallenco, reo di aver concesso due rigori dubbi ai blaugrana e di aver condizionato la gara con l'espulsione di Ramos. Di contro, il Barça replica evidenziando che il contatto tra Ronaldo e Dani Alves in occasione del rigore del 3-2 avviene nettamente fuori dalla linea dell'area. Anche questo, in fondo, fa parte dello spettacolo del Clasico.

domenica 23 febbraio 2014

UN LAMPO TRA MILLE POLEMICHE

Immagine tratta da attual.it
Il match: Sotto la Mole si disputa l'attesissimo derby tra Juventus e Torino, una sfida da sempre carica di tanti significati e ricca di sorprese nella storia della serie A. I granata, che non segnano in una stracittadina dal 2002 e non vincono addirittura dal 1995, propongono l'ormai consueto 3-5-2, con Bovo preferito in difesa a Maksimovic e Masiello fuori all'ultimo per un problema fisico, sostituito da Pasquale. Davanti agisce la coppia Cerci-Immobile, osservata speciale oggi del c.t. azzurro Cesare Prandelli. Nella Juve torna Barzagli in difesa, mentre sono ancora fuori per infortunio Chiellini, Vucinic e Pepe. Bianconeri che mantengono anche loro il 3-5-2, con la coppia d'attacco titolare che è ancora Tevez-Llorente, Caceres preferito all'ex Ogbonna come terzo di difesa e Marchisio, a segno nei due derby dello scorso anno, ancora in panchina.
La cronaca: Partita equilibrata e giocata a viso aperto, come forse non accadeva da molti anni. La Juve fa al solito il match, ma una volta nella metà campo avversaria trova tutti gli spazi intasati da un Toro corto e pronto a sfruttare ogni occasione per far scattare qualche micidiale ripartenza. El Kaddouri, il migliore tra i granata alla fine, spaventa Buffon con un pallonetto alto, Tevez replica impegnando Padelli con un gran tiro, per il resto regnano equilibrio e tensione. Almeno fino alla mezz'ora, quando Tevez riceve palla da Asamoah al limite, controlla e gira di destro nell'angolo, imparabilmente per il portiere avversario. Gara sbloccata, ora la Juve controlla, anche perché il Toro continua a restare coperto e così facendo favorisce il possesso palla e il ritmo lento imposto dai bianconeri. Unico brivido un fallo di mano di Vidal, già ammonito, che Rizzoli non se la sente di sanzionare con un secondo giallo che ci poteva stare. Nella ripresa, dopo un inizio lento e un po' sonnacchioso, i granata finalmente si scuotono per cercare il pari. Non arrivano veri tiri in porta, ma su un pallone in area Pirlo interviene sul solito El Kaddouri; il tocco ci sta tutto, anche se il marocchino accentua la caduta, ma Rizzoli ancora una volta lascia proseguire, tra le proteste del popolo torinista. Finisce 1-0, il proverbiale cuore Toro non è bastato per sfondare, la Juve resiste soffrendo terribilmente, ma di certo non mancheranno le polemiche sull'arbitro.
La chiave tattica: Il piano tattico di Ventura era giusto finché si è rimasti in parità, una volta sotto il Toro avrebbe forse dovuto osare prima, senza aspettare l'ultima mezz'ora.
Il migliore: Dopo la traversa dell'andata, Carlos Tevez aveva una voglia matta di lasciare il segno nel derby. C'è riuscito con una gran giocata, che dimostra ancora una volta cosa voglia dire essere un top player.
La delusione: Da qualche partita Vidal sembra in flessione nel gioco e nella condizione fisica. Oggi ha rischiato di lasciare la squadra in 10 e non ha mai lasciato il segno in positivo nel derby. Diffidato, dovrà assistere a Milan-Juve dalla tribuna.
La classifica: Bianconeri micidiali in casa, 13 vittorie in altrettante sfide, e vetta della classifica che resta solida con 66 punti, 9 in più della Roma e 16 più del Napoli, entrambe con una partita in meno.
Prossimi incontri: 27 febbraio, Trabzonspor-Juventus (Europa League); 2 marzo, Milan-Juventus; 9 marzo, Juventus-Fiorentina.

domenica 22 aprile 2012

LA PRIMA DI JOSE AL NOU CAMP


Tutti lo davano per battuto, i suoi detrattori erano pronti a scagliarsi nuovamente contro di lui e a criticarlo aspramente. Sono rimasti delusi, a differenza dei suoi estimatori, anche italiani, che ieri sera hanno esultato e gioito insieme a lui. José Mourinho ce l'ha fatta, ha spezzato quella sorta di maledizione che finora gli aveva impedito di violare il Camp Nou di Barcellona con le sue squadre. L'ha fatto a modo suo, con un Real Madrid che sempre più somiglia al suo allenatore e al suo credo calcistico, con una squadra non più remissiva come successo tante, troppe volte in passato, ma finalmente decisa a giocarsela alla pari contro i favoriti campioni blaugrana; alla fine, la classe e la maggiore verve di Cristiano Ronaldo e soci hanno prevalso sul tiki-taka di Messi e compagni, e il 2-1 finale ha sancito la nuova fuga madrilena verso il titolo di campione, e stavolta l'allungo sembra davvero quello decisivo.
Eppure, quella che nelle ultime stagioni è sempre stata la sua bestia nera era stata, agli inizi della carriera da allenatore, un'utilissima esperienza per l'allenatore portoghese: dopo una lunga gavetta come assistente tecnico e allenatore in seconda in patria, lo Special One segue il suo mentore Bobby Robson proprio a Barcellona, e qui ricopre la carica di vice per quattro anni, dal 1996 al 2000, prima con Robson e poi con il suo sostituto Van Gaal. In quel periodo in Catalogna, tra l'altro, il capitano della squadra era Pep Guardiola, colui che è diventato il suo più acerrimo rivale nelle ultime stagioni, e dalla "cantera" blaugrana stavano emergendo i giovani Puyol e Xavi, attuali pilastri del Barcellona pluricampione. Dopo aver iniziato la carriera da allenatore, Mourinho si è dovuto confrontare più volte contro la sua ex-squadra, e bisogna dire che si è sempre trattato di sfide estremamente dure e spesso condite da polemiche. Il primo incrocio tra lo Special One e il Barça è avvenuto negli Ottavi della Champions League 2005, mentre lui era allenatore al Chelsea, e l'ha visto vincitore per 4-2 nel ritorno, dopo aver perso l'andata al Nou Camp per 2-1 e aver polemizzato per un presunto incontro tra l'allenatore avversario Rijkaard e l'arbitro Frisk. La stagione successiva la sfida si ripete sempre agli Ottavi, ma stavolta sono i blaugrana a spuntarla grazie al 2-1 a Londra dell'andata, che rende inutile l'1-1 in Spagna al ritorno. Nel 2007 c'è un altro doppio confronto molto elettrico, stavolta nel girone di qualificazione, e ancora una volta prevale Mourinho, che si impone in casa 1-0 e pareggia a Barcellona 2-2 proprio negli ultimi minuti della partita.
Dopo alcune stagioni, le strade dei catalani e del portoghese si incrociano nuovamente, in una durissima semifinale di Champions League. E' il 2010, Mourinho è diventato l'allenatore dell'Inter e Guardiola ha guidato il Barcellona a una stagione fantastica, in cui ha vinto tutto. In girone, le due squadre si affrontano due volte, ma il confronto sembra decisamente impari, con gli spagnoli che pareggiano 0-0 a Milano e vincono con un secco 2-0 in casa, controllando sempre il gioco in entrambe le partite. Le semifinali però sono un'altra cosa, e l'Inter sorprende il Barcellona con un grandissimo match, vinto meritatamente 3-1 e che risulta decisivo per l'accesso alla finale; al ritorno al Nou Camp, in 10 per un'ora di gioco, la squadra nerazzurra resiste agli assalti avversari e perde di misura 1-0, aprendosi la strada al successo che varrà lo storico triplete di fine stagione. Il passaggio di Mourinho al Real Madrid in estate riscalda ancora di più l'enorme rivalità già esistente tra i due club, e da inizio ad una incredibile serie di 11 sfide tra i due club (5 nel 2011, 6 nel 2012 compreso il Clasico di ieri sera). Dopo un esordio a dir poco fallimentare, con un pesantissimo 5-0 subito a Barcellona, il Madrid si riscatta imponendo il pari in casa e vincendo successivamente la Coppa del Re per 1-0, dando soprattutto l'impressione di aver trovato il modo per contrastare il calcio-spettacolo dei blaugrana. La durissima semifinale di Champions, con tutte le polemiche che la caratterizzano, si rivela però amara per lo Special One, sconfitto 2-0 in casa e costretto a un inutile pari 1-1 nel ritorno, che gli chiude le strade per una nuova finale di Champions, vinta proprio dai rivali catalani. Anno nuovo, ma storia vecchia se si da credito alle prime sfide della stagione 2012: nella doppia sfida della Coppa di Spagna, il Real pareggia in casa 2-2 ma cade in trasferta 3-2, con successive polemiche tra le due squadre, e in campionato il netto 3-1 del Barcellona nel Clasico di andata rinnova la teoria dell'impotenza della squadra di Mou contro i blaugrana. Anche in Coppa del Re il doppio confronto è favorevole ai catalani, e il calo del Real nella Liga rimette in discussione anche il campionato, con il Barcellona che si presenta alla sfida decisiva con la possibilità di tornare a -1 dai blancos in caso di vittoria.
Proprio in quest'occasione, finalmente, la maledizione del portoghese nel suo vecchio stadio si interrompe, e il Real si impone con merito per 2-1, chiudendo ufficialmente il campionato e concentrando tutti i suoi sforzi per ottenere anche la Champions, che manca nella capitale spagnola da 10 anni. Ciò che più ha reso orgogliosi i tifosi dei blancos, oltre al successo, è il fatto di aver finalmente imparato a giocare alla pari con il Barcellona, senza più essere costretti a ricorrere ad un calcio estremamente difensivo; il Real ha imposto il suo modulo agli avversari su un campo da sempre ostico, ha vinto seguendo il credo calcistico e le convinzioni del suo allenatore, attaccando e giocando a pallone, non più coprendosi e mirando più alle gambe degli avversari che alla palla. Un successo meritatissimo insomma, al di là di qualsiasi demerito del Barca, che lancia Mourinho alla conquista della Liga e da al Madrid nuove forze in vista della semifinale di ritorno di Champions contro il Bayern Monaco. Una vittoria aprirebbe ai blancos le porte della finale, e questa potrebbe essere l'occasione per un nuovo, ennesimo capitolo di questo lunghissimo confronto Real-Barcellona. Ma stavolta Mourinho e i suoi, a differenza del passato, non partirebbero necessariamente da sfavoriti: il successo di ieri è proprio lì a dimostrarlo.