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domenica 26 gennaio 2014

OLIMPICO AMARO

Immagine tratta da tuttomercatonews.com
I match: doppia esibizione juventina all'Olimpico di Roma, la prima in settimana contro i giallorossi per i quarti di finale di Coppa Italia, la seconda ieri in campionato contro i biancocelesti della Lazio. In Coppa, i bianconeri sono reduci dal comodo 3-0 casalingo sull'Avellino, e danno spazio a molte riserve, lasciando in panca portiere, esterni di centrocampo e punte titolari, riproponendo Pirlo in mezzo al campo al posto di Pogba. Gli avversari schierano la formazione tipo, con le uniche varianti di Torosidis per Dodo e il neo arrivato Nainggolan per Pjanic. In campionato, tornano tutti i titolari per la Juve, che rinuncia al solo Chiellini squalificato e ripropone Marchisio come regista, con Pirlo nuovamente in panchina, per dare la caccia alla tredicesima vittoria consecutiva. Lazio con diverse assenze per squalifica (Lulic, Onazi, Mauri) e infortunio (Ederson, Radu), alcuni titolari non ancora al 100%, ma carica dopo i 7 punti in 3 gare della nuova gestione Reja.
Le cronache: fondamentale per entrambi i match è stato probabilmente un singolo episodio, che in un caso ha deciso la sfida, nell'altra l'ha accesa e resa godibile e spettacolare. Andiamo con ordine. In Coppa Italia la Juve non corre grossi rischi, in un match tattico, pieno di errori e poco spettacolare. Si rende pericolosa due volte, una per tempo, prima con Giovinco fermato fallosamente in 1 contro 1 da Benatia (giusto il giallo, la chiara occasione da rete non c'era), e poi con Peluso che segna il gol del vantaggio ma con la palla che esce dal campo sul cross di Isla, giusto fermare tutto. La Roma cerca di approfittare dei tanti errori dei bianconeri, e ci riesce con la mossa giusta di Garcia, ovvero l'innesto di Pjanic in mezzo al campo. Sua la palla rubata che innesca l'azione assistita da Strootman e finalizzata da Gervinho, che brucia sul taglio Bonucci e segna a porta spalancata. Reazione debole e sterile della Juve, vincono i giallorossi e così sfuma anche la Coppa Italia, con l'ennesima sconfitta all'Olimpico (era accaduto anche nel 2012 in Finale contro il Napoli e lo scorso anno in semifinale contro la Lazio). In campionato le cose non vanno molto meglio, anzi dopo 25 minuti sonnacchiosi arriva l'episodio che potrebbe decidere il match. Filtrante di Konko per Klose, che passa indisturbato tra Ogbonna e Asamoah e viene steso da Buffon in disperata uscita. Rigore e rosso per il portiere, Candreva trasforma e la Lazio è avanti. Conte passa al 4-3-2, la Juve inizia ad alzare il ritmo e crea la prima occasione con Llorente (girata debole, facile parata di Berisha). Ripresa con i bianconeri un po' più decisi che riequilibrano il match al quarto d'ora: Tevez inizia l'azione difendendo palla, scarico a Lichtsteiner che dal fondo pesca la testa di Llorente, implacabile di testa. Pochi minuti dopo l'Apache ha l'occasione addirittura del vantaggio, è bravo Berisha a dirgli di no. Poi, la Lazio viene fuori dal guscio e prova a vincere la sfida, forte dell'uomo in più, con Storari che diventa protagonista alzando sulla traversa il colpo di testa ravvicinato di Klose. Quando non arriva lui, è il palo a pochi minuti dalla fine a salvare la sua porta dal destro a giro di Keita. Finisce 1-1, risultato prezioso per come si era messa la sfida.
La chiave tattica: sia Roma che Lazio hanno avuto la stessa idea di gioco contro la Juve, ovvero squadra corta e arretrata pronta a rubar palla a centrocampo e ripartire veloce con i contropiede. In Coppa Italia il gol di Gervinho nasce così, in campionato la Lazio non ha approfittato a sufficienza degli spazi concessi dai bianconeri in cerca del pari.
I man of the match: difficile trovarne uno in Coppa Italia, segnaliamo Vidal per il solito lavoro in mezzo al campo, anche se non brilla come in altre giornate. Ieri invece il riconoscimento va senz'altro a Llorente, al nono gol di 18 partite di campionato, tutti decisivi per il risultato delle partite. Sui palloni alti in area lui c'è sempre, è lui il riferimento offensivo in questo momento della stagione.
Le sorprese: in Coppa segnaliamo quella negativa di Pirlo, che nonostante il riposo in campionato soffre le pene dell'inferno, sempre pressato da Nainggolan e mai in grado di fare una giocata delle sue. In Campionato citiamo Storari, che si fa trovare pronto sulla zuccata ravvicinata di Klose, e in generale si dimostra sempre sicuro e affidabile quando viene chiamato in causa.
Le delusioni: contro la Roma, Bonucci regala il solito svarione a partita, stavolta doppio perché si fa anticipare da Pjanic e non contento lascia tagliare Gervinho restando fermo in mezzo all'area. Ogbonna lo imita contro la Lazio, giocando alle belle statuine con Asamoah mentre Klose passa in mezzo a loro e si procura il rigore che cambia la sfida.
Le conferme: Giovinco e Quagliarella confermano il loro status di riserve, soprattutto il secondo che in tutta la partita non si vede mai. Lichtsteiner invece da continuità alle ultime prove, sforna l'assist per Llorente e corre per 90 minuti su tutta la fascia.
La classifica: Interrotta la striscia di vittorie, la Juve mantiene 9 punti di vantaggio sulla Roma (che ha una gara in meno) e 12 sul Napoli. Secondo pari in campionato, con 17 successi e 1 sola sconfitta, miglior attacco con 51 reti e seconda miglior difesa con 15 gol subiti.
Prossimi impegni: 2 febbraio Juventus-Inter, 9 febbraio Verona-Juventus, 16 febbraio Juventus-Chievo.

lunedì 4 febbraio 2013

GLI EROI DELL'OLIMPICO

Immagine tratta da blitzquotidiano.it
Fino a qualche anno fa, immaginare soltanto un esordio del genere sarebbe sembrata pura utopia, un sogno irrealizzabile per chiunque. Affrontare e battere un'avversaria fortissima, vice-campione del Mondo in carica, in una cornice di pubblico degna dei più grandi eventi sportivi e con una prestazione straordinaria per cuore e determinazione, ma anche per organizzazione e tattica. Il Sei Nazioni 2013 dell'Italia di rugby inizia come meglio non si potrebbe, con una vittoria contro gli arcirivali della Francia, una delle formazioni più forti del panorama mondiale, in uno stadio Olimpico vestito a festa ed estasiato dalle prodezze dei suoi nuovi eroi. Davvero, come inizio non si poteva proprio chiedere di meglio.
Già due anni fa, ma nella loro vecchia casa, il Flaminio, gli Azzurri erano riusciti nell'impresa di piegare i transalpini, per un solo punto, con una rimonta incredibile e al termine di una sfida che sembrava più volte persa. Allora, però, si disse che era soprattutto demerito della Francia, scesa in campo con troppa sicurezza e incapace di fronteggiare l'improvvisa piega che aveva preso la partita. Stavolta, si può solo parlare di merito dell'Italia, scesa in campo con la determinazione di chi è stanco di ricevere tanti complimenti per l'impegno e la voglia, ma di tornare sempre a casa con una sconfitta e tanti punti subiti. La squadra, guidata proprio da un francese, Jacques Brunel, ha fatto capire subito che non era scesa in campo per fare da sparring partner: pochi minuti, e il capitano Parisse va in meta dopo una splendida azione di Orquera, che buca la difesa avversaria e serve il compagno libero. La Francia prova a reagire, va in meta a sua volta, ma un drop e un calcio di punizione ancora di Orquera mantengono avanti gli Azzurri, che stanno bene in campo e sembrano estremamente concentrati. Nel finale del primo tempo, però, gli avversari sembrano riorganizzarsi, giocano con maggiore pazienza, e trovano un'altra meta che li riporta in vantaggio. Nel secondo tempo, l'Italia torna a premere, ma non sembra in grado di sfondare, ed è anzi la Francia ad allungare a più cinque con un calcio di punizione.
E' a quel punto che, in pochi minuti, la partita trova la sua svolta decisiva, attraverso due episodi chiave. Prima, Michalak sbaglia l'unico calcio della sua partita, che avrebbe allungato ancora di più le distanze tra le due squadre e avrebbe potuto demoralizzare gli Azzurri. Subito dopo, l'Italia fa vedere tutti i suoi progressi con una grande azione di ripartenza dopo l'ennesimo affondo francese, conclusa da un altro passaggio vincente dell'ottimo Orquera (alla fine Man of the Match), che manda in meta Castrogiovanni e trasforma per il sorpasso. I transalpini accusano il colpo, provano a reagire ma trovano di fronte il muro azzurro che non vuole cedere, anzi a una decina di minuti dal termine subiscono un altro drop, stavolta di Burton, e sono quindi obbligati a cercare la meta per pareggiare o vincere la sfida. Gli ultimi minuti sono di apnea pura, ma alla fine la trincea italiana non cede, e al fischio dell'arbitro esplode la gioia di tutti, giocatori e spettatori, consapevoli della grande impresa appena compiuta. E' solo la seconda volta che l'Italia inaugura un Sei Nazioni con un successo: l'unico precedente risaliva al 2000, anno di esordio degli Azzurri nella competizione, e allora la vittima fu la Scozia, campione uscente del torneo ma già in chiaro declino, come confermano questi ultimi anni.
Le similitudini tra quella vittoria e questa, però, sono estremamente poche, visti gli enormi progressi compiuti dall'Italia in questi tredici anni di Sei Nazioni e di grandi sfide contro le potenze del rugby mondiale. Lentamente, la nostra Nazionale è cresciuta sempre di più, fortificandosi e superando momenti duri, sconfitte pesanti e umiliazioni continue. Negli ultimi anni, poi, lo sforzo della Federazione e degli allenatori è diventato sempre maggiore, prima con l'iscrizione di due squadre nella Celtic League, dove potessero confrontarsi con avversarie di livello più alto, poi con la scelta di un allenatore in grado di sviluppare un gioco offensivo e propositivo, che non si affidasse solo alla forza della mischia. I progressi sono sempre più evidenti, soprattutto a livello mentale, visto che la squadra sembra gestire meglio i momenti di difficoltà e il calo fisico che spesso avevano portato a pesanti debacle negli ultimi minuti delle partite. Certo, se qualcuno inizia a pensare che dopo questa vittoria si può puntare al successo nel Sei Nazioni è fuori strada. C'è ancora tanto lavoro da fare, anche in una vittoria come quella di ieri si possono sempre trovare imperfezioni ed enormi margini di miglioramento, come le rimesse laterali, solo per fare un esempio. Le avversarie sono ancora un gradino più in alto di noi, hanno organici superiori da cui attingere giocatori e sono abituate a giocare sempre sotto pressione e alla vittoria. Ottenere un'altra vittoria e non chiudere il torneo all'ultimo posto sarebbe già un grandissimo successo, oltre ad una conferma della crescita che sta avendo il movimento.
Conferma che potrebbe arrivare già sabato, quando gli Azzurri saranno nuovamente in campo, stavolta lontano dalle mura amiche. Si giocherà a Murrayfield, tempio del rugby scozzese, in cui la nostra squadra ha già ottenuto una prestigiosa vittoria nel 2007, l'unica fuori casa nella storia del Sei Nazioni. Contro di noi, scenderà in campo una Scozia in cerca di risultati e di riscossa dopo un periodo difficile, e consapevole che una sconfitta contro di noi non sarebbe accettabile. Quindi, smaltita l'euforia per la grande vittoria di ieri, già da oggi l'Italia è pronta a tornare al lavoro e a preparare la prossima sfida, consapevole che solo con questa mentalità si può arrivare ad aspirare davvero a grandi successi.