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sabato 1 settembre 2012

SUPERPAGELLE DI COPPA

Immagine tratta da sport.sky.it
Vi proponiamo il nostro giudizio sulla partita di Supercoppa Europea di ieri sera tra Chelsea e Atletico Madrid, che ha visto il largo successo dei "colchoneros" spagnoli sui "blues" inglesi. Vediamo chi sono stati i protagonisti di questa sfida, in positivo e in negativo.
Radamel Falcao: Avevamo già parlato di lui, con enfasi, appena tre mesi fa, quando con una doppietta aveva messo la firma sul successo dell'Atletico in Europa League ai danni del Bilbao di Bielsa. Ieri si è confermato uno dei bomber più prolifici del panorama europeo, e uno dei giocatori meno marcabili in una gara secca. Tre reti, tutte diverse per come sono state costruite e realizzate con il piede teoricamente meno nobile per lui, il sinistro, più una traversa e un palo: il tutto nel solo primo tempo. El Tigre continua a ritoccare i suoi numeri da record, che parlano di trenta reti e due titoli di capocannoniere nelle ultime due edizioni di Europa League, e in generale di 42 gol in 53 partite da quando è a Madrid. Costato quaranta milioni di euro e il sacrificio di due pezzi da novanta come Forlan e Aguero, ha ampiamente ripagato il suo presidente a suon di reti, e adesso il suo valore sul mercato è alle stelle. Le squadre, anche italiane, che cercano un top player e hanno molti soldi da spendere adesso sanno chi cercare. Matador. Voto 9.
Fernando Torres: Sembra quasi una cattiveria fare il paragone tra il bomber del Chelsea, vecchio simbolo dell'Atletico Madrid e suo grande tifoso ancora oggi, e il suo sostituto Falcao. Al di là dei numeri, che parlano già da soli, resta negli occhi la prestazione a dir poco impalpabile del Nino, annullato dalla difesa dei colchoneros e mai in grado di creare problemi alla porta di Courtois. Non certo la partita sognata da Torres, cresciuto nella cantera del club madrileno e diventato in pochi anni il simbolo e il capitano della squadra, il tutto ad appena ventitre anni. Poi la partenza per Liverpool nell'estate del 2007, le stagioni positive con la maglia dei reds, e infine il trasferimento alla corte di Abramovic per una definitiva consacrazione, che però stenta ad arrivare. Anche in questo caso parlano i numeri: appena 15 gol in 71 partite con la maglia dei blues. Con la partenza di Drogba, il peso dell'attacco è tutto sulle sue spalle, ma il Nino sembra sempre la controfigura del bomber di qualche anno fa, e questa stagione potrebbe rappresentare la sua ultima chance per ritornare grande. Nino triste. Voto 4,5.
Arda Turan: Se Simeone gli ha assegnato la maglia numero 10 vuol dire che ha grande fiducia nelle sue qualità, e il giovane turco ha ripagato il suo tecnico con una prestazione molto convincente, fatta di corsa, dribbling e assist illuminanti per i compagni. Insieme a Koke e Adrian Lopez, fa letteralmente impazzire la lenta difesa del Chelsea, disegna passaggi illuminanti per tutti, non smette di correre nemmeno per un minuto, e riesce spesso a smarcare il bomber Falcao, come in occasione della terza rete dei colchoneros. Turan non è una sorpresa, già nel 2008 si era messo in luce con la sua Turchia durante gli Europei, arrivando ad una incredibile semifinale persa all'ultimo minuto contro la Germania; all'epoca aveva appena 21 anni, ma già si parlava di lui come di un talento nascente, che dopo alcuni anni un po' discontinui al Galatasaray sta definitivamente esplodendo a Madrid. Personalità da vendere, visione di gioco illuminata e piedi molto buoni, dimostra che quel numero 10 sulle spalle non gli pesa per niente. Genietto. Voto 7,5.
David Luiz: Vedendolo giocare ci siamo posti più di una domanda: come ha fatto il Chelsea a vincere la Champions League lo scorso anno con lui al centro della difesa? Quale demone si è impadronito di Abramovic quando lo ha comprato dal Benfica spendendo circa venticinque milioni di euro e rendendolo il secondo difensore più caro nella storia della Premier League dopo Rio Ferdinand? Come fa il nostro Di Matteo a dargli ancora una maglia da titolare, nonostante le molte assenze della sua squadra? Interrogativi che probabilmente non hanno una risposta. Resta il fatto che il venticinquenne brasiliano ieri non ne ha indovinata una: infilato a piacimento da Falcao e dai trequartisti dell'Atletico, colpevole sui primi due gol degli spagnoli, a fine gara rischia quasi l'autorete per evitare il quinto gol degli avversari. Il palo lo salva da quest'ultima umiliazione, ma rimane la sua pessima prestazione, oltre alle tante domande su di lui. Groviera. Voto 4.
Diego Pablo Simeone: Sognava questa vittoria per completare una specie di tripletta, visto che si era già aggiudicato il trofeo da calciatore con la Lazio nel 1999 e da "tifoso" nel 2010, quando l'Atletico aveva battuto l'Inter. Ieri ha vinto anche come allenatore, dimostrando ancora una volta tutte le sue qualità come tecnico e riconfermandosi un vincente. Secondo titolo portato a casa in pochi mesi dopo la conquista dell'Europa League a marzo, squadra schierata in modo quasi perfetto e con un ottimo gioco corale, fatto di velocità e possesso di palla, con verticalizzazioni rapide e improvvise e tanto movimento negli spazi. Il tecnico argentino ha deciso di costruire il gruppo intorno al bomber Falcao, puntando su molti giovani di talento e su alcuni elementi esperti che possono dare equilibrio e solidità nei momenti difficili. Dal suo arrivo l'Atletico ha cambiato marcia, è diventato una squadra molto concreta e competitiva, soprattutto in campo europeo, visto che ha vinto tutte le partite disputate dall'arrivo del Cholo. Lo scorso anno ha sfiorato la Champions League, quest'anno può fare ancora meglio, Barcellona e Real faranno bene a preoccuparsi e a non sottovalutare i colchoneros. Condottiero. Voto 8.
Roberto Di Matteo: Dopo la bellissima favola dello scorso anno, con un'avventura in panchina iniziata a febbraio quasi per caso e terminata con la conquista di F.A. Cup e Champions League, un brusco risveglio per il tecnico italiano. Dopo aver già perso il Community Shield, l'equivalente inglese della Supercoppa nazionale, contro il City di Roberto Mancini, arriva un'altra sconfitta per lui contro un altro ex giocatore della Lazio, Simeone, ma questa fa decisamente più male. Ha perso un pezzo importante come Drogba durante l'estate, ma ha rinforzato la rosa con giovani talentuosi come Azpilicueta, Oscar, Hazard, Moses e Marin, il che rendeva la sua squadra favorita per l'assegnazione di questo trofeo. Invece non c'è stata partita, l'Atletico ha dominato in lungo e in largo mettendo in luce tutti i limiti della squadra di Di Matteo: gioco lento e prevedibile, difesa statica e perforabile, pochissima fantasia in fase di costruzione e attacco spuntato, mai incisivo. L'anno scorso vinse con un gioco molto semplice, fatto di catenaccio e ripartenze, quest'anno sta provando a dare una mentalità più offensiva e propositiva ai suoi, ma i risultati non sembrano dargli ragione: chissà che non decida di tornare sui suoi passi...Disorientato. Voto 4.

domenica 20 maggio 2012

COMMENTO...FINALE!

Immagine tratta da corrieredellosport.it

Se qualcuno, il giorno dopo Napoli-Chelsea, avesse scommesso un euro sui londinesi campioni d'Europa, probabilmente l'avrebbero preso per pazzo. Eppure, il bello del calcio è questo: può succedere di tutto, anche che una squadra allo sbando come il Chelsea riesca a ritrovarsi, grazie ad un nuovo allenatore, e a vincere la competizione più importante, sempre da sfavorito, battendo prima i campioni in carica del Barcellona, e poi i padroni di casa del Bayern Monaco nella finale.
Una storia davvero incredibile, quella del club inglese, che riesce a riscattare l'incredibile sconfitta nella finale di Mosca di 4 anni fa, quando il capitano Terry scivolò sull'ultimo rigore e di fatto consegnò la coppa al Manchester di Ferguson. Stavolta, la lotteria dei tiri dal dischetto ha sancito la vittoria dei Blues, e la rete decisiva l'ha segnata Drogba, vero uomo simbolo di questa rinascita. In panchina nella gestione cervellotica di Villas-Boas, insieme a tanti altri senatori della squadra come Lampard e Cole, con l'arrivo di Di Matteo ha ritrovato il posto da titolare, ripagando la fiducia del tecnico con gol pesanti e spesso decisivi; ha aperto la rimonta contro il Napoli, ha deciso l'andata contro il Barça, e ieri ha pareggiato a una manciata di minuti dalla fine, oltre a segnare l'ultimo rigore, quello decisivo. A Mosca fu espulso durante i supplementari, quattro anni dopo ha rischiato di ripetersi provocando un rigore, ma alla fine si è tolto quella macchia dalla coscienza, consacrandosi come uno dei più grandi attaccanti d'Europa; visto che il suo contratto non è stato ancora rinnovato, chissà se qualche club italiano ci farà un pensierino per il prossimo anno...
Amara, amarissima la sconfitta per il Bayern Monaco, che dopo aver eliminato il Real di Mourinho partiva con tutti i favori, per di più giocando in casa. I tedeschi hanno sognato per 6 minuti, quando il gol di Muller sembrava aver deciso la gara, hanno sperato quando Robben dal dischetto ha avuto la chance di riportarli in vantaggio nei supplementari, e alla fine hanno pianto amaramente sul palo di Schweinsteiger, che li ha condannati alla terza sconfitta in quattro confronti con le inglesi. Dopo il successo nel primo incontro, contro il Leeds nel 1975, solo beffe: nel 1982, contro il non irresistibile Aston Villa, la squadra di Rummenigge e Breitner si trovò di fronte il giovane portiere Spink, subentrato al titolare dopo 10', che parò tutto il possibile, e alla fine fu sconfitto dal gol di Withe; nel 1999, i tedeschi di Matthaus furono campioni dal 6' al 91' contro lo United di Ferguson, poi nel recupero Sheringham e Solsjaer realizzarono l'incredibile uno-due che portò la coppa in Inghilterra. Questa è la terza batosta per i bavaresi, forse la più amara di tutte, perché subita in casa e al termine di una stagione che, nonostante le premesse, non ha portato nemmeno un titolo nella bacheca del Bayern, battuto dal Dortmund sia in campionato che in coppa.
In conclusione, merita certamente un elogio il tecnico vincente, Roberto Di Matteo, ora più che mai un simbolo della storia del Chelsea, sia da giocatore che da allenatore. Da calciatore, aveva lasciato il segno in molte occasioni a Londra, segnando nelle finali di FA Cup del 1997 e del 2000 e in quella di Coppa di Lega nel 1998. Dopo aver allenato Dons e West Bromwich, aveva accettato il ruolo di vice di Villas-Boas al Chelsea, per poi subentrare come "traghettatore" al momento dell'esonero del portoghese; doveva essere un ripiego, si è trasformato nell'uomo giusto, ha ridato fiducia a un gruppo esperto ma poco organizzato, ha vinto la finale di FA Cup contro il Liverpool, e adesso si è consacrato nella finale di Champions, entrando di diritto nella storia del calcio. Il suo gioco non è mai stato spumeggiante, anzi in tanti hanno criticato il suo stile difensivista e rinunciatario contro il Barcellona in semifinale, ma il campo gli ha dato ragione, e in fondo chi vince ha sempre ragione. Una piccola soddisfazione per l'Italia calcistica, visto che il tecnico è nato in Svizzera ma da genitori abruzzesi, di Paglieta, e si è sempre sentito un italiano a tutti gli effetti. La sua conferma era tutt'altro che certa, ma forse Roman Abramovich adesso ci ripenserà, e darà un premio a chi per primo, dopo anni di spese e delusioni, gli ha permesso di arrivare nell'Olimpo dei campioni d'Europa...

sabato 5 maggio 2012

IO STO CLAMOROSAMENTE CON LUIS ENRIQUE

Immagine tratta da lastampa.it e modificata su cartoonize.net
La Roma con il pareggio interno con il Catania, porta a cinque partite l' astinenza dalla vittoria e vede sfumare matematicamente la qualificazione alla prossima Champions League.
Anche l' Europa League si allontana.
Ma la Roma è divertente! Me ne sono accorto oggi, e me ne sono accorto contro il Napoli, ovunque giochino i giallorossi, la partita è gradevole.
A tratti è la squadra più divertente, assieme alla Juve, al Catania e poche altre.
Vuoi per le amnesie difensive gigantesche, vuoi per il gioco offensivo altissimo che propone Luis Enrique. Il problema si racchiude in un dato: 52 reti subite in 37 partite.
Se la Roma investisse 15-20 milioni in due difensori centrali buoni, ottimi nelle chiusure e negli anticipi e soprattutto veloci, la squadra diventerebbe di primo livello.
I giocatori sono con il mister, i giovani e la vecchia guardia. Il tecnico di Gijon ha dimostrato di non guardare in faccia nessuno, di essere coraggioso nel lanciare giovani della Primavera nel momento del bisogno, e di lasciar fuori squadra chi sgarrava, sia nei battibecchi interni e sia nell' infrazione delle regole del gruppo.
Il personaggio Luis Enrique inoltre, non dice cose mai banali, è franco e realista, a livello comunicativo è il più interessante di quelli presenti in Serie A, probabilmente uno dei migliori comunicatori del post-Mourinho. 
Siamo sicuri che i nomi che si fanno per la sostituzione, Villas-Boas, che comunque dovrà imparare a conoscere il calcio italiano, o Montella, già allontanato alla fine della stagione passata, o Zeman, siano meglio di Luis Enrique?
Cos' ha Lucho in meno di Zeman stesso? 
Le sue partite sono sempre divertenti, e la difesa incassa e subisce tantissimo, ma anche il boemo, con questa difesa cosa avrebbe fatto? Con quel Kjaer, con Juan e Burdisso sempre rotti, il 90% degli allenatori avrebbero avuto simili difficoltà. E la batteria di terzini Taddei, Rosi, Josè Angel, Cicinho e Cassetti? Chi avrebbe fatto meglio?
La perdita di Luis Enrique, o anche le sue dimissioni a fine anno, sarebbero una sconfitta, un lavoro lasciato a metà.
Sarebbe facile salire sul carro da vincitori con i risultati di rilievo in mano.
Proviamo in Italia, una volta tanto, a portare a termine un progetto.
Note speciali del sabato:
-Di Matteo vince la FA Cup con il suo Chelsea contro il Liverpool, che risultato spettacolare per il mister che ha raccolto i cocci del pompatissimo Villas-Boas!
-Messi-Espanyol 4-0. 72 reti stagionali, 50 nella Liga. Record su record, serve dire altro? Si, ricordare che è il più forte di sempre. Senza storie.
-Il Lecce perde con la Fiorentina e al 90% scenderà in B, ha messo grinta e coraggio, ma la rimonta si è sciolta sul più bello, da qualche partita faticava a tirare in porta. Un plauso ai tifosi di Lecce, Novara e Cesena, che non hanno contestato, ma applaudito i giocatori.
Chapeau per tutti.

martedì 24 aprile 2012

MESSI AL PALO

Barcellona-Chelsea 2-2. Barcellona a casa, Chelsea in finale di Champions.
Il buon Roberto Di Matteo affronta i blaugrana come all' andata: difesa ad oltranza, prima in 11 dietro la linea della palla, poi in 10 dopo l' espulsione del capitano Terry, e sporadici contropiedi.
Questa partita ha ribadito ciò che ho segnalato dopo il match d' andata: l' unico modo per sperare di battere il Barcellona è il catenaccio, la fortuna ed essere implacabili nelle ripartenze.
E così è stato. Monologo assoluto dei padroni di casa, 72% di possesso palla, 1 palo di Messi, 1 traversa causata dal rigore sbagliato dallo stesso Messi.
Il Barcellona è bellissimo, ma ogni sua partita ha un lato brillante ed uno oscuro, il luminoso gioco del calcio dei catalani contro il vecchio catenaccio dei suoi avversari.
Si riversano tutti nella metà campo degli avversari, il suo calcio si esprime in un possesso palla efficace, magnifico, un calcio totale, c'è sempre un compagno libero, gli avversari se toccano palla, la sbattono di nuovo addosso ai blaugrana. Non si capisce mai bene lo schema utilizzato dagli uomini di Guardiola.
E come succede in tutti gli sport, c'è un sottile piacere nel vedere il crollo di un mito.
E' stato tutto divertente, vedere come giocavano, come non sbagliavano un passaggio, come non riuscivano a segnare. E' stato tutto divertente, meno che il Chelsea.
Va in finale il calcio agli antipodi del Barcellona, tutto tranne che divertente, nell' arco dei 180 minuti i Blues hanno avuto 3-occasioni-3 (nei recuperi) e le hanno concretizzate tutte, e poi si sono chiusi dietro a pregare di non prenderle.
Messi è il calciatore più forte che ho visto, video compresi. Anche stasera l'ha dimostrato e ri-merita il Pallone d' Oro.
Questo Barcellona è la squadra più forte che ho visto, video compresi. Anche stasera ed anche questa stagione.
Nessun complimento al Chelsea, conta il risultato, ma a me il catenaccio non piace proprio.


PS. Mettere al palo: legare una persona a un palo per torturarla. 
Io durante questa partita, come ho espresso molto chiaramente, mi son sentito messo al palo dall' anti-calcio dei londinesi!