lunedì 24 settembre 2012

LA ZAMPATA DEL CAMPIONE

Immagine tratta da ilsole24ore.com
Abbiamo sperato per un po' che il podio di ieri si potesse finalmente tingere d'azzurro, quando i nostri hanno iniziato l'ultima salita del Mondiale di Valkenburg in testa al gruppo; è stata solo un'illusione purtroppo, perché a due chilometri dal traguardo è arrivata la zampata del vero campione, che si è andato a prendere la vittoria e la maglia iridata con un'azione di forza strepitosa, e così i sogni di vittoria italiana sono svaniti ancora una volta.
Il campione del Mondo 2012 ha il volto e il sorriso raggiante di Philippe Gilbert, belga di parte vallone, che sul percorso del mondiale aveva già fatto scintille in passato, visto che proprio a Valkenburg aveva trionfato nel 2010 e 2011 nell'Amstel Gold Race, una delle classiche primaverili del ciclismo. Un atleta di altissimo livello, che aveva già dimostrato di essere un corridore perfetto per le corse di un giorno, in cui devi unire alle doti fisiche la giusta cattiveria e la lucidità necessaria per capire quando e dove piazzare l'affondo decisivo. Ieri ha dimostrato di possedere tutte queste doti sull'ultima salita, quando è partito dalla ruota del nostro Nibali e con la sua sparata ha fatto il vuoto, avviandosi verso il trionfo e lasciando solo le briciole a tutti gli altri pretendenti alla vittoria. E dire che questa non era stata la miglior stagione del belga, che aveva vissuto il suo anno di grazia nel 2011, quando si era aggiudicato nell'ordine Freccia del Brabante Amstel Gold Race e Freccia Vallone in appena una settimana, la Liegi-Bastogne-Liegi subito dopo, la prima tappa al Tour de France e la conseguente maglia gialla, la Clasica di San Sebastian e la classifica finale della Coppa del Mondo. Quest'anno, invece, non si era visto praticamente mai in primavera e in estate, alle Olimpiadi ci aveva provato senza successo, ma poi si era aggiudicato due tappe alla Vuelta, dimostrando che la sua condizione era in crescita e il suo obiettivo era il Mondiale, ciò che gli mancava per completare una grande carriera. Ieri era uno dei favoriti insieme al connazionale, anche se di parte fiamminga, Tom Boonen, e con i compagni del Belgio ha interpretato alla perfezione la gara, meritandosi la vittoria.
Se Gilbert e il Belgio sono i vincitori indiscussi del Mondiale, gli sconfitti sono senza dubbio gli spagnoli, che si erano presentati per l'ennesima volta con una squadra estremamente competitiva ma sono rimasti anche in questo caso a bocca asciutta. Le punte iberiche erano tante, Contador, Purito Rodriguez, Samuel Sanchez, e soprattutto Oscar Freire, già tre volte campione del Mondo, e Alejandro Valverde, il più adatto a questo genere di percorso. Nonostante i grandi nomi, però, la Spagna non si è dimostrata una squadra vincente, perché non ha organizzato bene la sua azione e soprattutto ha lasciato scappare Gilbert con troppa facilità, cercando la rimonta con Valverde quando ormai era troppo tardi. E' proprio lui il grande sconfitto del giorno, beffato per la seconda volta da un belga dopo l'argento nel 2005 alle spalle di Boonen e sul circuito casalingo di Madrid. Alla Vuelta era apparso in gran forma, ma ancora una volta non è stato bravo a leggere la corsa e non si è messo alle spalle di Gilbert quando doveva, lasciandoselo scappare nel momento decisivo; con il bronzo di ieri, lo spagnolo raggiunge Poulidor per numero di piazzamento in un Mondiale, con due secondi e due terzi posti complessivi, il che rende bene l'idea di un corridore forte ma a cui manca probabilmente l'acuto giusto per essere un campione. Degli altri candidati al successo, merita una citazione il norvegese Boasson Hagen, uno dei pochi che ha provato a rispondere allo scatto di Gilbert, e che alla fine si è preso un meritato argento, mentre tra i più deludenti va nominato senza dubbio lo slovacco Sagan, che dopo un Tour da protagonista poteva fare molto meglio, invece ieri non si è mai visto.
E gli italiani? Sembra quasi di ripetere le stesse cose da un paio d'anni a questa parte: gara di testa per gli azzurri, protagonisti di ogni fase della corsa fino all'ultimo, ma proprio nel momento decisivo sono venuti a mancare, e sono rimasti lontani dal podio. L'uomo di punta e il capitano della squadra era Vincenzo Nibali, reduce dal terzo posto al Tour de France e probabilmente il più forte italiano del momento: tutti hanno lavorato per lui, l'hanno tirato avanti in vista dell'ultima salita, e lì il siciliano ha provato a scattare e a fare la differenza, ma gli sono mancate le gambe e dopo lo scatto di Gilbert è letteralmente sparito. Così, alla fine della corsa, il miglior piazzamento per un italiano è stato il tredicesimo posto di Oscar Gatto, ben lontano dunque dalle aspettative della vigilia. La nota positiva è che il commissario tecnico Bettini ha puntato su un gruppo molto giovane, con tanti ragazzi interessanti come Trentin, Ulissi, Malori, Capecchi, Nizzolo e Moreno Moser, nipote del celebre Francesco, che stanno maturando e saranno sicuramente protagonisti nei prossimi anni. Al di là di questo, il giudizio sulla condotta di gara dell'ex campione del Mondo è abbastanza negativo: è vero che l'Italia manca da anni di un vero uomo da corse di un giorno, ma forse la squadra poteva essere scelta in modo diverso. Nibali è un ottimo atleta, non ci sono dubbi, ma sembra più un uomo da corse a tappe e da grandi salite, che regge bene sulle pendenze più dure ma non ha nelle gambe lo scatto secco che fa la differenza; nelle classiche quest'anno ha ottenuto qualche buon piazzamento (terzo alla Milano-Sanremo, secondo alla Liegi), ma non è mai parso in grado di piazzare la zampata vincente. Forse con un circuito del genere si poteva puntare di più su atleti come Ballan, ultimo azzurro a vincere la maglia iridata nel 2008, visto che un altro uomo di punta come Gasparotto era rimasto tagliato fuori dal gruppo mondiale per un recente infortunio.
Insomma, diciamo che se Paolo Bettini come corridore è stato un vero campione, come tecnico ha ancora tanto lavoro da fare, perché è giusto lavorare per costruire un buon gruppo in prospettiva futura, ma è anche vero che il ciclismo italiano ha bisogno di risultati, e da tanti anni la squadra azzurra fa un gran lavoro in corsa ma viene a mancare nel momento decisivo. Anche se, lo ribadiamo, per fare la differenza in corse di questo genere non bastano la strategia e l'atletismo, bisogna avere la decisione e il carattere del vero campione. Proprio quello che è sempre stato, e non solo da ieri, Philippe Gilbert.

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