lunedì 16 luglio 2012

62 ANNI DOPO: IL DISASTRO DEL MARACANA'

Immagine tratta da calciopro.com

Se cercate sui libri di storia, il 16 luglio è ricordato soprattutto per un evento: l'inizio del calendario islamico, perché nel 622 d.C., proprio in questo giorno, Maometto fuggì da La Mecca in direzione di Medina (la famosa "egira"). In un'altra parte del Mondo, invece, questa data è legata ad un episodio sportivo non brutto, di più: una vera e propria tragedia nazionale, un dramma che sconvolse un Paese intero e che lasciò il segno in chi lo visse da protagonista. La Nazione in questione è il Brasile, e la data storica è il 16 luglio del 1950, giorno in cui l'Uruguay sconfigge i carioca nello stadio Maracanà e si laurea campione del Mondo per la seconda volta; in lingua portoghese, l'evento viene ricordato come "Maracanaço".
E' la prima edizione dei Campionati del Mondo dopo la fine della guerra, partecipano a mala pena 13 squadre, e la favorita è una sola: il Brasile, padrone di casa. I sudamericani hanno una squadra molto forte, con grandi talenti offensivi come Ademir, Zizinho e Jair, e sono sostenuti da tutta la Nazione, che vede in questo evento la possibilità di dare un segnale forte al Mondo. Dopo la sconfitta in semifinale nel 1938 contro gli azzurri, affrontati con presunzione e lasciando fuori il loro miglior giocatore, Leonidas, in vista di una finale che non disputeranno mai, i brasiliani pianificano tutto con attenzione, a cominciare dallo stadio in cui giocheranno; viene costruito, appositamente per la competizione, lo stadio Maracanà di Rio de Janeiro, una struttura incredibile che può ospitare fino a 200.000 persone, e che diventa la roccaforte della squadra, che quando gioca lì sa solo vincere. Nella prima fase del torneo, infatti, il Brasile batte 4-0 il Messico e 2-0 la Jugoslavia, mentre con la Svizzera pareggia a sorpresa 2-2, giocando però in un altro stadio, il Pacaembu di San Paolo. Nonostante questo piccolo intoppo, tutto sembra procedere per il meglio, anche perché le due avversarie più temibili sulla carta, l'Italia e l'Inghilterra, tradiscono le attese e vengono eliminate da Svezia e Spagna. 
La formula del torneo prevede un girone finale a 4 squadre, con il titolo assegnato a quella che farà più punti. Contro il Brasile ci sono la Spagna, la Svezia e l'Uruguay, tutte squadre battibili e che non sembrano pericolose. Nelle prime due gare, i padroni di casa rifilano un 7-1 alla Svezia e un 6-1 alla Spagna, e si preparano all'ultima partita contro gli uruguaiani come se fosse una formalità. I loro avversari hanno pareggiato in rimonta 2-2 contro la Spagna e vinto a fatica contro la Svezia 3-2, dopo essere stati sotto in entrambi i casi. Il Brasile affronta la sfida finale sulle ali dell'entusiasmo e con due risultati su tre a favore, visto che l'Uruguay sarebbe campione solo vincendo al Maracanà, un'impresa che sembra davvero impossibile. In barba alla scaramanzia, vengono preparate magliette celebrative dell'evento, tutti sono già in festa, i giornali annunciano la vittoria, le medaglie per i calciatori sono pronte, e persino il presidente della F.I.F.A. Jules Rimet ha già scritto il discorso in portoghese. Dal canto loro, gli uruguaiani si concentrano solo sul match e puntano su alcune grandi individualità, il portiere Maspoli, il difensore e capitano Varela, il fantasista Schiaffino e l'ala Ghiggia. Nonostante l'ambiente ostile, sono pronti a vendere cara la pelle e a giocarsi fino in fondo le loro chance di vittoria.  
Il primo tempo è un dominio brasiliano, ma la difesa avversaria regge e i contropiede dei "celesti" fanno tremare più volte il Maracanà. Poi, a inizio ripresa, Friaca approfitta di un errore di Maspoli e segna, facendo esplodere lo stadio e dando il via a una festa quanto mai precoce ed eccessiva. Fedeli al loro stile di gioco, i brasiliani continuano ad attaccare pur potendosi accontentare, e stavolta i contropiede degli avversari si concretizzano a metà tempo con il pareggio di Schiaffino. Il gol subito lascia il segno nel morale dei padroni di casa, che nonostante il vantaggio in classifica smettono di giocare e lasciano ancora il fianco scoperto, di cui Ghiggia approfitta per segnare il gol del clamoroso vantaggio a pochi minuti dalla fine; lo stadio resta in silenzio, il Brasile attacca disperatamente ma non passa, e il fischio finale sancisce l'incredibile: l'Uruguay è campione del Mondo. Le reazioni sono a dir poco drammatiche: molti spettatori vengono colpiti da infarto, alcuni si buttano dagli spalti, tutti in generale sono in lacrime per quella che è una vera e propria tragedia nazionale. La premiazione festosa e magnifica viene annullata, la festa cancellata, in campo restano solo gli uruguaiani a ricevere la coppa da un sorpreso Rimet e ad assistere alle scene di dolore di tutti intorno a loro. Vengono programmati 3 giorni di lutto nazionale, in tutto il Brasile quasi 100 persone perdono la vita per infarto o suicidio dopo la partita, i calciatori e l'allenatore della Nazionale finiscono sotto accusa; su tutti, il più criticato è il portiere Barbosa, additato per il resto della vita come responsabile della sconfitta e riabilitato solo in parte dopo la sua morte.
Insomma, il 16 luglio, che doveva essere un giorno di festa in Brasile, si è tramutato nella ricorrenza di una delle più grandi tragedie sportive nella storia del calcio. Dopo quella batosta, i giocatori cambiarono i colori della loro divisa, passando dal bianco al verdeoro con cui adesso li conosciamo, e si riscattarono solo 8 anni dopo, quando finalmente alzarono al cielo la Coppa del Mondo. Nemmeno quel successo e le vittorie successive, tuttavia, hanno cancellato il ricordo del Maracanaço, rimasto indelebilmente nella memoria di tutti i brasiliani, e che lo stesso Ghiggia, autore del gol vittoria, ricordò in seguito con orgoglio: "Solo tre persone sono riuscite a zittire il Maracanà con un gesto: Frank Sinatra, il Papa, e io."

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