giovedì 19 luglio 2012

ITALIA-COREA DEL NORD, 46 ANNI DOPO

Immagine tratta da golcalcio.it

Se a un italiano appassionato di calcio chiedi qual è stata la più grande sconfitta per la Nazionale azzurra, molto probabilmente ti risponderà: Italia-Corea del 1966. E' questa in effetti una delle più grandi batoste di sempre per lo sport nostrano, una macchia indelebile nella storia del calcio azzurro, che neanche il passare degli anni ha cancellato dalla memoria collettiva, e che ancora oggi rievoca notti insonni e bruttissimi ricordi in chi visse quella gara da protagonista. Oggi è il triste anniversario di quella pagina nerissima per il calcio italiano.
L'Italia si presenta ai Mondiali del 1966 in terra inglese come una delle squadre più in forma del periodo. Nelle amichevoli di preparazione al torneo, gli azzurri hanno messo in mostra un ottimo gioco e segnato tanti gol, così tutti si aspettano una prova migliore delle precedenti edizioni, concluse già al Primo Turno. La squadra può contare su un portiere esperto come Albertosi, su solidi difensori come Facchetti, Burgnich, Rosato, Guarneri, Janich e Salvadore, su centrocampisti tecnici e talentuosi come Bulgarelli, Rivera, Juliano e Mazzola e su attaccanti di ottimo livello come Perani, Meroni, Pascutti e Barison. In girone, l'unico avversario veramente temibile è l'URSS del leggendario portiere Jasin, mentre il Cile e la Corea del Nord non sembrano ostacoli difficili da superare; contro i sudamericani c'è anche la voglia di vendicare la sconfitta di quattro anni prima, in quella che viene ricordata come la Battaglia di Santiago per il gioco sporco e violento dei cileni, mentre gli asiatici sono dei perfetti sconosciuti, che non fanno paura a nessuno.
Nonostante le apparenze però, il gruppo azzurro non è certo lo squadrone che tanti immaginano: c'è poca coesione, i blocchi interni di giocatori delle stesse squadre (Bologna, Milan, Inter) non vanno d'accordo, lo stesso capitano Salvadore non è ben visto da parte dello spogliatoio. Anche il tecnico Fabbri ci mette del suo rinunciando al libero Picchi, capitano e leader della grande Inter di Herrera, e al fantasista Corso, scatenando polemiche e alimentando le divisioni nella squadra azzurra. Inoltre, la forma fisica degli azzurri non è buona come sembra, e anzi col passare dei giorni il calo atletico dei giocatori è sempre più evidente. Nella prima partita, contro il Cile, arriva la vendetta tanto attesa, ma il gioco non è convincente; la gara successiva, contro l'URSS, si risolve in una sconfitta di misura, che però pone l'Italia davanti a un bivio. Contro la Corea ci vuole una vittoria netta e convincente, più che altro per l'orgoglio e per ridare entusiasmo, perché nessuno crede in una sconfitta e nella successiva eliminazione. I coreani però non sono il gruppo allo sbando che tutti credono, pur essendo tutti dei calciatori dilettanti: dopo la sconfitta contro i sovietici, hanno imposto il pareggio al Cile, e hanno dalla loro parte il pubblico inglese, che li ha "adottati" e tifa con calore per loro.
Fabbri è molto fiducioso, fa un po' di turnover in vista dei Quarti di Finale, esclude il capitano Salvadore dando la fascia a Bulgarelli, e rinuncia a Rosato, Burgnich e Meroni. La partita inizia con un attacco continuo degli azzurri, che sbagliano un numero incredibile di gol per imprecisione, sfortuna e bravura del portiere avversario. I coreani si difendono come possono, ma dimostrano anche di avere delle buone individualità e quando possono ripartono in contropiede, creando problemi alla difesa italiana con la loro velocità. A metà primo tempo, poi, il capitano Bulgarelli si fa male al ginocchio e deve lasciare il campo, costringendo i suoi a rimanere in 10 per tutta la gara perché al tempo le sostituzioni non sono ancora permesse. Con l'uomo in meno, e un po' sfiduciati per i tanti errori commessi, gli azzurri iniziano a sentire la pressione, e la Corea ne approfitta poco prima dell'intervallo. Il centrocampista Pak Doo Ik, divenuto celebre per tutti gli sportivi italiani e ricordato dalla stampa come un dentista (aveva quella qualifica, ma in realtà era un docente di educazione fisica), batte Albertosi e porta gli asiatici in vantaggio. Fabbri cerca di dare la sveglia durante l'intervallo, ma la situazione non cambia, l'Italia è sempre più sfiduciata e alla fine si rassegna alla clamorosa sconfitta e all'eliminazione. E' la notte più nera per il calcio italiano, la batosta che fa più male. Al rientro a casa, i calciatori vengono accolti con insulti e pomodori dalla gente, il tecnico Fabbri viene cacciato e squalificato per un anno, la Federazione chiude le porte agli stranieri con l'intento di ridare vigore al movimento calcistico nazionale. La Corea invece sfiora un'altra impresa nei Quarti del torneo, quando va in vantaggio 3-0 contro il Portogallo di Eusebio, prima di arrendersi 5-3 agli avversari e al poker del grande attaccante lusitano.
Nei 46 anni che sono trascorsi da quella cocente umiliazione, sono stati versati fiumi e fiumi d'inchiostro, si sono fatte mille ipotesi sugli errori e sulle colpe di quella sconfitta. Fabbri è stato accusato di scarsa attenzione alla squadra, di non aver gestito il gruppo, di aver escluso un attaccante promettente come Riva dai convocati, di non aver dato la giusta fiducia al blocco dell'Inter, e ha portato il peso di questa batosta fino alla morte. Ma tutta la squadra ha pagato la supponenza e la sicurezza con cui affrontò la partita, visto che gli avversari erano stati presentati come "una comica di Ridolini", e il progressivo andamento della gara ha dimostrato che gli asiatici meritavano ben più attenzione e rispetto. Dopo quello sfortunato episodio, la Nazionale ha saputo rialzarsi e conquistare il Campionato Europeo nel 1968 e il secondo posto ai Mondiali del 1970, ma nemmeno le vittorie hanno cancellato il ricordo di quella clamorosa disfatta, che può essere ricordata a buon diritto come la madre di tutte le sconfitte dello sport azzurro.

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