martedì 15 luglio 2014

LA SOSTANZIALE DIFFERENZA

Immagine tratta da blog.you-ng.it e modificata su befunky.com
C'è una sostanziale differenza.
1996, 1997, 1998, 1999 gli anni di Michael Schumacher alla guida della Ferrari senza riuscire a vincere il Campionato del Mondo piloti.
2010, 2011, 2012, 2013 gli anni di Fernando Alonso al volante della Rossa senza aver vinto il Mondiale.
Nel 1997 e 1998 Schumi arrivò a giocarsi il titolo sino all'ultima gara, perdendo contro Villeneuve e Hakkinen. Alonso nel 2010 e nel 2012 è stato battuto, sempre all'ultimo round da Vettel.
Ma c'è una sostanziale differenza. Negli anni di Schumacher alla rincorsa del titolo c'era un disegno epico, una testardaggine nel volerci provare e riprovare degna di una grande storia d'amore. In quelli di Alonso ad ogni sconfitta sono volate teste, in un tourbillon di capi al muretto, tecnici delle strategie, progettisti, motoristi e quant'altro. Con il rumore della ghigliottina sempre pronto a scattare in sottofondo.
L'asse di ferro Brawn-Byrne-Todt-Schumi ha resistito ed è ripartito da ogni sconfitta. Più forte, più squadra. Nel quadriennio di Alonso si son alternati Domenicali, ora sostituito da Mattiacci alla guida del team, Aldo Costa e Marmorini ai motori (invitati a cercarsi altra occupazione), prima Tombazis e ora Allison al disegno della vettura, Baldisserri e Chris Dyer al muretto, esonerati senza complimenti. In un orgasmo da esoneri e sostituzioni proprio del calcio.
Con Michael si scrivevano pagine epiche, e le pagine più belle e memorabili si sono scritte proprio nei quattro anni delle sconfitte.
Nel 1996, con una vettura veramente brutta, da 1 secondo in prova dalle Williams, 3 clamorose vittorie, a Barcellona sotto il diluvio universale, a Spa e a Monza.
Nel 1997 quando, ancora inferiori alla creatura di Newey, ci si giocò il Mondiale all'ultima gara, sino al giro 48. A Jerez, dove Schumi mostrò il suo lato umano, cercando di fermare il sorpasso di Villeneuve con un botto scorrettissimo, ma che avrebbe potuto regalargli il Mondiale. Un botto che alla fine ogni tifoso Ferrari avrebbe fatto, vedendo quanto Jacques era troppo più veloce in quella gara. Ah, se solo ad Abu Dhabi 2010, anche solo per frustrazione, Nando avesse dato una botta a quella lumaca russa di Petrov...
E il '98? Di nuovo una macchina superiore di 1,5 secondi, la McLaren di Newey (ancora!). E ancora incredibilmente a giocarsela all'ultimo start, a Suzuka. Con Michael che dall'emozione clamorosamente cannò la partenza, alzando il ditino per indicare di aver spento il motore. E partenza ultimo, e rimonta furiosa, e gomma scoppiata quando era 3°. 
Nel 1999 l'incidente di Silverstone, la gamba rotta, il ritorno in Malesia zoppicante al servizio di Irvine, sempre più veloce di tutti anche se infortunato.
Sono state le sconfitte, più delle vittorie a legare Michael Schumacher alla Ferrari. Sono stati anni epici, memorabili. Ogni gara vinta era un'impresa: di guida, di strategia, di tattica. Ci aprivano i telegiornali.
Imm.tratta da youtube.com, mod. su befunky.com
A ogni sconfitta di Alonso in rosso volano gli stracci, parte la caccia al colpevole e alla testa da tagliare. Con Schumi c'era una squadra, un'unità di intenti. Con Alonso tutti sembrano al servizio del pilota migliore, con il pilota più forte della squadra. E la squadra che sembra ogni volta scusarsi con Nando per non avergli dato la macchina migliore.
Guidare per la Ferrari è un'altra cosa.  
Lo sapeva Schumacher, che non ha mai fatto una dichiarazione contro la Scuderia, sempre difeso nei suoi errori (e ne faceva più di Nando, ammettiamolo) da Todt. E che copriva le lacune della macchina con veri e propri miracoli di guida, aiutato dalle tattiche perfette ideate dal geniale Ross Brawn.
E quel motore in fumo a Suzuka nel 2006, nella rincorsa Mondiale proprio ad Alonso, ha messo il punto esclamativo su una nuova sconfitta, accettata con serenità proprio da Michael, che andò a salutare ad uno ad uno tutti gli uomini Ferrari ai box. Senza dargli degli idioti via radio, o sbraitare perchè proprio nella gara decisiva il motore si era cotto. 
C'era una sostanziale differenza. Prima la squadra, poi il pilota. 
Alla Ferrari è sempre stato così.

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